“Il centro storico di Venezia perde i suoi abitanti, alcune isole dell’estuario rischiano di diventare più deserte che nei tempi precedenti la calata di Attila…”. Sto leggendo con attenzione il Gazzettino e gustando un caffè. Le pagine però sono un po’ ingiallite e il giornale non è di oggi. È del maggio 1968, quello della rivoluzione parigina. 54 anni fa, in pratica due generazioni. Sono le parole, virgolettate, del poco rivoluzionario e molto democristiano ing. Armando Favaretto Fisca, sindaco di Venezia, “campagnolo” di Gambarare, che esterna ai cronisti le sue perplessità sul futuro della città .
Di cosa parla quel Gazzettino
Nello specifico, sta parlando del futuro di Murano e del vetro (e mai argomento fu così attuale…). Favaretto Fisca raccoglie le lamentele delle 22 vetrerie e 600 operai dell’isola muranese. Ricorda che Sacca Serenella e Sacca San Mattia, da poco costituite (assieme a Sacca Fisola e alla sacca del Tronchetto…) sono più di dieci ettari e che dovrebbero essere l’occasione per collegare Murano con la terraferma di Tessera e San Giuliano, per ridurre i costi di produzione del vetro e così garantire un futuro ai lavoratori. Il “campagnolo” Favaretto Fisca, si menziona, ha parlato con gli onorevoli Mario Ferrari Aggradì, Vincenzo Gagliardi e Costante Degan e argomenta con riferimenti storici. La sacca di San Mattia è cominciata nel 1920 con in rifiuti delle botteghe artigiane, quella della Serenella più tardi. Solo nel 1942 il Genio Civile è intervenuto per disciplinare l’area. Il collegamento con la terraferma a Murano avrebbe portato dunque a molti benefici. È il momento di muoversi.
Favaretto Fisca
Favaretto Fisca si allarga nel discorso e cita il lavoro di tre professionisti: La Penna, Marsetti e Sopelsa, per avvalorare gli studi dell’ingegner Eugenio Miozzi, all’epoca pensionato del Comune, per parlare di metropolitane sub-lagunari. Il professor Pierluigi Sopelsa, artista e scultore, insiste per collegare il Lido con la terraferma. Si parla di soldi. Tre miliardi di lire, per creare un fronte opposto a quello di Piazzale Roma. “Un ponte tra le Vignole e l’isola della Certosa, consente di usufruire, ad un passo dal Lido e a un passo dalla zona dell’Arsenale, come un terminal che potrebbe, ma ben occultato tra gli alberi (sic!), essere l’ultimo balzo verso il Lido. Si creerebbe così un ponte mobile costituito da un ferry boat in costante movimento”.
Non erano solo visionari i nostri vecchi. Con pochi investimenti si creerebbe – dicono – un fronte opposto a quello industriale di Marghera e di Mestre. Con in mezzo Venezia.
Ma i nostri progettisti di una Venezia diversa, per il XXI^ secolo, si spingono più in là
Ricordano il ministro, mezzo muranese Giovanni Giuriati (1876-1970), subito rimosso perché tutto fascista e l’ing. Vittorio Umberto Fantucci (1873-1957) che nel 1933 con il ponte automobilistico costruito in pochi mesi, aveva contribuito al successo dell’ingegner Miozzi e alla costruzione del più grande garage d’Europa a Piazzale Roma.
Ricordano, sempre nel maggio del ‘68, l’imprenditore friulano Pietro Biondetti-Crovato che voleva, in pieno periodo austriaco, portare la stazione ferroviaria all’isola di San Giorgio Maggiore, di fronte San Marco e promuovere i collegamenti diretti con Chioggia, attraverso la Romea. Ma non fu ascoltato.
Anche nel lontano 1951, il sindaco Angelo Spanio (1892-1976) elaborò uno studio di autostrada lagunare
Era diviso in tre parti. Via Fausta, Sant’Erasmo-Vignole, Certosa. Miozzi con un saggio “La nuova metropolitana di Venezia” parla di diversa geografia abitativa per la città. “Rinnovamento delle reti della mobilità e dei commerci, una volta appoggiato dalle rotte marittime, ora alla trama dei collegamenti nazionali e internazionali, nonché intralagunari….non solo industria e turismo ma territorio a larga scala”. Nel 1953, insiste pervicacemente ancora Miozzi nel Gazzettino, e propone l’autostrada Venezia-Monaco. “Occorre limitare l’isolamento di Venezia, creato dalla sua natura ibrida, per diventare parte integrante delle comunicazioni e infrastrutture internazionali”.
Roma non vorrà mai quell’autostrada, sentenziò un potente ministro veneto di allora, Antonio Bisaglia, nella prima pagina del Gazzettino del 1982, nell’evaporarsi del suo sogno doroteo-bavarese.
Ah..quel Gazzettino premonitore
Ma ancora nel 1969, ottantenne, Eugenio Miozzi non molla e promuove la sua ultima iniziativa per la città. “Il mio progetto consiste nella costruzione di due autostrade sommerse – dichiara al Gazzettino – la prima parte dal Tronchetto e dovrebbe estendersi nel sottosuolo lagunare che fiancheggia le Fondamente Nuove, e proseguire per la Certosa, Vignole, S.Erasmo sino a congiungersi con la via Fausta e Punta Sabbioni, assicurandosi così il proseguimento per Jesolo, Caorle, Lignano e Trieste. La seconda dovrebbe oltrepassare il canale Vittorio Emanuele e poi accompagnarsi, ma a conveniente distanza, alla sponda meridionale della Giudecca, e, sempre sommersa, dovrebbe raggiungere il Lido all’altezza della Quattro Fontane…”.
Intanto il Gazzettino di adesso riporta quella cifra…e Mestre si accoda
Lascio i sogni ingialliti di oltre mezzo secolo fa e riprendo in mano la cronaca locale di oggi: ticket si e ticket no per i turisti? 49999 residenti o 49890? Elezioni: nessun onorevole veneziano per la città. Mestre perde quattro abitanti al giorno…
Ritorno a sognare l’ingiallito 1968.