La storia veneziana è fatta anche di cose stranissime. Tipo odori e atmosfere magiche. Dove non solo gli occhi ma anche l’olfatto vuole la sua parte. Ecco entrare nell’antico squero di Sant Isepo, luogo sperduto del sestiere popolare di Castello. Si viene catturati dai sapori antichi. Odore del legno in lavorazione, della pece per le barche, dei ferri da gondola anche loro profumati di antico, dei vecchi attrezzi ottocenteschi di calafati e carpentieri. In pratica un luogo arcano. Il poeta Diego Valeri, nel 1942, nella sua memorabile “Guida sentimentale di Venezia” cominciava proprio così” “Andare in giro per calli e campi, senza un itinerario stabilito, è forse il più bel piacere che a Venezia uno possa prendersi. Beati i poveri in topografia, beati quelli che non sanno quel che fanno, ossia dove vanno, perché a loro è riservato il regno di tutte le sorprese…”.
Sant Isepo che cattura
Ecco in questa strana primavera, non è una calle e nemmeno un campo che catturano la nostra curiosità, ma la solitaria fondamenta di San Isepo che conduce all’antico squero, ovvero cantiere dove si costruiscono barche. Appartiene alla Società di mutuo soccorso tra carpentieri e calafati. Con questo nome antico funziona ancora? Ci chiederete. Ebbene sì. Hanno numerosi soci e continuano a fare beneficienza da quando il nuovo Stato italiano nel 1867, creò la società di mutuo soccorso, derivazione diretta delle antiche Schole, abolite da Napoleone e dai francesi all’inizio dell’800. La società era derivazione diretta delle medievali “scholete dei calafati dell’Arsenal e dei marangoni de sottil” ovvero carpentieri.
Cesare Peris e lo squero di Sant Isepo
Il gastaldo (o presidente) attuale è Cesare Peris, spirito combattivo e idee chiare. Ci fa vedere la “cassea”, antica cassaforte in legno, dove con la mariegola e i regolamenti sono custodite tutte le firme di antichi soci. Tipo: Giuseppe Garibaldi del 1868, quella di Umberto di Savoia, fino al patriarca, poi papa Luciani del 1977. Insomma una “cassea” piena di storia.
Il fatto bizzarro, che ha riportato d’attualità lo squero di S.Isepo, è che l’Amministrazione comunale, ipotizza di concedere l’immobile ad un mecenate londinese, Paul Atkin, appassionato di lirica e melodrammi, che vorrebbe, quattro secoli dopo, ricostruire in città il vecchio teatro di San Cassiano, fedele all’originale in legno del 1637. A Venezia infatti la lirica si aprì al mondo.
Progetto tanto visionario quanto strampalato
Con tutti i luoghi abbandonati che ci sono nel centro storico proprio il secolare squero di S.Isepo doveva essere scomodato? Paul Atkin, da vero lord britannico, dice, contattato da noi, che il suo sogno veneziano, è rifare il vecchio manufatto in legno, e mette disposizione un sacco di soldi (suoi). E si parla di oltre 2 milioni di sterline. Un posto vale l’altro, importante e che ci siano le altezze giuste.
E qui la storia si fa intrigante. A chi appartiene lo squero di Sant Isepo?
Nel 1878 l’ing. Giuseppe Tonello, bontà sua, regalò il cantiere al Comune affinché lo affidasse in “usufrutto perpetuo” alla meritevole Società di mutuo soccorso. Nel 1922 il nuovo codice civile abolì l’istituzione dell’usufrutto perpetuo. Poteva essere solo temporaneo. Una vicenda giuridica che dopo un secolo deve ancora essere risolta. Tentò di sbrogliare la matassa nel 2002 l’allora assessore al Patrimonio (e poi sindaco) Giorgio Orsoni. Non un docente universitario qualsiasi, ma uno dei maggiori avvocati amministrativisti italiani. “All’epoca – conferma Orsoni – tentammo la strada dell’accordo di transazione di garanzia. Ma non se ne fece nulla. Da ambo le parti si tirava l’acqua sul proprio mulino anche con piccole furbizie”. Oltre allo squero di S.Isepo, il patrimonio della società si era arricchito con tre appartamenti e due magazzini.
L’impressione è che i tribunali ci metteranno anni con battaglie di carte non solo bollate.
Storia recente
La storia recente che si può approfondire leggendo il libro del 2008 di Marco Zanetto edito da Mare di Carta, e interamente dedicato alla Società di mutuo soccorso, si può brevemente sintetizzare così.
Nel 1955 Giancarlo Chia, un maestro d’ascia del mitico Cantiere Celli di Sant’Elena che chiudeva per sempre i battenti, avviò il cantiere motonautico con esemplari di taxi e motoscafi. Attività trasferita da S.Isepo alla Giudecca nel 2016. Nel 1972 anche il sindaco Giorgio Longo tentò di risolvere la questione proprietà e usufrutto ma senza successo. Perché nel 1972? E qui la vicenda si fa giuridicamente complessa. Perché il codice civile nel 1942 venne riformato dal fascista Dino Grandi (ma dopo un attento studio del giurista Piero Calamandrei, non uno a caso). Venne stabilito che dopo 30 anni l’usufrutto decadeva. Ecco il motivo che la Società di mutuo soccorso avrebbe dovuto essere ripensata nel 1972. Mezzo secolo fa.
Detto tra noi, lo squero di Sant Isepo potrebbe essere una grande occasione per un progetto moderno
Coinvolgendo gli studenti del vicino istituto nautico Venier e di quello professionale Cini, in un programma scuola lavoro. Poi, oltre a far continuare l’attività secolare delle costruzioni di barche in legno, offrire alle numerose remiere veneziane, un luogo deputato, per la manutenzione e la cura delle imbarcazioni tradizionali stesse. Non ultimo, visto che lo spazio non manca, la creazione di un museo. Tra oggetti antichi, pergamene, attrezzi d’epoca e magnifiche foto ottocentesche, il materiale non manca proprio.
Facciamo i liberali, nel nostro angolo magico di Sant’Isepo, diamo anche spazio ai turisti. Quelli curiosi e intelligenti.