Persino la Toscana, regione tradizionalmente di sinistra, in queste elezioni comunali, seppure parziali, è passata alla destra, come la Grecia, la Spagna e i paesi nordici. Il vento di destra si fa sentire. La società va a destra che è opulenta, libera, persino progressista, anche se si definisce conservatrice. La destra è in evoluzione continua, col PIL in crescita, più che nei paesi a guida socialista. Persino la Germania oggi è in recessione. Noi, invece, viviamo nell’epoca del benessere. L’Italia, seppure in ritardo col PNRR, guida le classifiche europee per la migliore economia, con una crescita costante, con la maggiore occupazione.
Quel vento di destra che frena anche la sinistra
Perché dovrebbero votare a sinistra che non si è evoluta, sempre moralista a modo suo. Bisogna studiare, pagare le tasse e tante altre imposizioni. Poi, però, protegge i palazzinari che hanno cementificato l’Italia. La sinistra ce l’ha con i ricchi, proprio quando tutti i cittadini vorrebbero esserlo. Gli elettori non criticano i calciatori che guadagnano in una settimana più che le persone normali nell’intero arco della vita. Perché da quelle tavole così sfarzosamente imbandite possono cadere briciole di benessere per tanti altri.
Forse la nostra destra è troppo a destra. Ma perché è stata per troppo tempo in castigo, lontana dalle istituzioni, penalizzata da un passato che più volte ha cercato di togliersi di dosso ma che le è servito per avere un’identità che gli altri non hanno più. La sinistra è rimasta alla carità. Anche se, per la verità, protegge le classi più deboli, li fa sentire poveracci. Invece, gli elettori, anche i poveri, vogliono essere considerati futuri ricchi. Non chiedono più nemmeno il reddito di cittadinanza che li classifica come mendicanti. Quindi, non era necessario che il governo lo abrogasse.
Un vento di destra con ancora molte cose da imparare
Certo, non possono mancare le critiche. Siamo ancora in rodaggio. Il PNRR è complicato e noi siamo alle prime armi ma impareremo presto. Intanto la gente ci dà fiducia. Secondo Joseph Stiglitz, Premio Nobel 2001 per l’Economia, è urgente una riforma del capitalismo per salvare la democrazia, che è a rischio, basta guardare ciò che è successo a Capitol Hill. L’ottantenne economista della Columbia University lo ha dichiarato al Festival dell’Economia di Trento, sostenendo pure che il governo italiano ha mostrato un alto livello di incompetenza non essendo in grado di gestire i fondi che l’Europa ha fornito. L’attuazione del PNRR – ha detto – è fondamentale per la buona salute dell’economia italiana, per lo stimolo fiscale e per combattere la recessione.
Quel vento di destra che soffia anche in oriente e rilancia il sultano turco
Nel bilancio di questa tornata elettorale non si è notato il miglioramento della sinistra che i sondaggi avevano rilevato. Il PD deve cambiare tattica se non vuole fare la fine del M5S. Non esiste più il proletariato. Oggi anche chi stenta ad arrivare alla fine del mese ha la partita IVA. Si debbono aggiornare i programmi. Magari collaborando, non facendosi le scarpe gli altri partiti di minoranza. Invece Erdogan, come era facilmente prevedibile – il ballottaggio è stato una farsa per far credere che le elezioni fossero libere – è stato confermato alla guida della Turchia con delega ad arrestare e imprigionare chiunque gli dia fastidio.
Meraviglia l’ingenuità dei nostri colleghi giornalisti, molto più esperti e autorevoli di me, stupirsi che abbia vinto Erdogan seppure l’economia turca vada a rotoli ed è sempre più difficile per le famiglie sbarcare il lunario. Fanno considerazioni sulla percentuale dei voti. Il sultano – dicono – ha vinto ma non trionfato. Kilicdaroglu, che nei sondaggi sembrava favorito, sarebbe deluso. Come se non lo sapesse che non poteva vincere. Com’è possibile che non si rendano conto che nelle dittature non può prevalere lo sfidante. È il dittatore, che da vent’anni arresta dissidenti, giornalisti e politici, che fa il buono e il cattivo tempo, che conta i voti, proclama i risultati e decide chi vince e chi ha perso.
Noi avevamo già previsto quel vento di destro soffiato dal sultano turco
Noi, che non abbiamo corrispondenti né inviati in Turchia, né siamo più informati di osservatori e politologi, avevamo previsto addirittura prima dell’apertura delle urne, anzi prima che fossero indette le elezioni che avrebbe vinto Erdogan. E continuerà a vincere finché converrà ai Fratelli musulmani. Poi, quando non avrà più le energie necessarie per governare, non lo sostituiranno con un democratico, ma con un altro dittatore.
Perché il paese è nelle mani di religiosi. Mentre la laicità dello stato consentiva fino a vent’anni fa libertà e tutela dei diritti umani che creavano benessere e giustizia sociale che i regimi clericali impediscono. Perché col benessere i cittadini si montano la testa e non ubbidiscono più all’imam. Basta ingenuità e peggio ancora prendere in giro i lettori informandoli male, fargli credere che le elezioni in Turchia sono libere e che il candidato democratico era lì lì per vincere. Così facendo si diventa complici della stessa repressione che critichiamo.
Chi vince piglia tutto, ma gli avversari vanno rispettati
L’anomalia dell’Italia in questo momento non è il PD. Ma gli osservatori politici dei giornali che sembrano di sinistra lamentano con insistenza quasi parossistica l’assenza della Schlein in Parlamento e la sua carenza di interventi nel dibattito quotidiano. Nessun ministro né politico e neppure la stessa Premier sono stati puntualmente presenti mentre di svolgeva il dramma della Romagna. Ma ai giornali di area fa più impressione l’assenza della segretaria del PD, che probabilmente ritiene che, centellinandoli, i suoi interventi siano più efficaci.
È comparsa in Romagna, che conosce bene per essere stata vice presidente della regione, otto giorni dopo l’inizio dell’alluvione, con un ritardo addirittura maggiore di quello della Premier che era in Giappone per il G7. La Schlein ha già meritato due definizioni opposte tra loro: anguilla democristiana – non si sa se caratteristica positiva o negativa – e abile attendista. Per attaccare il governo non ha nemmeno sfruttato l’ammissione di Fitto, di avere difficoltà nel portare a termine il PNRR.
Il vento di destra toglie i vestiti e lascia il re nudo. Anche in Rai
Non si può non rilevare, però, che i suoi predecessori, inutilmente più presenti, hanno prodotto pessimi risultati. Anzi, non sarà facile per lei gestire il partito peggio di Letta e Zingaretti che erano più graditi perché facenti parte della nomenclatura, mentre la Schlein è considerata un’intrusa. Intanto, i nuovi direttori sono quasi tutti di destra, ma bisogna riconoscere che hanno fatto carriera nella Rai, che, quindi, è sempre stata di destra. È la prima volta che non ne verranno da fuori. L’unica macchia in quella che l’opposizione chiama spartizione del bottino, è la derisione di chi se n’è andato.
Fazio e Annunziata, vengono sbeffeggiati persino da chi rappresenta le istituzioni. Almeno loro dovrebbero rispettare gli sconfitti. Non è elegante né sportivo. E pensare che un tempo c’era l’onore delle armi, che oggi non si sa neppure che cosa fosse, non solo che sia esistito. La giornalista, che fu pure presidente dell’Ente, sarebbe stata riconfermata nella trasmissione della domenica pomeriggio che conduceva da diversi anni, ma ha spiegato di andarsene perché non condivide nulla della politica del governo. È doveroso ricordarle che lei stessa deve la sua brillante carriera in Rai e altrove proprio grazie alla lottizzazione politica. Quindi a differenza di altri giornalisti, che, se si dimettessero, sarebbero disoccupati, lei l’anno prossimo può candidarsi in qualsiasi lista di sinistra alle elezioni europee ed essere con buone probabilità eletta.
In Rai soffia un vento di destra troppo maschile
L’informazione non c’entra con la politica. Anzi, proprio chi non approva quella del governo non dovrebbe disertare per combatterla. Tanto più che, bisogna apprezzare, nell’operazione battezzata Telemeloni, per la prima volta la RAI non è occupata da tanti attivisti estranei. Persino il Consigliere delegato e il direttore generale, un tempo probabilmente democristiani, nascono in Rai e ne conoscono tutti i problemi. Un grosso neo, però, è la carenza di donne al vertice. Con la Premier, caso unico in Italia in 77 anni di Repubblica, ci si aspettava una più adeguata partecipazione femminile.
Forse vuole essere la sola tra tanti uomini. Fa impressione, però, vedere tanti bravi professionisti collegati a sigle politiche, non ai loro meriti. È una caratteristica italiana che risale ai primi anni di democrazia. Ricordo che li mio amico Lello Bersani, indimenticabile cronista mondano e critico cinematografico, scoprì di essere targato PRI, pur non avendo mai avuto la tessera di alcun partito. Quando chiese il motivo di quel collegamento politico apprese dal suo direttore del TG1 che Ugo La Malfa, storico segretario del Partito Repubblicano, che lo stimava molto pur non conoscendosi nemmeno, lo aveva segnalato come suo simpatizzante per proteggerne il talento.
Vento di destra anche in Ungheria. Forse anche troppo di destra
Invece, non sono esemplari le simpatie che il governo italiano ha per Orban, che, grazie alla riforma costituzionale che noi vorremmo stoltamente adottare, ha i pieni poterei in Ungheria dal 2010. Adesso, d’accordo con Putin di cui è sostenitore, non solo blocca la fornitura di armi dall’Europa a Zelensky, ma, dopo avere rilasciato 700 detenuti per reati relativi all’emigrazione clandestina, minaccia di scarcerarne altri 2400, tra cui trafficanti di esseri umani e persino scafisti. Le nostre carceri sono affollate e l’Europa non ci dà contributi per costruirne di nuove – si giustifica il dittatore – Inoltre, non è giusto che i criminali siano mantenuti dai contribuenti ungheresi. È un ricatto per ottenere sussidi dall’Unione Europea. Finché non riuscirà ad abolire l’unanimità di consensi necessaria per l’approvazione di qualsiasi decisione, l’UE non potrà andare avanti. È meglio chiuderla.
Bonaccini era la scelta giusta, brutto il divieto
Purtroppo in politica le alleanze non sono basate su principi morali, ma su affinità ideologiche. Quindi, la persona perbene di destra non si allea con l’omologo di sinistra, ma più facilmente con un delinquente di destra. E viceversa. C’è troppo odio tra appartenenti a ideologie diverse, anziché disprezzo per chi ha comportamenti disdicevoli. La sola differenza tra i due schieramenti è che molti di quelli di sinistra sono continuamente in polemica tra loro e vagano da un partito all’altro, mentre la destra è sempre compatta anche quando non c’è unanimità di accordi.
Molto bella, e per questo sorprendente, l’intenzione della Premier di nominare Bonaccini Commissario per la ricostruzione della Romagna su cui il governo dovrà investire alcuni miliardi di euro. Molto brutto, ma forse non sbagliato come sembra, il divieto di Salvini che ne ha bloccato la nomina. Sono intervenuti in favore del collega dell’Emilia Romagna persino governatori di destra come Zaia (Veneto), Occhiuto (Calabria), Fedriga (Friuli), Fontana (Lombardia) e Toti (Liguria).
Il vento di destra deve anche calare le folate davanti alle scelte giuste
La Premier è stata molto infastidita dal veto della Lega. Si fanno polemiche mentre non si sa ancora come e dove seppellire le vittime, ha reagito stizzita. Siccome Salvini parla più del necessario, spesso è inopportuno. Però, bisogna ammettere che questa volta non ha torto dal punto di vista politico. L’anno prossimo ci sono le elezioni europee, tra due anni proprio quelle per il rinnovo del consiglio regionale dell’Emilia Romagna. Anche se Bonaccini non può ricandidarsi perché ha ricoperto la carica di governatore già due volte, gestendo tanti miliardi per ricostruire la regione favorirà inevitabilmente clientelismi e buone relazioni che si traducono in voti. Perché affidarne la gestione a un avversario al quale la destra tenterà di togliere il potere nella regione?
Vento di destra emiliano
Dal punto di vista umano e anche di qualità, certamente la gestione di quel denaro, che verrà anche dall’Europa attivando il fondo di solidarietà, da parte del governatore sarebbe più oculata. Ma quando mai la qualità e il merito sono elementi di preferenza per la designazione dei personaggi nelle poltrone? Chiunque, seppure malamente, si occuperà di aiutare il paese a risorgere apparirà benemerito agli occhi degli elettori, non solo emiliani. Però, diciamo la verità: Salvini ce l’ha con Bonaccini soprattutto per avere battuto la candidata della Lega, che allora era sulla cresta dell’onda e aveva speso molte energie e riposto tante speranze durante la campagna elettorale.
Salvini si era illuso che avrebbe vinto e sottratto alla sinistra la sua tradizionale maggioranza in quella regione. Si fa risalire a quella circostanza l’inizio del declino del partito, che da allora cominciò a perdere consensi. Però, se il commissario non sarà Bonaccini, la Premier ci metterà un suo fedelissimo non certo uno della Lega, perché anche lei cercherà di sfilare al PD la roccaforte emiliana. Ecco perché questa volta, se non la standing ovation, il povero Salvini merita almeno un po’ di ragione. Mentre l’infallibile Meloni, che continua a dire che assieme stiamo lavorando molto bene, per una volta, torto.
Il vento di destra deve smettere di soffiare davanti a chi è onesto
Anche il mondo delle imprese, i sindacati e tante associazioni di consumatori premono per il presidente della regione, che, oltre a essere competente, tutti aggiungono che è anche onesto. Purtroppo questa qualità, come quelle della capacità e dell’efficienza, è molto secondaria nelle scelte politiche. Anzi, il mediocre e accomodante è più gettonato perché malleabile. Chissà chi delle due Meloni vincerà il braccio di ferro con se stessa, se la militante o la Premier istituzionale. Purtroppo dagli Stati Uniti continuiamo a copiare i peggiori comportamenti, tralasciando, invece, quelli che ci farebbero evolvere.
Siamo sempre quelli di “Lei non sa chi sono io”
Da un po’ di tempo la polizia italiana – persino quella locale che non dovrebbe avere compiti repressivi – si sta comportando con insolita e finora sconosciuta aggressività e violenza, recentemente soprattutto a Milano e Livorno. Manganellate, cazzotti e pedate nelle parti intime a persone che non possono difendersi, né, tanto meno, aggredire. Il sindaco Sala definisce gravi gli episodi che si verificano, ma non prende alcun provvedimento. Anzi, non se ne parla più.
Intanto, a Roma è stato archiviato il procedimento contro Ciro Immobile per l’incidente nel quale col Suv, su cui viaggiavano anche le sue due bambine, investì e fece addirittura ribaltare fuori dai binari un pesante e lento tram, procurando il ricovero in ospedale di 12 passeggeri e delle sue figlie. Non è stato possibile accertare la responsabilità, recita la motivazione. Colpa di un semaforo che non lampeggiava, pare da qualche tempo. Neppure è stato accertato se il campione della Lazio viaggiava troppo veloce in pieno centro cittadino? Non è più necessario intimare Lei non sa chi sono io. Bastai essere ricco o famoso per diventare intoccabile, mentre i poveracci possono essere giudicati e puniti.
Se il vento di destra porta anche novità
Finalmente ci siamo tolti dal groppone Ita Airways, l’ex Alitalia, che, nonostante vettore ufficiale di un paese meta di visitatori di tutto il mondo, dove esplode il turismo in qualsiasi stagione – Roma e Venezia hanno da sole 50 milioni di visitatori l’anno – non sappiamo amministrare. Ci è costata diversi miliardi di euro negli ultimi anni, anche per avere inglobato senza una ragione i debiti di Air One, che era una linea privata. Per ora Lufthansa ha acquistato il 41% di Ita e investito 325 milioni per aumentare la flotta aerea.
Ma i tedeschi sono disposti ad acquisire in un futuro molto prossimo la maggioranza delle azioni. Con la loro gestione prevedono di passare in attivo entro il 2025 e di potere quindi assumere nuovo personale. Basta un’amministrazione oculata e soprattutto fare lavorare i dipendenti a pieno ritmo. Noi non siamo capaci. Meno male che dopo anni di insuccessi ci siamo finalmente rassegnati ad arrenderci. Bravo il ministro Giorgetti! Speriamo ora che Lufthansa mantenga l’impegno e le previsioni di crescita.
Il vento di destra per il quale Kissinger ipotizza la terza guerra mondiale
Per mettere un po’ di paura all’occidente, Putin fa sapere di avere spostato alcuni ordigni nucleari in Bielorussia, ma non ne spiega il motivo. È solo una minaccia. Per i suoi 100 anni, compiuti il 27 maggio, Henry Kissinger, ex segretario di stato USA e premio Nobel 1973 per la Pace, ci regala una previsione molto preoccupante sull’invasione russa in Ucraina, che dobbiamo prendere sul serio. Purtroppo, alcune guerre sono inevitabili e bisogna affrontarle. Probabilmente l’Ucraina è una di queste.
Se la società occidentale non usa la prudenza e la migliore diplomazia – avverte Kissinger la cui lucidità è sorprendente – può scoppiare la terza guerra mondiale che bisogna cercare di evitare. Dovremo combatterla, invece, se si vuole anche giustizia, come ambisce Zelensky cui la sola pace non basta, anche se vale bene qualche rinuncia. La giustizia è superflua se si pensa a tutti coloro che perderanno la vita per conseguirla. Per di più non è detto che si otterrà. È il parere del più grande esperto in politica estera.
Un vento di destra che riporta strane informazioni
Speriamo che chi decide delle sorti del mondo ne tenga conto. Intanto dall’opposizione bielorussa arriva la notizia del ricovero di Lukashenko in un ospedale di Mosca dopo un incontro privato del dittatore con Putin. Corrono voci di avvelenamento e di cure di ricambio del sangue, che ricorrono spesso in Russia, come avveniva durante la dittatura dell’URSS. È una tradizione che spetta agli amici che diventano scomodi. Toccò, si dice, anche a Togliatti nell’agosto del 1964 in un ospedale di Yalta, località sul Mar Nero dove il leader comunista italiano, che nel 1930 aveva preso la cittadinanza sovietica, usava trascorrere le vacanze estive assieme alla sua compagna Nilde Iotti.
Una mattina di agosto, si sentì male e fu ricoverato in ospedale, in seguito a un malore che fu diagnosticato come ictus. Morì il 16 agosto, ma qualcuno sospettò che non sia stata una morte naturale. Infatti, tra Togliatti e il Cremlino erano sorte divergenze che la dittatura non tollera. Chissà, quindi, se Lukashenko sarà più fortunato. In ospedale, spesso per avvelenamento, è un decesso frequente a Mosca. È capitato di recente non solo a dissidenti ma anche a molti ministri e uomini d’affari che suggerivano correzioni alla politica di Putin.
Ma l’uomo sarà sempre meno necessario?
Un altro pericolo in arrivo, ma disconosciuto da tutti perché riguarda il progresso della scienza, è l’intelligenza artificiale. La mancanza di quella naturale che sta facendo regredire la società – soprattutto a causa dell’uso superfluo e compulsivo del cellulare – ce la fa ritenere provvidenziale. Invece, come tutte le conquiste, tranne quelle mediche e farmacologiche, non è al servizio della povera gente, ma del potere economico. La tecnologia ha già fagocitato tanti posti di lavoro. Questo nuovo marchingegno – lo chiamano algoritmo – li ridurrà ancora. Se non protetto dal potere, l’uomo sarà sempre meno necessario. Tutte le scoperte scientifiche e tecnologiche sono apparenti comodità per la società, ma alla fine si ritorcono conto il popolo.
Anche Ettore Majorana nello scoprire la scissione dell’atomo si illudeva che fosse una grande conquista dell’umanità, finché poi gli USA, dove ce la portò Enrico Fermi dopo la scomparsa di Majorana, la usarono durante la Seconda guerra mondiale alle 8.16 del 6 agosto 1945 su Hiroshima – quella su Nagasaki il 9 agosto fu superflua e crudele – per indurre il Giappone ad arrendersi. Non morirono solo 200mila vittime civili, ma negli anni successivi, molte creature, per alcune generazioni, nacquero storpie o ammalate. Ma probabilmente gli USA, ancora senza esperienza nell’energia atomica, ne sottovalutarono la potenza distruttiva. Chissà se il Giappone ha perdonato. Certi eventi, come la colonizzazione, i genocidi e l’olocausto sono messi in letargo dalla Storia, ma difficili da dimenticare.
Attenti al vento di destra; potrebbe anche cambiare direzione
Mentre il governo sembra deciso a riformare la costituzione e istituire il presidenzialismo o il premierato, insomma una figura forte che esautorerebbe la funzione del parlamento, Democrazia Liberale ha iniziato la raccolta delle firme per sollecitare un referendum, che, invece, metta in primo piano il parlamento che comincia a non avere più un ruolo principale. Infatti, con la legge maggioritaria, attualmente in vigore, è il governo a legiferare. Per restituire il potere agli elettori, che, infatti, si recano sempre meno volentieri alle urne, Democrazia liberale suggerisce una legge elettorale proporzionale senza soglie di sbarramento, perché tutte le forze politiche siano rappresentate, e le elezioni garantiscano agli elettori, com’era un tempo, la scelta dei propri rappresentanti. Solo così si può rivalutare la democrazia e restituire ai cittadini il piacere, la soddisfazione e l’entusiasmo di votare.