(poesia)
Vi prego
usatela davvero come segnalibro
quando potrete.
Che l’immagine della croce
costantemente infilzata come una dolorosa bandiera
nell’ampiezza del paesaggio,
nell’assurdo incanto del vivere degli uomini,
che queste braccia eternamente allargate nell’aria
mentre i chiodi ci piantano costantemente nel legno,
che questo corpo nudo e gonfio di disagio, e d’inaudito coraggio
che possano aiutarci a non smettere d’impastarci
con le mille possibili trame del libro,
col soffice suono dello sfogliarsi delle pagine,
e mantenere vigile il frullo dell’angelo assordante
il suo sibilo fra le palpebre.
Antonio Alleva
Da Ultime corrispondenze dal villaggio Il ponte del sale editore, Rovigo 2016
Una parola, uno stile
Ho imparato una parola nuova, che mi lega al ricordo di un grande giornalista scrittore e alla sua amicizia: Enzo Biagi (1920-2007). La parola è stata pronunciata tempo fa in un’intervista da Bice Biagi, la primogenita di Enzo, ed è doverista, riferita al padre e se stessa. Viene da dovere, ma mi chiedo: esiste il doverismo? Nel ricordo affettuoso e confidenziale della giornalista figlia d’arte (scomparsa recentemente) il dover essere esiste sicuramente, ma è chiaro il suo messaggio: vale anche per noi la scelta di Biagi, cioè il dovere come costante impegno professionale e umano, diciamo pure come dirittura morale.
Pensiamoci: quella parola non è mai isolata, ma sempre congiunta al nostro essere animali sociali, e contiene il senso di una vita “ben spesa”, di uno stile: il dovere è un impegno, un debito (dal latino), un dover dare o fare qualcosa agli altri, per gli altri; il dovere ci lega, impegna la nostra visione etica del mondo: Biagi si comportava così, da vero doverista, un uomo che si sentiva “in debito” con la vita.
I diritti, che sono l’interfaccia dei doveri, sono sempre invocati da tutti – dove sono praticati… – e in ogni occasione, anche a sproposito: “è mio diritto!” si sente proclamare quando la legge o la consuetudine aprono una porta alle nostre esigenze. Giusto esigerli, ma non sempre siamo disposti a bilanciarli con i loro opposti, i doveri. Semplificando, i primi si ricevono, ci vengono dati – in democrazia soprattutto – i secondi si danno. E non è una questione di parole. Praticando consapevolmente il dovere, noi diamo qualcosa agli altri, sul piano morale anzitutto, come esprime bene, oggi, il movimento del volontariato.
Omaggio a una “divina sirena”
Guidati da una intrepida signora ultraottantenne, che di mestiere fa l’editrice di libri d’arte a Venezia, il museo M9 di Mestre ha ospitato letterate e musicanti per la presentazione di un libro dedicato al centenario della nascita di Gaspara Stampa, poetessa veneziana (1523-1554). Il volume, di grande formato e molto illustrato, ha per titolo un endecasillabo: Poi che m’hai reso Amor la libertade (Eidos editore).
Vittoria Surian, anima della serata, è riuscita a trasformare in salotto letterario la presentazione di un libro, quasi a ricordarci altre veneziane che, nel tempo, hanno praticato l’arte dell’intrattenimento culturale di alto livello:
in particolare, questa “editora” si batte da decenni per valorizzare il grande contributo che le donne hanno dato all’arte, alla letteratura, in una parola: alla cultura. Perché esiste un patrimonio di creatività femminile, a volte straordinario, a volte ri-scoperto.
Nel libro sono raccolti diciotto sonetti tratti dall’edizione originale delle Rime di “madonna Gasparina” accompagnati dai saggi storico-critici che aiutano a rievocare il clima culturale e perfino il paesaggio (“liete campagne e colli”) del 1500 nel Veneto della Serenissima: la poesia come una chiave magica che apre le pagine della storia.
Di questo raro testo narrativo in versi hanno parlato gli specialisti Franca Caltarossa, Simona Gatto, Cristina Miatello, Cristina Moldi Ravenna e Alberto Tacco, una generosa pattuglia che Vittoria ha definito “impresa collettiva”.
Il pubblico ascoltava la voce della poetessa rinascimentale e l’altra voce, quella attuale e strumentale di due liuti, quasi meravigliato che il passato remoto avesse diramazioni e risonanze in quell’ambiente moderno dalle nude pareti di cemento a vista: rimbalzavano, infatti, su di noi parole di un canzoniere amoroso “totalmente femminile” e colorato da “passione prorompente”. Pubblico coinvolto, preso dalla sottile malia delle parole e della musica, dal fascino della poesia della Gasperina, “divina sirena” fra i tormenti dell’amore. Nata in questa nostra terra, ci appartiene come eredità.
Se uno resta senza parole come può scrivere un commento?
Grazie di esserti ricordato di noi e di averci comunicato parole di poesia e di serenità. AUGURI AUGURI a tutti!!!