La Direttiva UE sull’efficienza energetica degli edifici non è ancora stata approvata e già solleva polemiche: l’iter parlamentare europeo inizierà il 9 Febbraio ma da noi il dibattito infuria, anche se solo sulla bozza. La direttiva prevede che l’adeguamento energetico degli edifici residenziali avvenga in due momenti distinti: raggiungere la classe “E” entro il 2030 e la classe D entro il 2033 (le classi sono in tutto dieci, dalla A4 alla G).
Le eccezioni della direttiva
Le uniche eccezioni previste riguardano edifici di interesse storico, luoghi di culto, case vacanza e fabbricati indipendenti (villette, ad esempio) con superficie coperta inferiore ai 50 metri quadrati. Una transizione del genere comporterebbe costi significativi per l’Italia, che ha un parco immobiliare vecchio e una larga diffusione della proprietà immobiliare. In meno di dieci anni si chiede ai proprietari di intervenire sulle loro case e ristrutturarle, senza però adeguate agevolazioni, con il risultato che il costo dell’operazione sarà sicuramente molto elevato e ricadrà in modo significativamente negativo sui cittadini.
Italia contraria
Il Governo italiano si è già detto contrario all’ipotesi dell’obbligo all’adeguamento imposto dalla direttiva, perché un tale obbligo da mettere in atto in così poco tempo significa costose ristrutturazioni in un momento già difficile per l’economia; inoltre, così facendo, si svaluterebbero gli immobili di classe energetica inferiore. In Italia, in base ai dati ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili), il 74% degli immobili non è in regola e si contano oltre 9 miliardi (!!!) di edifici residenziali su 12,2 che dovrebbero essere oggetto di interventi di efficientamento. Inoltre, i tempi ridottissimi determineranno un’enorme tensione sul mercato, facendo lievitare i prezzi e, com’è già successo con il Superbonus 110%, provocando l’impossibilità di trovare materie prime, ponteggi, manodopera qualificata, ditte specializzate, professionisti, ecc..
L’iter di approvazione
L’arrivo della versione definitiva della direttiva è previsto per il 9 Febbraio e la discussione non sarà per nulla facile né tantomeno veloce, visto che a oggi vi sono già oltre 1.500 emendamenti. Poi, nell’aula di Strasburgo, il testo verrà votato e dovrà passare in seguito dal Consiglio UE, formato dai Capi di Stato e di Governo dei 27 Paesi Membri. Tempi stretti per proporre modifiche al testo della direttiva europea, anche perché la presidenza di turno svedese vuole chiudere la partita entro sei mesi massimo.
Il “no” alla direttiva UE
La posizione del nostro Governo sulla direttiva europea è abbastanza chiara: va bene, ma non nei tempi fissati dall’UE. In effetti, mettere in atto una transizione energetica che riguarda almeno il 75% delle case e degli edifici italiani ha come massimo ostacolo il tempo. Effettuando l’efficientamento energetico degli edifici si otterrebbe un taglio sui consumi del 25% circa, cosa da fare senz’altro tra il 2040 ed il 2050 per raggiungere finalmente lo stato di edifici a (quasi) zero emissioni: a chi non piacerebbe!
Ma dobbiamo prendere atto del fatto che, con le sempre maggiori difficoltà per la cessione dei crediti edilizi, le incertezze sui bonus e le continue modifiche normative, è del tutto utopistico pensare di centrare gli obiettivi prefissati dalla direttiva nei tempi proposti. È doveroso riconoscere la necessità impellente di un piano di questo tipo, solo che è indispensabile immaginarne la realizzazione in tempi più lunghi e, soprattutto, con risorse più corpose derivanti, in primis, dalla liberalizzazione della circolazione dei crediti fiscali.
Lo start per la direttiva al 9 Febbraio prossimo
La discussione sul testo della direttiva riprenderà in Commissione Energia del Parlamento Europeo il prossimo 9 Febbraio; il che significa che rimane davvero pochissimo tempo per apportare le indispensabili e, perciò, auspicabili modifiche. Se la proposta di direttiva non dovesse essere modificata nella parte relativa ai tempi di esecuzione e raggiungimento degli obiettivi e a quella relativa alle classi energetiche, in pochi anni dovranno essere ristrutturati milioni di edifici residenziali; in pratica, una sorta di “eco-patrimoniale europea”. Senza considerare che in moltissimi casi gli interventi richiesti non saranno neppure materialmente realizzabili, per via delle particolari caratteristiche degli immobili interessati.
Oltre ai timori, più o meno fondati, legati a questa direttiva, ci sono ovviamente dei vantaggi, soprattutto delle grandi opportunità: migliorare una volta per tutte la qualità del nostro abitare e della nostra salute
Il 36% delle emissioni inquinanti generate in Europa proviene dagli edifici, mentre l’intero parco immobili rappresenta il 40% dei consumi energetici totali. Per questo nel 2020 la Commissione europea ha presentato la Renovation Wave Strategy (più o meno: Strategia dell’Onda di Rinnovamento), che mette insieme una serie di obiettivi chiave in termini di riduzione delle emissioni e di raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica: raddoppiare il tasso di riqualificazione energetica degli edifici rispetto ai livelli attuali; migliorare la qualità dell’abitare; creare occupazione, in particolare per le piccole e medie imprese.
E, da questo punto di vista, si palesano altri vantaggi e altre opportunità. La maggioranza delle imprese nel settore costruzioni sono microimprese o PMI; inoltre, questo comparto, che offre 18 milioni di posti di lavoro diretti e rappresenta circa il 9% del PIL dell’UE, ha un ruolo chiave per la competitività, in quanto è un comparto lavorativo composto principalmente da imprese locali. Con l’attuazione della Renovation Wave, si prevede la creazione di ulteriori 160.000 posti di lavoro e questo ha chiare implicazioni per gli Stati Membri in termini di occupazione nazionale.
Il reperimento dei fondi
Per quanto riguarda la disponibilità di fondi per finanziare la riqualificazione, la Recovery and Resilience Facility (lo Strumento per la Ripresa e la Resilienza), dedica il 37% delle risorse agli investimenti legati al clima: se gli Stati membri ne utilizzassero anche solo un terzo per la riqualificazione degli edifici, nei prossimi anni avremmo a disposizione oltre 80 miliardi di Euro. Per questo, in un recente sondaggio, il 77% dei professionisti del settore chiede alla politica di proseguire sulla strada della riqualificazione energetica. Il 9 Febbraio ci aspettiamo un confronto molto accesso ma, successivamente, il testo passerà all’aula per il voto che chiuderà questa fase, per poi avviare un ulteriore negoziato politico in sede di Consiglio dell’UE, formato dai capi di Stato dei 27 Paesi membri.