Una fonte più che attendibile, (l’Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile che fa capo al CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche) ci dice che, purtroppo, l’Italia è al vertice della classifica europea per i danni causati dalle calamità ambientali. Una gran parte del nostro territorio, infatti, è esposta al rischio di disastri naturali. Il 44% ricade in zone a rischio sismico medio-elevato, mentre il 16% è interessato da quello idrogeologico. Cinque regioni con una quota di comuni superiore al 90% in zone a rischio sismico medio-elevato (Marche, Molise, Basilicata, Calabria e Sicilia). Sette nelle quali tutti i comuni sono soggetti ad un significativo rischio idrogeologico (Valle d’Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Molise e Basilicata).
Difficile quantificare i danni dei disastri
Le calamità naturali che colpiscono l’Italia hanno conseguenze economiche difficili da calcolare. Si dovrebbe tener conto, infatti, sia degli impatti diretti (danni alle persone, agli edifici, ai beni e servizi) sia di quelli indiretti (interruzione di attività economiche e riduzione della produzione nei settori agricolo ed industriale che influenzano redditi e dinamiche del mercato del lavoro). I pochi studi sui costi delle catastrofi naturali nel nostro Paese si fondano principalmente sui finanziamenti erogati dallo Stato.
Come funziona in Italia
In Italia, al contrario di quanto avviene in altri Paesi europei come la Francia e la Spagna, i prodotti assicurativi a copertura delle catastrofi naturali, destinati ai beni industriali e alle abitazioni civili, sono limitati e diffusi solo su base volontaria. Anche se in realtà, il settore assicurativo potrebbe svolgere un ruolo fondamentale attraverso la compensazione monetaria in caso di gravi perdite dovute ai disastri naturali. La valutazione del rischio con la segnalazione delle criticità, aumentando così anche la consapevolezza del rischio ambientale e, ultimo ma non per ultimo, un sistema agevolativo a favore di quegli assicurati che si adoperino in azioni di tutela del patrimonio ambientale.
Ma non è così e, quindi, è lo Stato che agisce come “assicuratore unico”, con risorse limitate e stanziamenti che coprono, in genere, i costi delle catastrofi in misura approssimativa.
I dati dei disastri naturali
Il Cresme (Centro Ricerche Economiche, Sociologiche e di MErcato), ha stimato che il costo di terremoti, frane e alluvioni, avvenuti tra il 1944 e il 2012 nel nostro Paese, supera i 240 miliardi di Euro (circa 3,5 miliardi in media all’anno), di cui il 75% riguarda gli eventi sismici. La spesa per i principali otto terremoti tra il 1968 e il 2017 ammonta a 129 miliardi di Euro.
Purtroppo, infatti, almeno il 60% degli edifici è stato costruito prima dell’entrata in vigore, nel 1974, della normativa antisismica.
Disastri idrogeologici
Il cambiamento climatico ed il crescente consumo di suolo contribuiscono, invece, ad aumentare il rischio idrogeologico. Secondo l’Istat, in Italia le aree artificiali coprono il 7% della superficie nazionale, contro una media europea del 4,3%.
L’Italia si colloca al vertice della classifica dell’UE per danno economico causato da disastri naturali
Siamo, inoltre, di gran lunga, i maggiori utilizzatori del Fondo di Solidarietà che, dalla sua costituzione nel 2002, ci ha stanziato finora circa 2,8 miliardi di Euro. Questi numeri evidenziano l’urgenza di una riforma del sistema di gestione dei disastri naturali, il quale richiede cambiamenti complessi e sostanziali. In tale contesto, due aspetti meritano una particolare attenzione: la prevenzione e la mitigazione dei rischi. Entrambe hanno forti motivazioni economiche, sia in termini di perdite evitate (ogni Euro investito in prevenzione/mitigazione rende 4-7 Euro di costi evitati), sia sotto il profilo della generazione di più ampi benefici, quali il rilancio dell’economia, la promozione dell’occupazione e l’innovazione. Sono, inoltre, un presupposto fondamentale per la crescita dell’offerta dei prodotti assicurativi anticalamità.
Nessuna strategia
Nonostante la forte esposizione ai rischi naturali, il nostro Paese non dispone di una strategia di investimento nella prevenzione delle catastrofi di lungo termine. Negli ultimi anni si è assistito a un’intensificazione, da parte dello Stato, della programmazione e del finanziamento di interventi di natura preventiva. Si pensi al Piano degli interventi di prevenzione e contrasto al dissesto idrogeologico per il periodo 2015-2023 o all’introduzione del “sisma bonus” per le ristrutturazioni antisismiche. Tuttavia, il divario da colmare, rispetto al fabbisogno stimato degli investimenti, è ancora importante. I finanziamenti 1999-2015 erogati dal Ministero dell’Ambiente, della tutela del territorio e del mare, ad esempio, rappresentano poco più di un decimo dei 44 miliardi di Euro necessari per contrastare il dissesto idrogeologico.
Terremoti
Per quanto concerne i terremoti, secondo il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, il costo per la messa in sicurezza del patrimonio abitativo italiano da eventi sismici medi, ammonterebbe a 93,6 miliardi di Euro. Inoltre, l’impressione è che si tratti di iniziative estemporanee, non inserite in un quadro ragionato e coerente e che risultano, quindi, poco incisive.
Cosa bisognerebbe fare
A valle del verificarsi delle calamità naturali, si impone, invece, la necessità di un utilizzo più razionale delle risorse pubbliche disponibili, tanto più che il loro impiego è subordinato al rispetto delle regole di bilancio in pareggio. Le misure finanziarie varate a favore delle vittime, tuttavia, non appartengono ad un sistema standardizzato, ordinato e prevedibile di gestione ex post delle calamità naturali. Misure come i contributi per la ricostruzione degli immobili danneggiati o gli sgravi fiscali per i beni e le attività d’impresa distrutti dalle calamità devono essere introdotte dopo ogni singolo disastro naturale.
I DDL sui disastri naturali
Tale operazione viene, in genere, effettuata attraverso l’adozione di un numero esorbitante di decreti-legge, leggi di conversione, provvedimenti di modifica o proroga che configurano un quadro normativo intricato ed in continua evoluzione. Inoltre, nel momento in cui vengono riproposte, le misure finanziarie in questione subiscono, spesso, delle variazioni che non sempre appaiono giustificabili in base alle circostanze specifiche e rischiano, pertanto, di risultare inique.
Alcuni esempi
Così, ad esempio, il contributo per la ricostruzione degli immobili danneggiati in occasione dei terremoti di L’Aquila (2009), Emilia-Romagna (2012) e Centro Italia (2016) è stato disciplinato da regole diverse per quanto concerne gli edifici interessati e l’entità/condizioni di finanziamento. Sarebbe, quindi, quanto mai opportuna una ricognizione delle misure finanziarie fin qui configurate a seguito di calamità naturali ed una valutazione della loro efficacia, finalizzata ad una loro applicazione più certa e generalizzata.