Da quando Alcide de Gasperi il 22 aprile 1946 decise che la festa della Liberazione nazionale, con firma del luogotenente reggente Umberto II di Savoia, era fissata per il 25 aprile, data della liberazione di Milano, le discussioni non sono mancate. Il 21 aprile si era liberata Bologna, il 23 Genova, il 28 Venezia. La guerra era ufficialmente finita il 2 maggio, ma a Milano il 25 aprile festa della liberazione era stata proclamata dal “Comitato di liberazione nazionale alta Italia”, l’ordine di insurrezione nazionale. Nessun sigillo storico per la quattro giornate di Napoli nel settembre del 1943 e i 25 mila morti civili subiti per bombardamenti dalla città partenopea.
Non si cantò allora Bella Ciao
Era ancora poco conosciuta, pochi partigiani l’avevano cantata in Appennino. C’è chi sostiene fosse un canto hiddish, chi un motivo tipico dei rom dell’est, chi la canzone adattata delle mondine: “Alla mattina appena alzata, o bella ciao bella ciao, ciao, ciao, alla mattina appena alzata, in risaia di tocca andar!”. Pasolini nel suo canzoniere italiano della Resistenza del 1946, nemmeno la cita. Secondo fonti dell’Unità, fu cantata per la prima volta dai pionieri comunisti italiani, in un convegno giovanile a Praga nel 1953. Fatto sta che è la canzone italiana più conosciuta al mondo, cantata a memoria, come inno alla libertà anche da cinesi, giapponesi, russi, brasiliani, ecc.
Storia un po’ simile alla tedesca “Lili Marleen”. Nata come canto militarista nazista e poi diventata simbolo mondiale pacifista contro tutte le guerre. A volte il destino musicale si fa beffe della storia.
Il 25 aprile festa della liberazione e un grande Mattarella
Comunque sia, la festa nazionale del 25 aprile, nonostante i chiari dettami anti-fascisti della nostra Costituzione, sembra ancora oggi essere una festa divisiva. Per la prossima vicina ricorrenza, sono già aperte le discussioni e le polemiche. Per esempio, oggigiorno c’è chi non vuole gli ucraini alla festa, chi esclude la brigata ebraica, chi vede imbarazzanti le presenze di alcuni politici di destra.
Bene ha fatto il nostro presidente Mattarella, che non sbaglia mai un colpo, ha parlare in Polonia delle gravi colpe fasciste, ma anche sovietiche. Ovvero comuniste. A 80 anni dalla Liberazione, ovvero tre generazioni passate fa, stiamo ancora a tormentarci, su chi si deve escludere. Princìpi costituzionali permanendo e sacrosanti.
Quei fatti che fanno discutere ancora prima del 25 aprile festa della liberazione
Ma ci sono dei fatti storici, appunto di 80 anni fa, che fanno ancora discutere: Via Rasella e i 335 morti civili innocenti delle Fosse Ardeatine; la strage di Porzus in Friuli; i massacri di Schio e di Codevigo in Veneto.
L’attentato di Roma del 1944 fu addirittura messo in discussione nella legittimità, qualche anno dopo, nientemeno che dalle pagine dell’Unità, organo del partito. Si esternarono seri dubbi sulla sua opportunità politica. Giuridicamente i processi hanno sempre escluso responsabilità. Agli autori dell’attentato fu poi consegnata la medaglia d’oro alla Resistenza, da un governo di centro-destra. In un paesino dell’Alto Adige, ancora oggi, si celebra la messa, per i 33 soldati uccisi della Compagnia Polizeiregiment “Bozen”. Dicono che furono costretti a fare i volontari delle SS. Gli ufficiali (solo tedeschi) li trattavano con disprezzo.
Di Porzus, in Friuli, dove i titini, massacrarono 17 partigiani bianchi della Brigata Osoppo (tra cui il fratello di Pasolini, Guido, appena diciannovenne) si parlò molto anni dopo e solo dopo un libro e un film. I partigiani bianchi furono massacrati solo perché non erano in linea con le indicazioni sovietiche in fatto di confini.
Anche dopo il 25 aprile festa della liberazione c’è chi sbagliò
A Schio, il partigiano Teppa, a guerra abbondantemente finita, massacrò 54 detenuti civili in carcere, perché collusi con la repubblica di Salò. Molte erano ignare fidanzate, alcune addirittura minorenni. Altri messi in carcere con accuse false, solo perché qualche rivoluzionario non voleva pagare i dovuti affitti alla proprietaria dell’immobile dove era ospite. Teppa e altri, attaccati dallo stesso Partito Comunista, vennero giudicati da un tribunale della Repubblica e condannati a morte, pena poi commutata in ergastolo. I responsabili scontarono dieci anni di carcere perché nel 1955 furono rimessi in libertà per un’amnistia.
A Codevigo, in provincia di Padova, a guerra finita, uomini che potevano essere ricondotti al comandante partigiano Arrigo Boldrini, detto Bulow, ammazzarono 136 tra civili e repubblichini “pentiti” e disarmati che avevano solo il desiderio di tornare a casa. Va detto che Boldrini non è mai stato indiziato per tali fatti, né ha beneficiato di amnistie.
La storia
Con il passare degli anni la Festa del 25 aprile, perse sempre di più il carattere di rappacificazione e di concordia nazionale, per assumere quello della rivoluzione mancata. La Liberazione divenne una specie di adunata con bandiere rosse maggioritarie e pensiero unico. Non era un caso che le Brigate Rosse, durante gli “anni di Piombo”, mezzo secolo fa, dissotterrarono negli Appennini emiliani, le armi nascoste dei partigiani. E ci fu chi disse che la rivoluzione armata andava completata.
Ciampi e il “suo” 25 aprile
Un grande impulso alla concordia e al senso della Patria, lo predicò, con successo, il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Fratelli d’Italia, inno nazionale ancora in odore savoiardo, tornò di moda. L’amor di Patria, non era poi così scandaloso. Nel celebre discorso di fine anno del 2000, il “partigiano azionista” Ciampi, parlò di riappacificazione del Terzo millennio. Un bel coraggio.
Intanto prepariamoci alle polemiche del 25 aprile 2023.
La storia, la scrivono sempre i vincitori. Più o meno.