La notizia, nella sua brevità, è volata fin qui, via radio, come un respiro, ed è sperabile abbia attirato l’attenzione di un pubblico vasto e sensibile quando è stata ripresa dal Tg regionale e dai quotidiani: il vento dell’Attualità l’ha subito rapita, ma ha lasciato il segno: due giovani sposi di Zero Branco (Treviso), Gioia e Gianmarco, hanno trasformato le bomboniere destinate agli invitati in… sessanta piantine offerte al Comune e già messe a dimora in un parco in via di costruzione, neonato.
È una notizia di valore anche civico che sicuramente avrebbe commosso lo scrittore trevigiano Giovanni Comisso che proprio a Zero, quando aveva all’incirca l’età di questi ragazzi, si ritirava nella sua casa al ritorno dagli avventurosi vagabondaggi nel mondo che sarebbero diventati affascinanti racconti giornalistici; e proprio nel silenzio campestre avrebbe scritto il famoso romanzo La mia casa di campagna, pubblicato nel 1958.
Il gesto generoso ed ecologico dei due giovani trevigiani si segnala per la sua originalità e realismo: un albero è un vivente come noi e il suo tempo dura più a lungo di un confetto; il dono è un atto privato che si è trasformato in bene pubblico. Poteva essere un regalo di Natale, ma è qualcosa di più: quei sessanta virgulti di carpino, olmo e biancospino da loro piantati nella terra comune – terra patria – sono un progetto che li infutura.
Bellissimo questo verbo! Già i due donatori sono proiettati nel domani come genitori di una bambina di diciotto mesi, e da oggi lo saranno – con i loro invitati – come madrina e padrino di centinaia di creature che un giorno stormiranno, daranno frutto e faranno ombra ai “cuccioli d’uomo” di oggi e che verranno.
Detto sottovoce, questi sono gli ambientalisti che amano il mondo dell’umanità e si fanno amare.
Globalizzato sarà lei
Un virus di nuova creazione, tutta umana, non naturale, ci tiene sotto minaccia pandemica. Si chiama globalizzazione, e potrebbe essere una rivoluzione per il genere homo, ma anche una in-voluzione prossima ventura se considerata da un altro punto di vista. Un mondo ricucito da compromessi geopolitici non è propriamente unificato, non il globo di color azzurro come si vede dallo spazio.
“È il presente che brucia”, dice una voce al telefono, “e non è una poesia: ci viene addosso come il vento: lo senti ma non lo prendi, sembrerebbe quasi uno spiritello del nostro folclore piuttosto aggressivo; se non fosse, purtroppo, un veicolo d’infezione mentale”.
Eh già, il Mondo Tecnopolitico – una divinità di questi tempi che ti chiede il voto anche senza election day – ci inonda con i suoi fluidi ipnotici, con lo spray del suo blabla ossessivo e anestetizzante che ha il potere di assorbire il nostro Io nell’universale Noi. Pensare la globalizzazione come forza che spiana le montagne e raddrizza le strade è un pio desiderio, un’idea miracolistica che non aiuta a capire la Realtà e i suoi frammenti.
“L’informazione mondiale”, dice il pessimista, “non nasce più come libero volo di notizie ma come somma di bollettini pubblicitari. Siamo inglobati in una nuvola, uomini-merce di valore che compra o scambia altre merci (denaro, libertà, denaro, benessere, visibilità, denaro, amori proibiti, denaro…)
L’unica vera globalizzazione, fa male dirlo, non è nemmeno la Rete, ormai piena di buchi neri fuori dalla storia, ma l’inquinamento universale, che non conosce smagliature: i suoi veleni hanno conquistato e infettato ormai il suolo terrestre, il mare, l’aria e ogni luogo umanamente colonizzato. “Per non parlare delle nostre anime” commenta amaramente il saggio.
Notizie vere e notizie false
Lo storico francese Marc Bloch (1886-1944) sperava che la “scienza della testimonianza” avrebbe consentito ai suoi colleghi di “ripulire con mano più abile l’immagine del passato dagli errori che la offuscano”. La frase si trova in un saggio leggibile oggi nel volume di ricordi 1914-15 e riflessioni 1921, intitolato La guerra e le false notizie (Donzelli, 1994). Meditazioni che segnalo per la loro attualità come poche altre visto come i nostri giorni sono inondati da un flusso costante di “narrazioni” e di “testimonianze” dal sanguinoso fronte ucraino (cioè europeo). Anche noi viviamo sotto un bombardamento: quello quotidiano di notizie e fake news.
“Le false notizie, in tutta la molteplicità delle loro forme – semplici dicerie, imposture, leggende – hanno riempito la vita dell’umanità”, alterando i fatti e inserendosi “nel campo della psicologia collettiva”: così Bloch, con l’amaro in bocca, ci avverte con il suo linguaggio scarno e preciso mentre affronta e svolge il tema che rifletteva la duplice esperienza di vita militare da lui vissuta in prima persona durante la Prima e la Seconda guerra mondiale.
Di religione ebraica, e impegnato nella resistenza, Marc Bloch fu catturato dai nazisti nel 1944, torturato e fucilato a colpi di mitra insieme ad altri partigiani. Il suo libro incompiuto, che potremmo sentire come suo “testamento” di studioso, porta il titolo Apologia della storia o mestiere di storico: fu pubblicato postumo (in edizione italiana nel1950 da Einaudi).
Il fantasma
(poesia)
Un fantasma ci fa visita
e chiama da lontananze
profonde e tumultuose
prima di toccarci il cuore.
È forse una parola perduta,
un gesto da perdonare,
forse il suonatore di violino
sotto i portici della tua città.
Questo so: quel fantasma
è vivo come il soffio
del vento, come il fiato stanco
dei pellegrini. È l’Altro,
che si ferma al confine dei sensi
come il forestiero alla tua porta.
“Ma no” tu dici, “l’Altro sei tu,
siamo noi quel visitatore,
duplicati in uno specchio”.
Anonimo 2023