Il suo libro scritto agli inizi del ‘700 in India, “Historia del gran Mogol”, concepito quando era già anziano, è una testimonianza molto nota agli studiosi in Francia, Germania, Gran Bretagna. Si tratta di una meticolosa descrizione dell’India del ‘600 sotto l’impero Moghul dei discendenti di Tamerlano. Storici e ricercatori indiani attingono ancora oggi dalla preziosa fonte colma di miniature e disegni che descrivono la vita dell’epoca. L’autore è il veneziano Nicolò Manucci.
Chi era Manucci
Una vita spericolata di un ragazzino scappato da casa a San Stin, nel 1653, dove suo padre faceva lo spezier. Morirà ultra-ottantenne in India, dopo aver fatto di tutto. Il valletto per un nobile inglese, l’artigliere, il diplomatico, il medico-chirurgo famoso, lo scrittore. Parlava perfettamente francese, inglese, portoghese, turco, persiano, l’hindi, oltre naturalmente il veneziano. Il suo sogno dopo 70 anni di vita in Oriente, era di tornare a vivere a Venezia, ma non ci riuscì. Morirà in India sognando la laguna.
La vita di Nicolò Manucci meriterebbe un film, come un Marco Polo o un Cristoforo Colombo
A 15 anni, all’insaputa del padre, con cui non andava d’accordo, si imbarca clandestino in una tartana alle Zattere. Direzione Istanbul. Piero Falchetta (Storia del Mogol di Nicoló Manucci venezian, 1986) e Marco Moneta (Un veneziano alla corte del moghul, 2018), i due massimi studiosi italiani sull’argomento, avanzano però qualche perplessità.
Come può un ragazzino passare inosservato in piccola nave di nemmeno 30 metri?
Fatto sta che sulla tartana diretta in Turchia c’è un diplomatico inglese, Henry Bard, visconte di Bellomont, che lo assume come valletto. Dopo tre anni di peregrinazioni, mentre l’adolescente veneziano impara il turco e il persiano, Nicolò Manucci arriva a Surat in India. E qui che si improvvisa artigliere per le rissose fazioni guerriere Moghul e grazie alle sue abilità diplomatiche diventa un personaggio di corte imperiale. Sarà un medico ebreo veneziano, Angelo Legrenzi, ad avviarlo alla professione sanitaria che riscuoterà un successo enorme. Manucci con la sua conoscenza di erbe e di pozioni segrete, diventa una celebrità nell’India del ‘600, soprattutto per i maschi in difficoltà con l’impegnativo harem. Manucci è un antesignano del viagra per tutti i sultani.
Per Manucci giustizia solo dopo anni
In India, nelle dispute religiose tra missionari Gesuiti e Cappuccini, Manucci, tifa per i secondi, criticando i disinvolti modi di conversione in massa tra le popolazioni indiane. I manoscritti dell’enciclopedica “Storia do Mogor”, un misto linguistico tra italiano, francese e portoghese, oggi sono conservati a Berlino (Staatbibliotheke), Parigi (Bibliotheque Nationale) e Venezia (Marciana). Un fatto fece però scalpore agli inizi del ‘700. Un gesuita francese, tale François Catrou, si attribuì la paternità dei manoscritti e pubblicò il libro a Parigi ottenendo un successo editoriale e finanziario clamoroso. Dopo tanti anni Manucci ebbe giustizia.
Un veneziano che Venezia non conosce
Ma dopo quattro secoli nella sua Venezia, resta ancora praticamente uno sconosciuto.