C’è un’imbarcazione leggendaria che sembra fatta apposta per fuggire: la tartana. Nella Tosca di Puccini, Floria prefigura all’amante una fuga dopo la finta fucilazione: “poscia a Civitavecchia, una tartana, e via pel mar!”. E se la realtà fosse ancora più romanzesca? Ho scoperto la storia di un ragazzino veneziano con un grande desiderio: quello di conoscere il mondo. Si chiama Nicolò Manucci, è figlio di un pestaspezie e vive a San Stin non lontano dalla Basilica dei Frari. Il suo sogno di partire per lidi lontani si scontra con il diniego dei genitori. Così nel novembre del 1653 si imbarca di nascosto nella stiva di una tartana in partenza per l’Oriente, ha solo quattordici anni, ma le idee molto chiare: “Essendo di poca età e desiderando grandemente di veder il mondo, ma vedendo che i miei genitori non m’il volevano permettere, risolsemi partire in qualunque forma che fosse…”. La forma è quella di una tartana sulla quale sale clandestinamente senza nemmeno conoscerne la destinazione.
La straordinaria avventura di Nicolò Manucci
Inizia per lui un’avventura straordinaria, dal primo sbarco a Smirne in Turchia, ai territori immensi dell’India. Entra al servizio del figlio dell’imperatore impressionato dalle sue molteplici abilità. Nel suo lungo soggiorno ricopre i più svariati impieghi: artigliere dell’esercito imperiale, medico alla corte Moghul, commerciante di farmaci e unguenti di sua produzione. Quando lascia Venezia è un adolescente senza istruzione, quasi analfabeta, ma impara presto tutte le lingue che gli servono per comunicare: inglese, francese, portoghese, persiano. Il suo è un viaggio di sola andata, non tornerà mai più a casa ma lascerà al mondo dei manoscritti preziosi, un vero reportage ante litteram pervaso da un alone di mistero e spy story.
La mostra
Una vicenda dal sapore leggendario che possiamo scoprire visitando la mostra: Nicolò Manucci, il Marco Polo dell’India. Un veneziano alla corte Moghul nel XVII secolo, allestita nelle magnifiche sale di Palazzo Vendramin Grimani sede della Fondazione dell’Albero d’Oro. Progetto espositivo diretto da Béatrice de Reyniès, curato da Antonio Martinelli e Marco Moneta, con allestimento di Daniela Ferretti e consulenza scientifica di Piero Falchetta. La sede giusta per ospitare una storia che sembra un romanzo, è il ritorno a casa di un personaggio incredibile e forse non molto conosciuto. Nicolò ne sarebbe compiaciuto perché Palazzo Vendramin Grimani è molto vicino alla sua abitazione, nel sestiere di San Polo, uno strepitoso affaccio sul Canal Grande con ingresso in una calle stretta e misteriosa, pura magia.
Se è vero che la fortuna aiuta gli audaci, il giovane Nicolò ne è una conferma
Dopo due giorni di navigazione viene scoperto ma riesce a restare a bordo grazie all’aiuto e alla protezione di Sir Henry Bard, Visconte di Bellomont inviato in missione segreta per conto di Carlo II Stuart. Nicolò Manucci ne diventa assistente attraversando così gli immensi territori dell’impero ottomano e persiano sino ad approdare nel 1656 a Surat, a quel tempo il principale accesso marittimo dell’India.
Non solo artigliere, medico e commerciante, ben presto avrà anche un ruolo di traduttore e intermediario culturale tra i Moghul e i rappresentanti degli insediamenti portoghesi, inglesi e francesi in India.
Nicolò Manucci, un giornalista ante litteram
Giornalista ante litteram ha la sensazionale idea di costruire quello che possiamo definire un moderno reportage. In età avanzata e carico di esperienza sul campo decide di narrare la propria storia commissionando ad artisti indiani un vasto corpus di miniature da inviare in Europa come accompagnamento visivo dei suoi manoscritti. Queste splendide illustrazioni sono raccolte in due libri: il Libro Rosso e il Libro Nero. In mostra per la prima volta viene eccezionalmente esposto l’intero suo lascito compresi anche due manoscritti che compongono la versione originale della Storia del Mogol e le successive trascrizioni. Operazione resa possibile grazie alla collaborazione tra la Bibliothèque nationale de France di Parigi, la Staatsbibliothek di Berlino e la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. Il percorso espositivo riunisce manufatti ed elementi decorativi e una selezione di riproduzioni digitali dei manoscritti.
Una vita di avventure
Nelle sale del piano nobile il percorso è un viaggio caratterizzato da tutte le avventure del giovane veneziano: mappe, documenti, oggetti d’arredo, miniature, elementi bellici e installazioni. La mostra è arricchita dagli splendidi acquerelli di Guido Fuga, artista designer e architetto veneziano che ha saputo tracciare con grande creatività le tappe salienti del protagonista. Imperdibile il video sulla sua vita con un interprete d’eccezione: l’attore Alessandro Bressanello, perfetto nel ruolo di Nicolò. Durante la visita è possibile anche interagire scoprendo qual è il nostro spirito d’avventura confrontandolo con i grandi viaggiatori.
Manucci è un testimone diretto degli eventi dell’impero Moghul nel momento della maggiore espansione e potenza, durante il regno di Aurangzeb (1618-1707), contemporaneo a quello di Luigi XIV. Parla molte lingue ma non è in grado di scrivere, così decide di dettare le sue memorie a scrivani italiani, francesi e portoghesi. Da questo lavoro nasce un’opera davvero monumentale che è la sua Storia del Mogol. Non si tratta di un mémoire, è scritto quasi in tempo reale. Un libro gigantesco che ha più parole della Divina Commedia e ben centotrenta miniature.
NIcolò Manucci plagiato
C’è anche una spy story con plagio: nel 1705 il padre gesuita François Catrou pubblica illecitamente a suo nome la Storia del Mogol che si rivela un grande successo. Manucci viene a conoscenza del plagio e scrive una lunga lettera in latino alla Repubblica Serenissima. Gli viene accordato il permesso di pubblicare il manoscritto originale, ma non accadrà. Il volume è troppo costoso, purtroppo Venezia non rappresenta più la culla editoriale dei tempi gloriosi.
Un Marco Polo dell’India e un mistero
La vita di questo Marco Polo dell’India è davvero incredibile, ricca di gratificazioni ma anche di sogni inappagati, come quello di tornare a casa. Un desiderio che non lo abbandona mai tanto che investe il suo capitale in un’attività mercantile che si rivela fallimentare, perderà tutti i soldi. La voglia di vivere all’europea lo porta anche a fuggire dall’impero Moghul travestito da frate carmelitano. Quando a 48 anni giunge a Madras (colonia di giurisdizione inglese) le sue speranze si concretizzano, l’Europa sembra a portata di mano, ma il governatore di Pondicherry che è anche suo caro amico gli suggerisce di abbandonare l’idea e di sposarsi in India in quanto ormai anziano e abituato al cibo e al clima indiano.
Nell’ottobre 1686 sposa a Madras una giovane vedova inglese di religione cattolica, Elizabeth Hartley. Conquistata dalle affinità del nome ho cercato di scoprirne il volto, ma non esiste un ritratto di Elizabeth. Nicolò Manucci muore nel 1720 a ottantadue anni, forse a Madras oppure a Pondicherry. Non è il solo mistero, a tutt’oggi non si conosce ancora il luogo della sepoltura.
Nicolò Manucci, il Marco Polo dell’India
Un veneziano alla corte Moghul nel XVII secolo
Venezia – Palazzo Vendramin Grimani – Fondazione dell’Albero d’Oro
San Polo, 2033
29 aprile – 26 novembre 2023
martedì – domenica, 10-13 /14-18
Bellissima storia della intraprendenza giovanile e Bellissima iniziativa dei promotori della mostra sicuramente da memorizzare e da vedere. Grazie
Dott.ssa Elisabetta che bella storia ci ha raccontato, una vicenda straordinaria, con un finale triste per il mancato rientro in patria del coraggioso Nicolò Manucci. La sua vicenda ha dell’incredibile, la fuga nella prima adolescenza senza sapere dove si sarebbe diretta la nave veneziana. Un altro aspetto di questo articolo che mi ha fatto riflettere è come fossero in qualche modo familiari questi questi luoghi orientali per i Veneziani, per gli Inglesi, ma anche per gli altri navigatori. Questa mostra restituisce memoria e lustro al formidabile Nicolò Manucci, che dovette pure subire l’appropriazione dei suoi scritti da parte di un religioso (sempre loro). Però in qualche modo Nicolò Manucci mi sembra che sia sempre rimasto in contatto con Venezia e con il mondo occidentale, anche il matrimonio con una vedova inglese è una sorta di mantenimento del legame con il vecchio continente. Bellissime e uniche le miniature a corredo dei suoi scritti. Il filmato permetterà anche ai più giovani di conoscere un secondo Marco Polo. Grazie Dott.ssa Elisabetta per questa grande opera di divulgazione.