Hanno pensato di morire a due giorni di distanza, entrambi nati nel 1935, entrambi isolani, entrambi campionissimi di voga alla veneta. Bepi e Ciaci, al secolo Giuseppe Fongher e Sergio Tagliapietra . 87 anni, per una Venezia che sta sparendo, erano due eroi delle regate in laguna. Avevano vinto più di tutti. In coppia addirittura otto volte di seguito, la regata delle regate, ovvero la Storica in Canal Grande. Hanno fatto i funerali separati nella stessa chiesa parrocchiale di Pellestrina, alla stessa ora con un giorno di distanza, facendo il pienone come non succedeva da tempo. Unico assente, più o meno giustificato, il sindaco di Venezia.
Bepi e Ciaci non solo campioni di voga
Sto pensando a quei lettori che non conoscono le dinamiche locali e sociali della laguna per far capire cosa significano due vecchi campioni della voga. Al funerale di Ciaci in chiesa, spiccava il vessillo di Battaglia Terme, in provincia di Padova. Ciaci arrivava fino a lì, già paesotto dei barcari, vicino ai colli Euganei. Perché la laguna, con le sue ramificazioni, giungeva in tutto il Veneto. A Treviso c’è calle dei buranelli, a Pordenone c’è, sul Sioncello, l’arrivo delle barche S.Marco, a Padova, c’è Porta Grimana, a Marano e a Grado, aspettano da sempre l’arrivo delle barche da Venezia, a Mestre, Canal Salso il numero dei barcari di terraferma, superava di gran lunga quello dei veneziani.
Perché Bepi e Ciaci erano due fossili viventi?
Ciaci, per ordine di suo padre, pescatore buranello, andava nelle “piazze” di Casale sul Sile e Treviso, a portare il pesce raccolto in laguna. Aveva più o meno 10 anni. Piangeva, soffriva, viveva anche di notte in barca, una pesante caorlina da seragia. Bepi scorrazzava da ragazzo in tutta la laguna da nord a sud, da Chioggia a Cava Zuccherina, pardon…Jesolo. Cominciavano dunque a vogare e a trasportare, da soli, la preziosa merce ittica fin da bambini. Non erano tempi per disubbidienti viziati al telefonino. Conoscevano la laguna come gli stessi uomini del Medioevo, prima che la civiltà del motore e della modernità travolgesse tutto. Sono rimasti nel ‘900 arroccati come reliquie viventi. Diventare campioni de remo, era il sogno di tutti i ragazzi della laguna, come oggi partecipare ad un reality. Scusate il paragone.
Il merito del Gazzettino
Nell’800, fu un grande merito del Gazzettino, quotidiano popolare, a riportare nelle pagine locali, per primo, le regate e le foto dei campioni. Pippa, Verzotto, Scuciaro e Scuciareto, i fratelli Crea, Lupo, divennero presto delle star popolari. Come Strigheta, che in tutte le isole della laguna veniva portato in trionfo, soprattutto dalle ragazze…
Un giorno ebbi la fortuna di vogare con Ciaci
Voleva impostarmi in una regata importante, dove poi arrivai ultimo. Eravamo in pupparino nel canale della Certosa e l’acqua era calante. Una contraria fortissima. Ciaci mi grida: “Maurizio, va ai reorzi”. Reorzi? Ma che lingua sta parlando. Si riferiva i vortici d’acqua creati dalle bricole che provocano per pochi metri una corrente a favore. Aveva ragione Ciaci. Ma non era colpa mia se il suo tessuto lagunare di secoli, la sua pelle, si scontrava con la mia moderna passione per la voga.
Bepi Fongher aveva la stessa sensibilità animalesca. Studiava il percorso della regata, annusandolo. Stava ore ad analizzare la posizione della forcola, o l’elasticità del remo in faggio, oppure la posizione delle sue gambe, per dare maggior forza alle braccia, a seconda del percorso, del vento, della corrente. “Sei hai il vento in forcola fai più fatica”, mi disse. Vento in forcola? Ma che lingua parla.
Quando Bepi e Ciaci fecero la storia
Un giorno alla partenza della Storica, lui e Ciaci, vengono sorteggiati con il numero 9 d’acqua. L’ultimo. Per chi è un esperto, significa vittoria mancata. Partire dai Giardini della Biennale, in mezzo al canale, mentre l’acqua è calante, vuol dire handicap pesante, sconfitta sicura. Bepi studia il percorso e ordina a Ciaci di stare alla larga dal gruppo degli altri regatanti. Tutti puntano all’ingresso in Canale alla Salute. Bepi arriva largo, anche se ultimo, e da lì, libero in campo, comincia con i sorpassi. A un centinaio di metri dell’arrivo a Ca’Foscari, sono secondi. Parte la frase proverbiale, ricordata al funerale dalla figlia di Ciaci, Maria Vittoria Tagliapietra. “Dai, dai ancora diese (vogate…) de bone”.
E ci mettevano il cuore e la mente, più che i muscoli
Mi vengono in mente due frasi proverbiali. Ciaci: “Se ognuno, in questa società asciugasse, la propria barca, non ci sarebbero ingiustizie”. Bepi: “Come in regata, posso dire di avere dato tutto nella vita. Posso morir tranquillo. Dove no’ riva i brassi, ‘riva la pignata! E mi, no gò mai dormìo da pie”.
Ciao Bepi e Ciaci, un museo delle tradizioni tutto per voi, sarebbe troppo piccolo.