Concludiamo col sesto appuntamento i resoconti del viaggio in Ucraina dei nostri collaboratori Luca Paglia e Stefano Pedrina, il primo col racconto, il secondo con le fotografie. Paglia e Pedrina, due giovani veneti laureati in Storia, hanno voluto recarsi nel punto oggi più critico del mondo per testimoniare e vedere da vicino cosa accade in un paese in guerra, un paese al confine dell’Unione Europea e deciso a entrare al più presto nella UE. Un paese aggredito dalla Russia di Putin che è appena stato indicato come criminale di guerra dalla Corte penale internazionale. Nel loro reportage conclusivo, i due giovani cercano di fare sintesi di ciò che hanno visto e, soprattutto, della lezione di una guerra terribile che non sempre riusciamo a capire. Con il grande incubo dell’uso delle armi nucleari.
Dall’ospedale di Ternopil tra la gente
Giunti al termine della lunga ed emotivamente coinvolgente visita all’ospedale militare di Ternopil, rimontiamo in macchina e ci dirigiamo verso il centro città; prima di salutarci, regaliamo a Katya una scatola di cioccolatini ringraziandola per averci fatto da guida ed essere stata il nostro punto di riferimento durante il soggiorno. Il grande lago cittadino che fa da sfondo alla piazza è completamente ghiacciato, il cielo cupo e il vento soffia costante: l’intera Ternopil appare immersa in una cappa d’umore grigio. Non v’è nulla da visitare, se non un piccolo camminamento che s’allunga per una trentina di metri nell’acqua alla cui estremità si erge una pagoda arrugginita.
Un mercato di voci che celano la paura per l’incubo
Percorriamo la strada di ritorno lentamente, fermandoci a osservare le bancarelle di un mercato coperto simile a quello bombardato dai combattenti russi, qualche giorno fa, non lontano da qui, a Kharkiv. Il tono del vociare è piacevole, i commercianti non cercano di attirare con motti e acuti di voce i clienti ai loro banchi, lasciano che se ne interessino naturalmente. Invogliati, ne approfittiamo per comprare qualcosa e passeggiare. A una settimana dal nostro arrivo, è la prima volta che ci concediamo una camminata senza fretta; nell’indomani partiremo per far ritorno in Italia, un viaggio di circa trent’ore attraverso la stessa strada percorsa all’andata.
Un colorato Bazar
Ricolmo di tappeti colorati, d’abiti dall’aspetto tradizionale, e illuminato da una marea di bigiotteria sparsa sui tavoli, il bazar ucraino è senza dubbio il luogo più colorato che abbiamo visto negli ultimi giorni. Un toccasana per le nostre menti appesantite, che hanno modo di essere distratte dai luccichii di anelli, bracciali e collane, dalle trame orientaleggianti delle stoffe, dalle figure astratte rappresentate in alcuni quadri appesi a una catena penzolante, che sembrano ritrarre una campagna luminosa e rosata al tramonto (o all’alba?), e ancora, dalle classiche immagini dei maggiori Santi ucraini, ai quali son devoti primamente taxisti, militari e anziani. Dirigendoci all’uscita, rifiuto gentilmente la mano di un mendicante che mi porge un cartoncino effigiato da San Nicola, e mi concentro sui fruscii del vento esterno che, precedendomi, spalanca la porta. Oltrepassata, ricominciamo a camminare verso l’appartamento ma, il pensiero, è già rivolto alla pace che ci attende a casa.
Il ritorno a casa e i tanti pensieri legati alla guerra e all’incubo nucleare
Trascorsi alcuni giorni dal rientro in Italia, conclusasi quindi la mia prima esperienza da aspirante reporter in un paese in guerra, ho avuto modo di ripercorrere e metabolizzare le tappe principali di quest’avvenimento indimenticabile. Tuttavia, non volendo concludere le mie memorie con un classico, per non dire scontato, riassunto bonario di quanto vissuto, mi permetto di condividere una riflessione maturata nelle ultime ore.
Un’esperienza diretta che fa capire molte cose
Pur considerando i pericoli che risiedono nell’andare in un paese in conflitto e l’indisposizione da parte di molti (per ovvie ragioni) di volervisi recare, ritengo che avere un’esperienza diretta, o anche indiretta, con le problematicità presenti in Ucraina potrebbe essere di grande importanza per chi desidera comprendere le dinamiche di quanto sta accadendo. Purtroppo, distratti dai media che ogni giorno trasmettono le tragedie che avvengono al fronte senza quasi sempre poter approfondire in modo adeguato quant’accade “dietro le quinte”, si ha un’immagine distorta della guerra e delle sue conseguenze. Indicativo è il fatto che molti italiani pensano che il conflitto sia esteso a tutto il territorio ucraino, che il paese sia ridotto a un cumulo di macerie e non vi sia rimasto più nessuno a parte i combattenti.
Da soli contro una superpotenza e vivendo nell’incubo
Purtroppo, questo tipo d’informazione fa decadere i dibattiti in una diatriba tra le ragioni che hanno Russia e Nato di scontrarsi, dimenticando completamente la volontà degli ucraini, schiacciati da interessi oramai planetari e costretti a partecipare a un conflitto che li vede combattere soli contro una super potenza militare. L’aiuto e il dialogo con chi ha deciso di rimanere nel proprio paese per poter contribuire all’andamento della guerra rappresenta quindi un tassello fondamentale per una consapevolezza collettiva volta ad accelerare la fine del conflitto.
Se la situazione sfugge di mano l’incubo potrebbe diventare realtà
Infine, è doveroso ricordare le possibili conseguenze di quanto potrebbe accadere nel momento in cui la situazione dovesse sfuggire di mano. Ciò che fa inorridire di paura gli ucraini, data anche l’immane tragedia di Chernobyl, è appunto l’utilizzo delle armi nucleari, evento che trascinerebbe il mondo intero in una guerra dall’esito catastrofico. Ritengo sia quindi necessario interrogarsi sulle giuste questioni, e smettere quantomeno di prendere a cuor leggero le parti di una o dell’altra fazione. Una scelta di civiltà che marca la volontà di mediazione e che contempla la ricerca della verità, vittima illustre di tutte le guerre d’ogni epoca, ma unico antidoto contro l’ignoranza.