“Immagini” di Alessandro Casagrande, ingegnere mestrino ma con lavoro in Centro Storico, è un romanzo sull’amicizia. Ma è la Fotografia la vera protagonista. Alla Casa dei Tre Oci di Venezia, sito imperdibile per le mostre fotografiche, un appassionato insegnante sta concludendo coi propri allievi un percorso di studi. La personale è dedicata a Fabrizio, l’ultimo dei grandi fotografi veneziani. Famoso per aver conosciuto il successo nonostante sia stato colpito dalla Sla. Grazie agli scatti di Fabrizio, si ripassano gli argomenti delle lezioni, ma soprattutto si rievoca la storia del protagonista e del suo amico Davide, altro fotografo di fama. Dai tempi delle medie alla vita adulta, si ripercorrono le tappe della crescita propria e professionale. Coi successi e gli insuccessi, le speranze e le disillusioni, le vecchie e le nuove passioni, gli amici, i familiari, le avventure, gli amori e le inevitabili separazioni.
Ogni istante sarà eternato dall’obiettivo di una fotocamera. Infine la malattia, giunta a segnare il futuro e ad allontanare chi potrà viaggiare da colui che resterà a scattare a casa. Chi mai rinuncerà al bello da colui che dovrà altresì confrontarsi con l’orrore
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“Immagini” ha preso forma durante il lockdown, come ha trascorso il lungo isolamento?
“Sono stato tra i fortunati a lavorare sempre in presenza, non ho subito un’oppressiva reclusione. Ovviamente nei weekend ero anch’io rinchiuso in casa, ma la pandemia mi ha regalato anche emozioni irripetibili, come la visione di una Venezia immaginifica dall’atmosfera ammaliante. Da viaggiatore incallito, ho invece sofferto l’impossibilità di pianificare nuove avventure a cui legare l’altra mia passione che è la fotografia. Sognare, però, non è mai precluso e la scrittura è stata il mezzo per continuare a farlo”.
Come nasce la passione per la fotografia? “Immagini” è di fatto un manuale di fotografia innestato in un romanzo?
“A mio padre piaceva fotografare. In uno scaffale della mia cameretta aveva raccolto volumi dettagliati sull’argomento. Ho iniziato a sfogliarli e l’interesse si è accresciuto. Solo in età adulta, quando ho cominciato a viaggiare, è però sbocciata la vera passione. Ho così affinato la mia tecnica sia su libri, sia frequentando mostre fotografiche, in particolare alla Casa dei Tre Oci alla Giudecca. Si può tranquillamente definire il romanzo “Immagini” come un insolito manuale per gli appassionati, perché vi ho inserito tutto ciò che conosco sulla fotografia. Ciononostante, anche chi non è affascinato dall’argomento potrà trovare altre tematiche d’interesse e una storia che, spero, sia avvincente”.
Un’altra sua grande passione è il viaggio, ma è possibile pensare di viaggiare senza fotografare? O la fotografia è un elemento essenziale del viaggio?
“Per i più la fotografia oggi è un ostacolo al vero viaggio. È diventata solo un mezzo per mostrarsi sui social, quindi si scatta a caso in ogni istante, perdendosi l’atmosfera del momento. Un appassionato fotografo, invece, la vive in modo differente. Già prima di partire io approfondisco la conoscenza di usi e costumi locali col fine di preparare l’occhio, poi sul campo mi soffermo sui dettagli e sulle peculiarità dell’istante, cosa che moltiplica le emozioni rendendo il viaggio più intenso. La reflex è per me una compagna inseparabile”.
Nei suoi romanzi c’è sempre un aspetto di impegno sociale, in Immagini tratta il tema della SLA. Perché, e come si è documentato?
“Avevo la necessità di creare un personaggio ancorato fisicamente a Venezia, in antitesi all’amico reporter giramondo. I due protagonisti dovevano inoltre manifestare una sofferenza di natura contrapposta, che non avrebbe comunque precluso il loro successo. Ho letto parecchi testi sulla SLA e ho recuperato in internet ogni tipo d’informazione. Non ho avuto contatti diretti con malati, ma quando ho consegnato il testo all’AISLA per un parere d’esperienza, mi hanno fatto i complimenti. Una soddisfazione enorme”.
A chi si rivolgono i suoi romanzi? Come guarda al lettore?
“Amo Venezia, la vivo sia da foresto, sia da cittadino (abito da sempre a Mestre, ma lavoro in Centro Storico), pertanto i miei “romanzi veneziani” si rivolgono innanzitutto a chiunque provi lo stesso amore. Spaziando tra generi e tematiche molto differenti, è difficile identificare un lettore tipo. Nello scrivere inserisco vari spunti di riflessione, poi ognuno farà le proprie considerazioni”.
Cosa rappresenta la scrittura per lei? Pensa che la parola possa svolgere contribuire alla costruzione di nuovi paradigmi culturali, visto che i vecchi modelli di società si stanno disgregando?
“La scrittura mi diverte, mi stimola e mi sprona ad ampliare i miei sguardi prima di offrirli ai lettori. Non ho però particolari velleità. La parola può certamente contribuire a nuovi modelli culturali, ma è una missione che lascio ad autori più titolati di me. Ad oggi è così, in futuro chissà…”.