Zizzaghiamo questa settimana, nel calcio non mondiale, in qualche lutto e altre notizie. E su una Juve proprio storta
Calcio, dunque la morte di Carlo Facchin, da Portogruaro alla coppa Italia con il Torino.
È stato un buon attaccante, dal ’58 al ’72, con Mestrina, Spal, Rimini, Monza, Reggiana, Catania in serie A, 4° nella classifica cannonieri di quella stagione, con 13 gol, 3 anni al Torino (di nuovo fra i migliori marcatori), il Vicenza, la Reggina. Passaggio all’Almas, in serie D, e chiusura nella Lazio. Da allenatore la serie C conquistata a Siracusa, 14 panchine in tutto. Fu ct del calcio a 5 in due volte, fu quarto agli Europei e ai mondiali uscì nel girone di qualificazione alle semifinali, nel ’96. Chiuse da ct dell’Italia femminile, nel ’99.
È scomparso a Forlì, a 89 anni, Ercole Baldini
Conosciuto come ‘Il treno di Forlì’ dove era nato il 23 gennaio 1933 è stato campione olimpico a Melbourne nel 1956, ha vinto il Giro d’Italia nel 58 e il mondiale di Reims nello stesso anno. Nel ’56 fece segnare anche il record dell’ora: al Vigorelli di Milano arrivò a 46,394 strappandolo il primato al francese Jacques Anquetil. Baldini aveva anche fatto il suo ingresso nella Hall of Fame del Giro, nel 2016. Era un omone che avevamo conosciuto a una cena del ciclismo, una quindicina d’anni fa, di grande generosità. Era reduce da un ricovero in ospedale. Si era guadagnato diversi soprannomi, tutti di ispirazione ferroviaria, anche il Diretto, il Direttissimo, l’Elettrotreno. La sua specialità era la cronometro, ma aveva vinto tanto anche nelle corse in linea. Uno dei suoi rivali era il padovano Leandro Faggin, campione del mondo a cronometro nel ’54 e battuto ai mondiali su pista di Copenaghen due anni più tardi dal romagnolo.
Il ritiro arriverà molto presto, nel 1964, dopo appena 7 anni di professionismo. Fu ds, presidente dell’associazione ciclisti e anche della Lega ciclismo.
Atletica, il presidente della Iaaf Sebastian Coe è stato a Roma, per il World Athletic Council
Ha parlato del doping, con particolare attenzione ai recenti casi in Kenya, che dal 2016 è stato classificato come paese di categoria A, quella più a rischio, nella watch list della Wada. Da inizio anno, 17 keniani sospesi dall’Athletics integrity unit. “Il Paese promette più test antidoping e più investigazioni per risolvere il problema. In Russia sono stati fatti progressi, con pratiche di buon governo. Finché ci sarà la guerra, però, non vedremo atleti russi nelle nostre gare”. Il presidente dell’atletica ucraina Yevhen Pronin ha invece ricevuto il “president’s award”.
E poi c’è la Juve, il terremoto che l’ha investita. Andrea Agnelli andrà a processo, addirittura c’era la richiesta di arresto, sul suo conto, scongiurata perché è svanita l’ipotesi di reiterazione di reato
“Per fortuna alla luce delle recenti visite ci siamo fermati”, disse il ds Federico Cherubini, riferendosi alla prassi delle plusvalenze e agli accertamenti della Consob, in una conversazione intercettata dalla guardia di finanza il 22 luglio 2021. Cherubini non è indagato, questa frase è uno degli elementi su cui poggia la decisione del gip del tribunale di Torino di non accogliere le richieste di misure cautelari e interdittive per Andrea Agnelli e altri dirigenti della Juve, comunque per il presidente dimissionario e altri 12 è stato chiesto il rinvio a giudizio. Secondo Cherubini, era il suo ex capo area, Fabio Paratici, piacentino, a esagerare con le plusvalenze fittizie, forte del fatto che le punizioni sono sempre state minime o nulle, da parte della giustizia sportiva. Che in effetti l’ha assolto.
Juve due
«Con Fabio non si poteva ragionare – diceva Federico Cherubini -. Finché c’è stato Marotta gli metteva un freno. Quando è andato via ha avuto carta libera. Tutte le plusvalenze sono artefatte nei valori: se torniamo a essere bravi le avremmo sane come facevamo un tempo. Io l’ho detto a Fabio: è una modalità lecita ma hai spinto troppo. E lui mi rispondeva: “Non ci importa nulla, perché negli scambi se metti 4 o metti 10 è uguale, nessuno ti può dire nulla”. Fabio si poteva svegliare la mattina e firmare 20 milioni senza che nessuno gli dicesse niente”. A questo punto interviene, nelle telefonate intercettate, già direttore finanziario: «La situazione è davvero delicata. Io in 15 anni faccio un solo paragone: Calciopoli. Qui è peggio di Calciopoli. A Calciopoli ci sputavano m… addosso, qui alla Juve ce la siamo creata noi».
Juve tre
Intanto la Uefa indaga, tramite la sua commissione, “per presunte violazioni delle regole di licenza e financial fair play”. La Juve aveva accettato una multa di 3.5 milioni, con altri 19.5 da pagare in caso non venissero rispettati ulteriori paletti sugli esercizi delle prossime tre stagioni. A far indispettire parecchio Nyon, più ancora dell’eventualità che la licenza Uefa possa poggiare su fondamenta fragili (qui subentra l’inchiesta della procura Figc), è il sospetto che quell’accordo sia nato da dati falsati: l’Uefa parla infatti del rischio di una situazione “significativamente diversa da quella valutata” al momento di un accordo concluso sulla base dei dati finanziari forniti dalla Juve per l’arco di tempo dal 2018 al 2022: in gran parte, gli anni al centro dell’inchiesta torinese. Se verranno accertate irregolarità, la Juve sarà esclusa dalle coppe europee per almeno una stagione. I pubblici ministeri si muovono lungo un doppio binario: le presunte plusvalenze ‘artificiali’ per un totale di 155 milioni e le irregolarità che hanno accompagnato le ‘manovre stipendi’ del 2020 e 2021.
Secondo il gip Ludovico Morello, sulle plusvalenze non si può escludere a priori la buona fede della Juve: “Diventa difficile ipotizzare un discostamento consapevole, e quindi doloso, dai corretti criteri di valutazione”. Sulla manovra stipendi, per il giudice sono emerse circostanze “certamente illecite”. Ci sono almeno una trentina di milioni (compresi i 19 rivendicati da Cristiano Ronaldo) che non tornano nei conti.