Scusateci, ma torniamo sull’argomento mercato di Rialto. Oggi è tristemente svuotato di banchi di verdure e pescheria, con oltre mille metri quadrati abbandonati da 15 anni e di proprietà dei Civici Musei. Opera neogotica del 1907 di Domenico Rupolo, con tanto di splendido loggione sul Canal Grande di fronte alla Ca’ D’oro. E non è finita qui. Il prossimo anno, con il trasferimento definitivo di tutto il tribunale a Piazzale Roma, sei mila metri quadrati delle Fabbriche Nuove, opera cinquecentesca del Sansovino, svuotate di ogni mobile, torneranno in uso alla città. Sono del Demanio, ma sarà il Comune a decidere la destinazione più congrua. Un tempo nei piani terra era occupato da artigiani e artisti.
Una foto simbolo
Una foto simbolo alla fine degli anni Ottanta testimonia ancora un mercato di Rialto pullulare di residenti e acquirenti. Per comprare il pesce fresco arrivavano anche da Mestre, perché qualità e prezzi erano incomparabili. Oggi succede il contrario.
Mi ricordo una anziana signora di San Pietro di Castello che si recava tutti i giorni al mercato per risparmiare diverse migliaia di lire. Sono passati solo 8 lustri, il tempo di assistere alla crisi di oggi.
Il mercato di Rialto come una metafora
Il mercato di Rialto, in fondo è la metafora della città morente e turistico-dipendente. Tanto che in un banco di pesce, affollato sempre di più da foresti che da acquirenti, un commerciante è stato costretto a scrivere anche in inglese, “one picture, one euro”. Se mi fotografi il pesce fresco sgancia un euro! Purtroppo è capitato di essere stato preso sul serio.
Cosa resta
Erbaria, naranzeria, beccaria, casaria, pescaria, con ruga degli Oresi, ruga del Spezier, banco giro, restano toponimi storici e vuoti di significato. Negli anni Ottanta si contavano una novantina di banchi di frutta e verdura, oggi sono dodici, sostituiti da negozietti di chincaglierie e profumi a basso costo. Le macellerie erano una trentina, oggi resistono solo due esercizi. Ancora più tragico il censimento dei banchi di pesce, oggi sono 8 contro la ventina di pochi anni fa. Le ultime licenze, senza mercato e senza valore, sono state direttamente restituite al Comune. In Casaria sono stabilmente vuoti cinque banchi di verdure appartenenti a cittadini bengalesi. Tornati a casa per il Covid non hanno ritenuto conveniente riaprire. In ogni caso vendevano più merce per turisti tipo spezie locali inventate di sana pianta (per esempio chiodi di garofano veneziani…). I fruttivendoli veneziani doc sono solamente tre. Residenti, resistenti, resilienti. Tre erre da ricordare.
Il mercato di Rialto discusso all’Ateneo Veneto
All’Ateneo Veneto è stato aperto un dibattito sul riuso. Deborah Howard, storica dell’arte inglese, che insegna allo Iuav, è andata giù sul pesante. “Voi veneziani – in sintesi – partite sempre dal passato per non arrivare al presente. Una città tipo scavo archeologico. Basta! Bisogna guardare al futuro e come occupare correttamente degli spazi storici. Venezia è viva, sta anche scritto in uno striscione rosso all’inizio del mercato del pesce. Basta a questo sentiment di città morta”.
Per il docente Iuav, Sergio Pascolo, il mercato è un magnete. E pensare che nel programma Unesco, Venezia non è nemmeno inserita nelle 183 città creative del futuro. Nel mondo si studia di lasciare le automobili fuori dai centri e Venezia sarebbe già all’avanguardia. Mentre noi dal centro espelliamo solo gli abitanti. Il numero di b&b, autorizzati o no, si avvicina drammaticamente a 10 mila.
Donatella Calabi, autrice di “Rialto. L’isola del mercato a Venezia”, si spinge a considerare nuove iniziative, come lo street food, i ristoranti didattici. E insiste per le due importanti università veneziane, come modello Boston. Ca’Foscari fa parte del modello di sviluppo planetario “Eutopia”, unica tra le università Italiane.
Non serve girare per i grandi mercati storici europei (Barcellona è un modello da anni) per capire le potenzialità di Rialto. Firenze, Torino, Roma (Piazza Vittorio) hanno trasformato gli antichi mercati in luoghi di incontri e di socialità.
Rialto. Una scommessa?
Rialto è dunque una scommessa. Non c’è più tempo da perdere. L’associazione culturale Rialto Mio, composta da decine di residenti e foresti, cerca di promuovere il dibattito con incontri, mercatini, proteste. Nell’ultimo meeting domenicale sul delicato tema del ticket di ingresso, 400 partecipanti occupavano l’interno mercato.
Ce n’est qu’un debut? E noi continuiamo la battaglia.