Ci sono dei luoghi magici o “sconti” direbbe Corto Maltese avventurandosi lesto e curioso tra le calli. Questa volta è una fondamenta che raccoglie segreti e storie veneziane. Fondamenta di Borgo a Dorsoduro, poco distante dall’Accademia, dove appare una originale insegna: Antica Locanda da Montin. Potrebbe essere un ingresso caro a Hugo Pratt. Il locale è per il momento chiuso, riaprirà a marzo, ma due turisti russi arrivano da Mosca solo per vedere il tavolo dove di solito pranzava Iosif Brodskij, il grande poeta russo, sepolto a Venezia. Premio Nobel per la letteratura nel 1987, Brodskij si dichiarava veneziano nell’anima. Il saggio “Fondamenta degli incurabili” è la sua celebre dichiarazione d’amore. I russi pur senza pranzare vanno via contenti e soddisfatti dopo aver scattato le foto di rito.
L’Antica Locanda da Montin nella sua storia ultracentenaria è una miniera aperta di fatti e curiosità veneziane e non solo per gli artisti che la frequentavano
Il ristorante chiuso, ma locanda con 12 camere che guardano al rio delle Romite aperta. L’ingresso, un po’ buio, fa aumentare la magia del luogo reso famoso al mondo per il film di Enrico Maria Salerno “Anonimo Veneziano” del 1970. Florinda Bolkan e Tony Musante seduti nel pittoresco giardino sono un cult del cinema mondiale. Florinda, oggi ottantenne, è tornata poco tempo fa, a rivedere il luogo che la rese famosa.
Tre generazioni all’Antica Trattoria Montin
Luca e Giorgio Carrettin continuano una tradizione iniziata tre generazioni fa con il capostipite Antonio che arrivava dalla trevigiana Roncade. Attraverso il Sile, il vino rosso arrivava facile facile e dritto in laguna. Nella città dei bacari il largo consumo era garantito.
L’Antica Trattoria Molin nei ricordi di D’Annunzio
Luca e Giorgio mi fanno vedere subito una guida del 1909 con prefazione di Gabriele D’Annunzio.: “Osteria. Guida spirituale delle osterie italiane da Venezia a Capri”. Scritta dal tedesco Hans Barth. Si tratta della prima guida enogastronomico europea. All’antica Locanda da Montin lo scrittore tedesco dedica due pagine di vero compiacimento, senza dimenticare di descrivere la cuoca cicciona e la bellissima figlia mora del proprietario. Un altro libretto del 1927 descrive e si compiace della vera cucina veneziana.
Ma basta guardare alcune foto appese alle pareti per sentire il respiro della storia
C’è Peggy Guggenheim, la miliardaria americana che aveva scelto Venezia, fotografata mentre entra nella locanda circondata dai suoi amatissimi cani e accompagnata in fondamenta dal “gondolier de casada”. Credo l’ultimo a Venezia. Tra gli avventori abituali spicca Ezra Pound, il poeta americano dei Cantos che non parlava con nessuno, anche se, assicurano, con il vecchio “paron” Carrettin qualche parola sulla buona cucina veneziana, usciva fuori dalla sua bocca cucita. Aveva la mania di mangiare rivolto al muro per non farsi riconoscere. Poi Amedeo Modigliani, “veneziano” per tre anni. Oltre l’Accademia e le belle donne, era solito frequentare le pietanze del ristorante.
La magia del Molin
Il musicista Luigi Nono, anche lui con tavolo fisso, si ispirava musicalmente con l’atmosfera magica del locale. Aveva gusti strani: ordinava a “mamma Rita” la padrona, cefali ai ferri che mangiava solo freddi. Il primo spartito originale del suo Prometeo del 1984 figura in bella mostra. Poi c’è l’angolo riservato agli artisti. Da squattrinati cronici, avevano l’abitudine di pagare in natura, ovvero quadri. Ecco il motivo per cui le pareti sono tempestate di colori. Da Saetti a Vedova, da Santomaso a Tancredi.
Tutti i miti al Molin
Negli scatoloni dei ricordi, con tante recensioni e personaggi illustri, spicca il presidente americano Jimmy Carter e l’ex segretario comunista boemo Alexander Dubcek. Una volta ottenuto il permesso di lasciare il suo paese volle venire in Italia e mangiare qui le specialità culinarie. Yoko Ono, l’artista vedova di John Lennon, prese in affitto tutto il locale per festeggiare il suo ingresso alla Biennale. C’è anche una nota curiosa recente: una famosissima attrice americana ha voluto per lei l’esclusiva del ristorante per mangiare con i suoi amici, ma ha preteso con tanto di carte legali, la totale privacy. Non si poteva dire nemmeno se ha apprezzato il risotto di “caparozzoli”, pardon, vongole veraci.