“Mi sono affacciata alla finestra, e ho visto una scena orribile giù nel piazzale: una donna che urlava aiuto e alcune persone che accorrevano”. Parla un’amica. Siamo a Mestre, in pieno centro, due ore alla mezzanotte: quella donna sotto choc e urlante era appena stata rapinata mentre manovrava l’auto per parcheggiare: un delinquente ha aperto lo sportello e si è impossessato della borsa appoggiata sul sedile: pochi secondi dopo è fuggito nella notte.
L’episodio rientra in una casistica ormai codificata: c’è, infatti, nella Venezia di terraferma un altro virus che intacca e avvelena quotidianamente le nostre sicurezze. Ne parlano i giornali, ma non dicono tutto sull’aggressività di singoli spostati o di bande organizzate; la violenza e il mal-essere sono rivelati, invece, dal passaparola, dalle confidenze fra conoscenti di condominio o amici e famigliari.
Queste voci “dal basso” raccontano una città aggredita, una cittadinanza minacciata e impaurita da vandalismi, spaccate, da drogati in agguato: persi nell’irrealtà del veleno chimico che gli altera la psiche, questi ultimi sono però molto reali quando rubano per procurarsi la dose.
Considerazione laterale: oggigiorno bisogna avere un po’ di riguardo per la cronaca nera, che ci tiene sveglia l’attenzione mentre ci racconta la presenza nefasta di una diversa pandemia, parallela al Covid 19 e oscuramente minacciosa che aggredisce le nostre sicurezze. Non sempre ci avverte un grido nella notte.
Un colore del Pnrr
La sigla del Piano nazionale di ripresa e resilienza sfugge in mezzo alle parole intere con cui si esprime la nostra realtà, e quasi scompare: però è un concentrato di forza in grado di modificare proprio quella realtà, nel senso che è vitalizzante e feconda, e addirittura può assumere un colore secondo il suo campo d’azione. In altre parole, a Venezia il Pnrr è anche verde, perché finanzia con due milioni di euro il progetto di restauro del prezioso complesso o Compendio dell’Orto storico dei frati cappuccini del Redentore che sarà realizzato in toto dal Venice Garden Foundation di Adele Re Rebaudengo: un’oasi verde secolare violentata dall’acqua granda del 2019 che sarà aperta, un giorno, al pubblico, che qui è come dire al mondo.
Venezia, a pensarci, è di pietra e d’acqua ma anche di verde: la Natura è anche vegetazione, e si armonizza con il resto. A parte il verde pubblico, fra cui quello più “culturale” della Fondazione Cini (teatro di verzura, labirinto Borges, chiese del giubileo) c’è quello privato, spesso invisibile al forestiero e agli stessi veneziani perché fiorisce in tanti giardini segreti, la cui presenza è rivelata magari da un ciuffo di foglie sporgenti da un muro di cinta come creature curiose di vedere chi passa, che cosa succede fuori casa… Giardini segreti, che potremmo anche chiamare i giardini interiori della Città galleggiante.
Il vizietto del “come se”
Ascoltando il mondo, dice il filosofo, s’impara una lezione al giorno. Sagge parole, ma quanti le ascoltano è difficile dire. Siamo un po’ tutti frammentati e connessi e dunque viviamo “come se”, al condizionale, evitando di farci prendere dal fascino di grandi problemi. Come se certe situazioni non ci riguardassero personalmente.
Per esempio: avvertiti dalle cronache, sappiamo – sappiamo – che la scarsità di piogge dei mesi scorsi e, in parallelo, della grandi nevicate ci preparano giorni, anzi mesi, di siccità: è facile pensare positivo: come se i famosi invasi fossero già riempiti.
In parole povere, tocca a noi: dovremmo controllare i consumi, come se fossimo vittime dell’aridità che avanza sul pianeta, come se improvvisamente la nostra coscienza si svegliasse assetata di verità…
Tutela delle acque, approvvigionamenti, acquedotti come colabrodi, consumi agricoli e industriali a go go, piani più o meno segreti di razionamento dei consumi, ma anche etica dell’ambiente: non sono parole perdute, sono situazioni che ci riguardano… Occhio ai rubinetti di casa.
Frammenti
(poesia)
In questi tristi paesi ogni cosa
è calcolata sull’inverno: sogni, carceri,
cappotti e abiti da sposa, bianchi
da Capodanno, le lancette dei secondi,
i mantelli dei passeri, la quantità
di lisciva nel fango,
e i costumi puritani, la biancheria,
gli scaldini di legno in mano ai violinisti.
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Soltanto i pesci nel mare conoscono
il prezzo della libertà, ma il loro
mutismo ci costringe a inventare
casse, etichette. Come il listino dei prezzi
sporge lo spazio. E la morte crea il tempo:
ha bisogno di corpi e di cose e li cerca
fra ortaggi crudi, il gallo porge ascolto
ai rintocchi dell’orologio della torre.
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Josif Brodskij
Da Kontinent – 1, la rivista del dissenso , 1975