Due a due. Pogačar e Vingegaard, i due nuovi “gemelli” delle corse a tappe, quella principale, il Tour de France, hanno vinto le ultime quattro edizioni. Duello senza precedenti quest’anno dove però Pogačar ha pagato la preparazione affrettata per l’infortunio alla mano sinistra con la frattura dello scafoide. 2020-2021 vinse lo sloveno di 24 anni Tadej Pogačar, 2023 e 2022 Jonas Vingegaard Rasmussen, il danese di 26 anni. Un confronto che si era già visto nelle grandi corse a tappe: Bartali e Coppi, Anquetil e Poulidor, Merckx e Gimondi-Zoetemelk, Hinault e Fignon-Lemond, Armstrong e Ullrich. E adesso infiamma il confronto tra il danese e lo sloveno, due nazioni che sembravano destinate ad un ruolo secondario del ciclismo.
Similitudini e differenze tra i “gemelli”
Nel loro essere entrambi fenomenali, Pogačar e Vingegaard hanno alcune differenze, piccoli e perlopiù presunti punti deboli e qualità immense più o meno accentuate. I due, peraltro, sono caratterialmente molto diversi, in una diversità che come in ogni grande rivalità è probabilmente intensificata, ma comunque ben evidente: Vingegaard è molto riservato e almeno in apparenza quasi glaciale; Pogačar è estroso, estroverso e quasi sempre sereno, anche nelle rare occasioni in cui gli capita di non vincere.
Pro e contro di Pogačar e Vingegaard: i due nuovi “gemelli” della corsa
Pogačar ha 24 anni ed è stato più volte presentato come un ciclista vicino alla perfezione. Oltre a due Tour de France, in carriera ha già vinto più di sessanta corse, comprese tre delle cinque corse di un giorno note come classiche monumento: il Giro di Lombardia (due volte), la Liegi-Bastogne-Liegi e il Giro delle Fiandre. Pogačar ha una completezza atletica e una varietà e ricchezza di vittorie che fino a qualche anno fa si sarebbero dette “d’altri tempi”. Dopo il secondo posto al Tour del 2022 (in cui diede comunque grandissimo spettacolo nel cercare di staccare Vingegaard, che quell’anno era più forte di lui), Pogačar aveva iniziato il 2023 con altre ottime prestazioni, per poi doversi fermare dopo la frattura alla mano sinistra in una caduta a fine aprile alla Liegi-Bastogne-Liegi.
Vingegaard ha 26 anni e quando ne aveva 21 — l’età in cui Pogačar vinse il suo primo Tour — ancora alternava la pratica ciclistica al lavoro di inscatolamento ittico nel porto di Hanstholm. Nel 2017 si era rotto un femore, nel 2018 aveva subito una commozione cerebrale e solo nel 2019 divenne professionista con la sua attuale squadra, la Jumbo-Visma.
Cresciuto in un paese, la Danimarca, in cui l’altitudine massima è di 170 metri, eppure eccellente scalatore, Vingegaard corse il suo primo Tour nel 2021: lo finì secondo a cinque minuti da Pogačar, mostrando però in più occasioni di poterne tenere la ruota, riuscendo perfino a staccarlo negli ultimi metri della salita al Mont Ventoux. Nel 2022 Vingegaard vinse il suo primo Tour grazie a un efficacissimo gioco di squadra, che però si fondò sulla sua grande forma e sulla sua capacità di rischiare il tutto per tutto per recuperare lo svantaggio. Vingegaard si mostrò anche capace di gestire la pressione e i tanti attacchi con cui Pogačar animò la corsa.
Forse Vingegaard ha qualcosa in più come scalatore
In termini assoluti, Vingegaard è forse uno scalatore migliore rispetto a Pogačar. Specie su salite dalle grandi pendenze, e Vingegaard – che dato appuntameto alla Vuelta di Spagna – ha avuto una squadra più forte in salita. Pogačar è migliore in volata e spesso ha la meglio su strappi brevi. Ed è inoltre un corridore a cui sono più volte riusciti grandi attacchi in solitaria, da lontano. Entrambi, però, hanno già fatto vedere di saper rischiare e azzardare pur di sfidarsi; entrambi sono inoltre ottimi discesisti ed eccellenti a cronometro.
Il fair play tra i “gemelli”
I due però hanno dimostrato di avere il massimo fair play quando il 21 luglio 2022 Pogačar cadde durante la discesa giù dal Col de Spandelles e Vingegaard, che era pochi metri davanti a lui, ha atteso che lo sloveno risalisse sulla bici prima di riprendere a correre. I due si sono stretti la mano e dopo hanno ripreso a battagliare come se nulla fosse accaduto. Ne vedremo delle belle ancora per tanto tempo.
C’è anche l’Italia nel Tour
Giulio Ciccone, che 31 anni dopo riporta la maglia a pois in Italia dopo Claudio Chiappucci (in realtà l’ultimo italiano era stato Franco Pellizotti nel 2009). Segna l’addio al Tour di due corridori ex campioni del mondo: Peter Sagan (2015, 2016 e 2017) e Mark Cavendish (2011). E’ stato anche l’ultimo Tour di Thibaut Pinot.
L’anno prossimo si riparte da Firenze nel ricorso di Gino Bartali e Fausto Coppi. E di Ottavio Bottecchia dopo 100 anni dal primo successo nel 1924. Nessuno se l’è ricordato se non il sito https://www.enordest.it.