Dalla pineta di S.Elena al bosco dello sport dove si vorrebbe fare il nuovo stadio, passano circa 130 anni di storia veneziana del calcio parlato. Ha interessato gli ultimi undici sindaci della città. Coinvolti nei progetti russi, americani, australiani, inglesi. Se non è un record, poco ci manca.
Come nasce uno stadio
Partiamo dalla serata al ristorante “Da Nane” in corte dell’Orso, dietro Campo S.Bortolomio, dicembre 1907. Ovvero nel cuore del cuore di Venezia. Nella tavola bandita, ci sono i cosiddetti “notabili” dello sport, come si diceva all’epoca. Da una parte i membri della Società di Ginnastica Marziale (che si divide tra Mestre e Venezia), dall’altra quelli della “Costantino Reyer”. Tre anni prima, nel 1904, i soci della Reyer (una delle prima società sportive italiane, creata nel 1872) attivi nella ginnastica, nella scherma, nel canottaggio, nella lotta, avevano inserito come nuova attività il foot-ball, sport giovane arrivato dall’Inghilterra. Primo campionato veneto, tra Padova, Venezia e Vicenza.
La fondazione della società
In trattoria, i soci della Marziale e della Reyer decidono di fondare il “Venezia foot-ball Club”, campo da calcio (variabile) nella pineta di Sant’Elena, campi di allenamento al “Campazzo delle Chiovere”, proprio dietro la Scuola di San Rocco, a quel tempo area pre-industriale ricca di spazi liberi. Le case popolari arrivano pochi anni dopo.
Per lo stadio un’attesa lunga 130 anni
Nel 1910 lo stadio di S.Elena è ancora sperimentale, bisognerà aspettare il 1913, con la squadra di prima categoria per parlare di struttura fornita di tribune e spogliatoi. Le squadre rivali si chiamano Casale, Genoa, Juventus, Pro-Vercelli, roba seria.
Nel 1925 il S.Elena ha una robusta tribuna in muratura, e nel 1927 la neonata A.C. Venezia presenta il “nuovo campo sportivo fascista”. Presidente è il ministro alle Finanze, Giuseppe Volpi, il creatore di Porto Marghera. Il nuovo stadio ha ben 10 mila posti, costo un milione di lire, per essere pronto alla divisione nazionale di 32 squadre, divisa tra nord e sud. Prenderà il nome Pierluigi Penzo, eroe dell’aviazione.
E qui comincia l’epoca dei miti calcistici veneziani, Valentino Mazzola (marinaio all’Arsenale), Ezio Loik (militare di Fiume). Nazionali, moriranno con tutto il Grande Torino nella tragedia di Superga nel 1949.
Nel dopoguerra con presidente il facoltoso albergatore veneziano Arnaldo Bennati, lo stadio di S.Elena passa da 10 mila posti a 22 mila. Con prolungamento delle tribune a gradinata e le curve.
Interviene il sindaco per lo stadio
Il sindaco Giobatta Gianquinto (1946-51) si rivolge al potente ingegnere Eugenio Miozzi, il progettista del ponte automobilistico lagunare, del garage San Marco, del Ponte degli Scalzi, del Casinò al Lido. Insomma un tecnico che guarda al concreto. Miozzi studia prima un nuovo stadio a Santa Marta nel 1947, poi ci ripensa e si sposta nell’area San Giuliano, allora palude-deposito fanghi di Porto Marghera. E siamo al 1954.
Anni abbastanza tranquilli con i presidenti Anacleto Ligabue e Mario Valeri Manera
Nel 1961, con il Venezia in serie A, annuncio bomba del sindaco democristiano Giovanni Favaretto Fisca (1960-70). Nuovo stadio di 25 mila posti. Poche idee ma estremamente confuse. Prima ubicazione Forte Marghera, poi a Mestre, via Porto di Cavergnago, quindi a Tessera. E non si bada a spese: 900 milioni di lire e 50 mila posti!
Il nuovo presidente Mario Gatto, ci crede fino in fondo
Poi lascia, per dare la presidenza all’industriale del gelato di Portogruaro, Bruno Bigatton. Anni un po’ tristi con la tromba d’aria a Sant’Elena costata la vita a 21 persone. Crolla mezzo stadio. Il Comune all’epoca non spende una lira per il Pierluigi Penzo.
L’arrivo di Zamparini
Dopo il breve periodo dei fratelli Mazzuccato, scoppiettanti industriali muranesi del vetro, che rilevano con coraggio la società dal fallimento, ecco arrivare dal Friuli Maurizio Zamparini, potente proprietario della catena Mercatone Zeta. Prima con la fusione (1987) con il Venezia-Mestre poi con il trasferimento allo stadio Baracca. Il sindaco socialista Nereo Laroni (1985-87) lancia il progetto per uno stadio a Tessera: 53 mila posti e 50/60 miliardi di lire da attingere dai fondi previsti per i Mondiali ‘90. Sappiamo come è finita: fu rifatto il Bentegodi a Verona.
Quando la Fiat prova a proporre un progetto per un nuovo stadio a Bergamo
Con l’ultimo sindaco democristiano Ugo Bergamo (e siamo nel 1991) l’alleanza strategica è con la Fiat Engineering (in quel tempo gli Agnelli erano proprietari di Palazzo Grassi in Canal Grande e non solo). 47.742 posti (sono precisi i torinesi…) vicino all’aeroporto Marco Polo, con collegamenti di vaporetti per i tifosi veneziani. La convenzione con la Fiat parla di 110 miliardi di lire, stadio circolare. Troppo caro. La Fiat ci riprova anche con il sindaco Cacciari (1993-2000 e 2005-2010) nel 1995. Ma si impantana nelle secche lagunari.
Il vulcanico Maurizio Zamparini crea la nuova società Marco Polo Spa
Nuovo stadio da lui finanziato tra Dese e Tessera, copertura mobile modello Amsterdam, 30 mila posti, con campi di allenamento, alberghi, cinema, centro commerciale. Già centro commerciale. Oltre 100 miliardi di lire, il costo. Cacciari nicchia. Ma sarà il successivo sindaco Paolo Costa ((2000-2005) a dire no. Zamparini fugge a Palermo, cambiando squadra e portandosi in pullman tutti i giocatori già del Venezia. Una specie di comica finale, se non fosse finita nel 2002 con il fallimento del Venezia Calcio.
Paolo Costa non demorde, nel 2004 arriva il progetto australiano dell’architetto Lawrence Nield. Stadio all’inglese di 30 mila posti, con torre di 90 metri, alberghi e parcheggio per 5 mila auto. Stadio in acciaio, vetro e cemento. Avveniristico.
Si riguarda allo stadio S.Elena per poi andare a Portogruaro
Intanto, più modestamente parlando, i posti del vecchio S.Elena nel 2007 vengono ridotti per motivi di sicurezza da 9.950 a 7.450. Nel 2012 il vecchio e povero Pierluigi Penzo subisce una cocente umiliazione. Il Venezia giocherà nello stadio di Portogruaro. Qui comincia l’era russa di Yuri Korablin, mecenate moscovita. Parla di Venice Green Arena dell’arch. Masud Esmaillou, iraniano. Ancora 30 mila posti, ormai è una idea fissa, 60 milioni di euro il costo, ma con piscine e palestre. (Da aggiungere 36 milioni per la copertura tecnologica fotovoltaica e altri 150 per la cittadella dello sport). Nel 2014 Korablin paga la caparra per i terreni sul Quadrante di Tessera e fonda il Venice Football Academy. In fondo aveva portato la squadra dalla seria D alla serie A. Ma addio sogni russi. Muore improvvisamente Yuri Korablin.
Nel 2015 il Venezia Fc è dichiarato fallito (saranno tre fallimenti in dieci anni…)
Arriva l’americano di New York Joe Tacopina, per gli amici Taco, famoso avvocato d’affari e difensore di Donald Trump. Nel 2018 Tacopina informa il sindaco Luigi Brugnaro che la nuova struttura in terraferma si chiamerà Venezia Stadium, investimento di circa 200 milioni (milione più, milione meno). 18 mila posti seduti, allargabili fino a 25 mila. Taco andrà poi in giro per l’Italia calcistica (Roma, Bologna, Catania, Ferrara, ora è presidente della Spal). Il calcio è tanto, tanto cambiato. Oggi è sportivamente centrale anche l’Arabia Saudita. Nel 2020, con il Venezia di nuovo in serie A, arriva dagli Stati Uniti, l’attuale presidente Duncan Niederauer.
E siamo arrivati dopo circa 120 anni di racconto, al Bosco dello Sport, in parte finanziato dallo Stato
Argomento estremamente divisivo tra destra e sinistra. Tra tifosi nostalgici e meno. Il sindaco Luigi Brugnaro aveva iniziato l’avventura con una provocazione: “per finanziare lo sport venderemo la Giuditta di Klimt che si trova a Ca’Pesaro” (valutata 70-90 milioni). Ovviamente una boutade. I lavori però cominceranno nel 2024. Intanto il secondo stadio più antico d’Italia (dopo il Ferraris di Genova..) sta lì, solo soletto, in mezzo alla laguna, con tanti intristiti tifosi.
Un piccolo aneddoto sullo stadio di 130 anni fa
Mi viene in mente, tanto per concludere con un aneddoto, la contessa Ines Taddio, giovane madrina nel 1913 del nuovissimo stadio di S.Elena. Tentò diverse volte di rompere la bottiglia di spumante su un palo della porta il giorno dell’inaugurazione, per poi ferirsi la mano. Impietoso il giornalista sportivo della Gazzetta di Venezia che titola così: “Battesimo di vino generoso e di sangue gentile”.
In fondo la cronaca è sempre fornita di cinismo.
Buongiorno io sono Architetto Masud Esmaillou
un Architetto IRANIANO, un Architetto un architetto semmai, PERSIANO, non ISRAELIANO, con tutto il rispetto verso tutti gli israeliani.
Per cortesia correggete questo errore.
Mille Grazie
Pro. Phd.Arch.Masud Esmaillou
Corretto e ci scusi per la svista