Corsi e ricorsi storici, direbbe il filosofo del Settecento Giambattista Vico, “aridaje” direbbero a Roma, con filosofia più spicciola. Fatto sta che quasi 50 anni or sono, nel 1973, la parola austerity divenne parola usuale anche nella lingua italiana. Il termine con il costo del gas russo, torna ora di moda nei giornali, nelle televisioni, nelle radio. Unica novità dei tempi: i social e le bollette esibite su Fb. Anche all’epoca tutto cominciò con una guerra “regionale”. Siria ed Egitto aggredirono Israele dalle alture del Golan e del Sinai, reclamando i confini persi dalla guerra lampo di sei anni prima, detta “dei sei giorni”.
Austerity ieri come oggi
Oggi come allora, con la guerra in Ucraina. Gli Stati Uniti si misero a difesa degli aggrediti, stati europei in mezzo a subirne le conseguenze. La benzina passò da 130 lire al litro a 190, quello del gasolio, da 70 a 113 (!). I costi di riscaldamento e luce salirono tanto che il governo quadripartito di allora (Dc, PSI, PSDI, PRI) diretto dal veneto Mariano Rumor, si vide costretto a prendere provvedimenti drastici.
Le conseguenze
Illuminazione pubblica ridotta del 40%, chiusura negozi anticipata, cinema, bar, ristoranti a orario ridotto, perfino i telegiornali della Rai vennero anticipati. Limitazione drastica della circolazione di automezzi e moto, barche a motore comprese. Nacquero le domeniche a piedi, con l’inflazione alle stelle e una visione pessimistica del nostro futuro e dell’economia. Come succede oggi, appunto. Venne perfino ridotta la velocità: 50 chilometri ora nei centri abitati, max 120 nelle autostrade. Si rinunciò per anni allo sviluppo della tivù a colori, tutti condannati al bianco e nero. Anche Giovanni Agnelli, bon vivant per antonomasia, vedeva nero. Non vendeva più auto.
All’epoca però gli italiani erano più ottimisti, forse perché la maggioranza della popolazione si ricordava bene della guerra e del regime. I sociologi, oggi a distanza di mezzo secolo, parlano di “effetto euforizzante”. Dalle stalle uscirono i carretti con i cavalli, dalle case i risciò, i monopattini, le biciclette. La televisione riprendeva la reazione fantasiosa italiana nelle grandi città vuote di auto e traffico, e piene di locomozioni alternative. Si arrivò pure alle targhe alterne per le auto.
Austerity e il ritorno della voga
A Venezia si rivalutò la voga e il bello delle barche a remi. Non è un caso che la prima “Su e zo iper i ponti” sia del 1974, la Vogalonga, magica invenzione di Toni Rosa Salva del 1975, la Stramilano del 1972. Insomma gli italiani scoprirono l’ambiente con grande spirito di resilienza, come si direbbe oggi. Tanti veneziani e mestrini che mai si sarebbero sognati di andare a remi, impararono a vogare nelle prime società remiere, successivamente aumentate ad una trentina, con almeno 10 mila iscritti in provincia di Venezia, da Chioggia a Portogruaro. Solo le nobili ed esclusive Bucintoro e Querini continuarono ad essere “società di canottaggio”. Noblesse obblige….
Lo sviluppo sostenibile
Per la prima volta in Italia e in Europa, si mise in discussione lo sviluppo sostenibile, gli inglesi parlarono della fine del “golden age “, i francesi del “Trente glorieuses “. Parole allora desuete o sofisticate divennero di moda: risparmio energetico, ecologia, sostenibilità, energie alternative e verdi. Impatto zero. L’impressione è che con la crisi mondiale di oggi del gas russo e con le misure ritorsive americane ed europee, l’effetto “euforizzante” di allora, sia un po’ svanito.
L’austerity di oggi
È pur vero che veniamo da tre anni pandemici, ma la gente non sembra reagire con allegria alle bollette aumentate, ai costi del litro di latte, ai prezzi proibitivi di frutta e carne. E ora si parla di nucleare di nuova generazione, di recupero del carbone, di nuovi rigassificatori, addirittura dei milioni di metri cubi di gas non sfruttati e sepolti in Adriatico.
Chissà forse con l’austerity 2023 impareremo ad essere meno spreconi. Come dice la saggezza popolare: non tutto il male viene per nuocere.