Una recente analisi targata Politecnico di Milano ha evidenziato come le giovani imprese siano le prime a farsi promotrici di tecnologie, servizi e modelli di business innovativi nell’agroalimentare. E questo è un dato che acquista ancora maggiore peso, perché rilevato all’interno di uno scenario di crisi alimentare diffusa. Delle 7.337 startup agrifood censite nel quinquennio tra il 2017 e il 2021 a livello mondiale, il 34% persegue uno o più degli obiettivi di sviluppo sostenibile inclusi nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, evidenziando come questi sforzi debbano essere contestualizzati in uno scenario di crisi alimentare globale. Nel 2021, infatti, ben 828 milioni di persone nel mondo hanno sofferto la fame e altri 2,3 miliardi di persone si sono trovate in stato di moderata o severa insicurezza alimentare. Una crisi che sta toccando anche il nostro Paese, dove nel triennio 2019-2021, oltre il 6% della popolazione ha avuto problemi di accesso al cibo. L’Italia si posiziona solo al 23° posto a livello mondiale per concentrazione di startup agrifood orientate alla sostenibilità, in una classifica che vede ai primi tre posti Norvegia, Israele e Nigeria. Lontani dal boom per il lavoro
50mila specie selvatiche rischio: gli studi di Ipbes e Fao sulla biodiversità
Oggi torniamo a parlare di biodiversità e di come la perdita di questa ricchezza possa impattare inesorabilmente sul nostro futuro. La minaccia dell’attività umana e i cambiamenti climatici mettono a rischio la sopravvivenza di diverse specie presenti sulla Terra, tra cui anche numerose piante selvatiche dalle quali dipende la sicurezza alimentare di circa un miliardo di persone. A sostenerlo sono due studi elaborati rispettivamente dalla FAO e da IPBES, la Piattaforma Intergovernativa Scientifica e Politica sulla Biodiversità e gli Ecosistemi delle Nazioni Unite.
Boom per il lavoro; sempre più occupati nelle rinnovabili: i dati principali
Da un nuovo rapporto dell’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili, in collaborazione con l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, emerge che l’occupazione nelle rinnovabili sta, fortunatamente, producendo sempre maggiori opportunità di lavoro, che vengono puntualmente sfruttate. L’Asia è il continente dove si concentrano i due terzi dell’occupazione del settore. La Cina da sola rappresenta il 42% del totale mondiale e da sola rappresenta il 63% dei posti di lavoro, seguita da Unione Europea e Brasile con il 10% ciascuno, e da Stati Uniti e India con il 7%. L’energia solare è il settore in più rapida crescita con 4,3 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo, ovvero più di un terzo dell’attuale forza lavoro globale nel settore delle energie rinnovabili.
Seguono i lavori nei biocarburanti e nell’energia idroelettrica, entrambi con 2,4 milioni di occupati e cresce anche l’eolico, con 1,3 milioni. Il Messico è il principale fornitore di pale per turbine eoliche, mentre il Brasile si conferma il principale datore di lavoro nel settore dei biocarburanti. Nel 2021 l’occupazione mondiale nel settore delle energie rinnovabili ha raggiunto 12,7 milioni, con un balzo di 700mila nuovi posti di lavoro registrati in un solo anno nonostante gli effetti della pandemia causata dal Covid-19 e la crisi energetica. Entro il 2030 il numero di posti di lavoro nel settore energetico potrebbe salire a 139 milioni, di cui oltre 74 milioni legati alla transizione energetica e ai settori della mobilità per mezzo di veicoli elettrici ma, soprattutto, dello sviluppo in più settori industriali della produzione di energia realizzata sfruttando l’idrogeno.
Boom per il lavoro: la situazione europea
In Europa sono circa 1,5 milioni i posti di lavoro nel settore delle rinnovabili, dei quali 1,2 milioni nei 27 Stati membri dell’Unione Europea.
L’Europa rappresenta circa il 40% della produzione mondiale di energia eolica ed è il più importante esportatore di attrezzature correlate. I settori che creano più occupazione nel continente sono:
- Biomassa solida: 360mila posti di lavoro
- Eolico: 351mila posti di lavoro
- Fotovoltaico: 292mila posti di lavoro
- Biocarburanti: 155mila posti di lavoro
- Biogas: 64mila posti di lavoro
Nel fotovoltaico, la Polonia rappresenta la più grande forza lavoro in tutto il continente. Altri paesi leader includono:
- Germania: 51.300 posti di lavoro
- Spagna: 31.500 posti di lavoro
- Paesi Bassi: 20.100 posti di lavoro
- Ucraina: 17.800 posti di lavoro
- Francia: 17.600 posti di lavoro
- Italia: 15.000 posti di lavoro
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Il già citato rapporto dell’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili, realizzato in collaborazione con l’Organizzazione Internazionale del Lavoro delle Nazioni Unite, ha rilevato che nel 2021, nonostante la pandemia e la crescente crisi energetica, c’è stata un’evidente crescita dell’occupazione nel settore delle energie rinnovabili. L’occupazione mondiale nel suddetto settore ha raggiunto 12,7 milioni l’anno scorso: un balzo di 700.000 nuovi posti di lavoro in soli 12 mesi.
Secondo il report, la crescita è dovuta anche a una maggiore attenzione alle condizioni di lavoro e, più in generale, alla qualità del posto di lavoro stesso. Secondo il report, però, anche altri Paesi del sud-est asiatico stanno diventando importanti centri di produzione del solare fotovoltaico e produttori di biocarburanti. L’India, per esempio ha aggiunto più di 10 Gigawatt di solare fotovoltaico; questo ha generato un notevole aumento dell’occupazione, ma l’India rimane ancora fortemente dipendente dall’importazione di pannelli. In Italia, invece, la forza lavoro impegnata nel settore fotovoltaico coinvolgeva circa 15.000 persone nel 2021.
Il boom per il lavoro tarda in Italia
Per quanto riguarda l’energia eolica, invece, i primi cinque Paesi con i più alti livelli di occupazione sono Cina, Germania, Stati Uniti, Brasile e Vietnam. Per l’energia idroelettrica, invece, i principali Paesi sono Cina, India e Brasile.
Il ruolo dell’Africa, come evidenzia il report, è ancora limitato
Ciò nonostante, crescono le opportunità di lavoro anche in questo continente, soprattutto per quanto riguarda gli impianti di energia rinnovabile decentralizzati. Secondo la Banca Mondiale, il continente africano è l’unico su scala globale a possedere i requisiti necessari per sfruttare al meglio l’energia solare. Ma anche quelle eolica e idroelettrica. Quest’ultima, oggi, equivale al 17% del totale di energia generata in Africa, percentuale che potrebbe raggiungere il 23% entro il 2040.
Una speranza per il boom per il lavoro
Oltre alle ragioni ambientali, si registra questa crescita anche perché le rinnovabili sono tecnologie ad alta intensità di occupazione. I cui impatti ricadono sul territorio in modo più diffuso rispetto alle fossili, che, al contrario, sono ad alta intensità di capitale.