La prima persona che mi dimostrò simpatia quando arrivai a Roma dalla Sicilia Vittorio De Sica. Forse perché vedeva in me – giovane, sconosciuto e solo – se stesso debuttante. Gli piaceva il mio modo di scrivere e soprattutto la filosofia con cui affrontavo le difficoltà della vita. Mi raccontava di tante esperienze che aveva vissuto, sperando che potessi sfruttarle per il mio difficile debutto come giornalista. Infatti, grazie alle sue affascinanti narrazioni proposi alla Gazzetta di Parma – uno dei quotidiani più antichi d’Italia, la cui Terza pagina allora era di grande prestigio – Personaggi in pantofole, una rubrica settimanale che parlava di artisti famosi nella loro intimità. Nessun pettegolezzo, ma aneddoti divertenti da cui emergeva il loro volto umano. Baldassarre Molossi, mitico Direttore del quotidiano emiliano mi concesse lo spazio. Vittorio De Sica, grande attore e regista, sosteneva che, se la gente comunicasse i propri problemi, la vita sarebbe più facile per tutti perché ci sarebbero meno incomprensioni e più amicizia e amore.
De Sica e il gioco
Come molti uomini del Sud dell’epoca, aveva una forte passione per il gioco. Infatti, conosceva tutti i casinò d’Europa. Spesso viaggiava con Peppino Amato, famoso produttore cinematografico, al quale lo accomunava la stessa passione. Allora per realizzare un film qualcuno ci doveva mettere i soldi o procurarseli. Ecco perché si producevano tanti capolavori. Oggi, invece, non ci sono più rischi perché il produttore vende il film alle televisioni ancora prima di realizzarlo, a evidente discapito della qualità.
De Sica e Amato
De Sica e Amato facevano spesso coppia, non solo professionalmente, ma anche come frequentatori di casinò in modo – dicevano loro – da procurarsi i soldi per il film successivo in caso di fortuna. Ma vincevano raramente, perdevano quasi sempre. Una sera a Cannes vinsero tanti soldi e, per evitare di perderli continuando a giocare, decisero di metterli al sicuro acquistando un brillante grosso come una noce. Però quando, poi, decisero di rivenderlo perché rimasti senza soldi, scoprirono di essere stati truffati. Il gioiello non valeva nulla. Non sapevano come pagare l’albergo né il viaggio di ritorno a Roma.
L’idea di De Sica
De Sica ebbe un’idea che Amato trovò geniale. Era scoppiata da qualche mese la rivoluzione bolscevica e molte famiglie aristocratiche, scappate dal paese in rivolta, si erano rifugiate sulla Costa Azzurra con i gioielli di famiglia. Si diceva che fossero ricchissimi e cercassero di investire i capitali che avevano portato dalla Russia in modo che fossero fruttiferi. Se i due giocatori incalliti ne avessero trovato uno disposto a investire in un loro film avrebbero risolto i loro problemi.
Aristocratico trovato!
Non fu difficile trovare un aristocratico. Ce n’era uno proprio nel loro albergo. Gli proposero di finanziare nel sonoro la storia di Assunta Spina, remake di un film muto di grande successo. Ma nessuno dei due era in grado di spiegarglielo chiaramente. Il principe russo non capiva il loro incomprensibile francese. Non aveva neppure capito che uno di loro era regista e l’altro produttore cinematografico. Resosi conto che il racconto di De Sica non entusiasmava affatto il loro possibile benefattore, per cercare di coinvolgere il principe russo nella drammaticità del soggetto, Amato si esibì nell’esecuzione vocale di un’improvvisata colonna sonora.
Un’idea “pazza”
Così, De Sica raccontava e Amato borbottava una sorta di musica di sottofondo, tamburellando con la matita a mo’ di batteria e strofinando il dito sul tavolo per tentare di ricavare il suono del contrabbasso. Il russo non li interruppe mai. A un certo punto chiamò un cameriere e gli diede un biglietto in cui aveva scritto qualcosa. I due amici pensarono che avesse ordinato qualcosa al bar. Qualche minuto dopo, invece, arrivò un’ambulanza della neuro e alcuni robusti infermieri irruppero con le camicie di forza. Li aveva fatti chiamare il russo, pensando di essersi imbattuto in due pazzi furiosi.