“Evidentemente i miei vini non sfigurano nemmeno sulle mense reali”. Sorride Umberto Bigai, classe 1948 enologo che oltre mezzo secolo fa proseguì con l’azienda di famiglia che produce vini dal 1587 dando una svolta ulteriore ad una realtà che si estende anche nel territorio mottense. Sul vino nelle tavole dei monarchi abbiamo intervistato in esclusiva per enordest.it Umberto Bigai.
Bigai è vero che i vostri vini sono molto graditi dalle monarchie?
“Evidentemente i nostri vini hanno un certo “feeling” con le monarchie europee. Vent’anni fa fui contattato da un emissario della Casa Reale inglese in visita in Toscana di alcuni immobili: la terra di Dante è molto gradita ai sudditi di Sua Maestà. Ciò grazie ad un esportatore italiano che mi mise in contatto con il Rappresentante della Corona britannica”.
Cosa accade?
“L’emissario inglese era alla ricerca di prodotti d’eccellenza con una storia alle spalle. E fu così che decise di portare a Buckingham Palace lo spumante “Pra’ dell’Oro” che viene prodotto secondo precise regole che si accosta ai migliori Champagne Premier Cru”.
Bigai, ma i vostri vini sono arrivati anche nelle tavole degli aristocratici in Paesi situati prima del Canale della Manica…
“Per alcuni secoli la famiglia Bigai portava il vino nelle tavole aristocratiche dei nobili dell’Impero austriaco.Viste anche le parentele dei signori di Panigai con il patriziato veneziano, nelle tavole della Serenissima sono arrivati i nostri vini. Parentele che avevano anche degli sviluppi commerciali con tanto di documenti studiati dagli storici”
E tutto ciò è confermato da documenti d’archivio
“Nel 1587 Giacomo Bigai è “livellario” dei signori di Panigai e produce vino e frumento nella località di Barco, oggi frazione di Pravisdomini. Un documento reperito da Luigi Zanin tra le carte del Fondo Panigai -conservato all’Archivio di Stato di Udine- attesta in maniera inequivocabile come la famiglia Bigai in quell’epoca, e probabilmente già da tempo, producesse vino in qualità di affittuaria delle terre feudali di Panigai nella forma del “livello”, un istituto giuridico in uso dal Medioevo all’800 che prevedeva il pagamento di un affitto in denaro o in natura al proprietario. La formula livellaria veniva di solito attribuita ad agricoltori esperti, e comportava un rapporto fiduciario superiore e di maggior durata rispetto a quello dei mezzadri e la possibilità di riscattare la proprietà”.
Bigai quando i suoi antenati fecero il salto?
“È con l’arrivo degli austriaci nei domini ex-veneziani, a seguito del Trattato di Campoformido (1797), che Giovanni Bigai fa il “salto di qualità” sociale. Divenendo esattore delle tasse dovute ai nuovi conquistatori dagli abitanti di un vasto territorio, come attesta una lapide presente sul campanile della chiesa parrocchiale di Barco. La stessa torre campanaria viene ricostruita a spese dell'”exactor”. Si acquistano molte terre dell’ex-feudo Panigai – caratterizzate da una composizione calcarea che dona ai vini corpo e struttura non comuni- e la tradizione vinicola della famiglia prosegue e si affina”.
Bigai, 5 secoli di storia
Cinque secoli e più di viticoltura rappresentano un DNA di gusto, sapienza e qualità che ben pochi produttori possono vantare. Oggi i vini di Umberto Bigai, combattente coraggioso contro le dominanti omologazioni commerciali, lo testimoniano. Suo padre Antonio è stato per molti anni primario all’ospedale di Motta di Livenza. Bigai ha selezionato l’umore della terra o il terrior se vogliamo e lo spirito della pianta lo ha memorizzato dentro di sé. Non è un caso se il Maestro Davide Liani direttore del conservatorio veneziano “Benedetto Marcello” lo definiva “Il poeta del vino”.