È un’altra partita. Quando nel febbraio 2021 Mario Draghi divenne presidente del Consiglio si lessero commenti di soddisfazione: la politica italiana di fronte alle emergenze di pandemia, recessione, inasprimento dei rapporti internazionali e necessità di avere credibilità per l’utilizzo dei fondi per la ripartenza, agiva responsabilmente, affidando il governo all’italiano più autorevole. Una visione ottimista. La settimana scorsa abbiamo sentito i pareri dell’On. Bazzaro, del Sen. Ferrazzi, dell’On. Causin, il parere di Nuccio Fava. Questa volta al dibattito partecipano in esclusiva per enordest.it Arturo Lorenzoni nell’articolo che vi apprestate a leggere, Roberto Padrin, Maria Rosa Pavanello e un esperto economista come Gian Angelo Bellati.
La partita di un governo di unità nazionale
La scelta del governo di unità nazionale era obbligata, perché non era possibile operare altrimenti in un momento in cui erano in discussione i fondi europei. Era già accaduto con Ciampi, Monti, Dini: quando ci sono da prendere decisioni forti e impopolari, la politica delega un tecnico esterno.
E così anche la scelta di Draghi non fu una scelta di maturità come avrebbe potuto essere, ma il fallimento della politica di fronte alle emergenze. E prova ne abbiamo dal fatto che appena si è ritenuto di poterne fare a meno, l’italiano più autorevole è stato benservito.
Impossibile lavorare uniti
La politica italiana, a tutti i livelli, non riesce a lavorare a un progetto condiviso tra diverse forze politiche, alleate in una maggioranza. Conta solo il proprio gruppo politico, sia esso un partito, una corrente, un gruppo unito da interessi comuni (e financo privati). La soluzione dei problemi viene in subordine, se viene. Prima l’affermazione dell’interesse del proprio gruppo, la costruzione di una clientela capace di assicurare la presenza nelle posizioni di comando. Così le scelte non vengono prese, le difficoltà della gente crescono, l’economia langue, vengono assecondati i desideri immediati dei più rumorosi e la capacità di guidare i processi in atto diviene una chimera. Non tutti i partiti sono uguali, per fortuna, ma nell’era dei social distinguere la sostanza dalla fuffa è un’impresa complicata.
La partita dell’elezione del Presidente
Già nell’elezione del Presidente della Repubblica avevamo avuto prova della incapacità della politica italiana di fare sintesi, di rinunciare all’interesse particolare per il bene comune.
E in questo clima Draghi è divenuto presto ostaggio dei ricatti dei vari partiti che avevano il mal di pancia a stare in un governo simile, troppo “tecnico”.
Il mio parere
Io reputo irresponsabile la scelta di Lega, Forza Italia e M5S. Nessun interesse a dare risposte alle enormi sfide in atto: energia prezzi decuplicati in 18 mesi, guerra, la pandemia ancora presente, la peggior siccità dell’ultimo secolo, nulla conta, solo l’ambizione a prendere in mano il timone.
Ma lo sdegno cresce ancor più dalle informazioni che stanno emergendo, con possibili responsabilità esterne alla caduta. Inquietante.
Ed inquieta che atteggiamenti ritenuti impresentabili fino a poco fa, come difendere chi promuove la guerra o usa i migranti come “forza di pressione” sull’Italia e l’Europa, siano oggi accettati, da tutti, anche se magari non condivisi.
La partita europea
Che si metta in discussione la scelta europea è folle: la scelta della chiusura nel particolare non crea mai valore, lo sappiamo bene dallo studio dei sistemi economici, ma vale anche per i sistemi sociali. Che la politica, per l’interesse di una parte, sia disposta a sacrificare il valore economico e sociale, è tristemente drammatico. Lo abbiamo visto in passato varie volte, ma evidentemente non impariamo dagli errori.
Il sospetto russo
Il sospetto poi che, dietro la decisione della Lega e di Forza Italia di togliere il sostegno a Draghi in questo momento, vi sia una pressione da parte russa (ricordiamo le escursioni di Salvini in Piazza Rossa, ma anche le “cene eleganti” di Putin in Costa Smeralda a casa Berlusconi), apre uno scenario molto fosco sul passaggio delle elezioni, a prescindere dalla capacità di fare luce su tali sospetti. Torna prepotentemente di attualità la cortina di ferro, con tutta la sua minaccia per la nostra libertà.
Una partita che si gioca anche all’estero
Fino a un paio di mesi fa ritenevo fosse giusto e necessario, lavorando con le diplomazie, offrire a Putin una via d’uscita dignitosa dalla palude piena di sangue in cui si è cacciato invadendo l’Ucraina. Ma sempre più mi convinco che invece solo una risposta forte e coesa da parte europea può contenere un regime che in modo sorprendente utilizza la forza come metodo di imposizione, dentro e fuori la Russia. E nessuno lo poteva fare meglio di Mario Draghi.
Poco tempo per la campagna elettorale
E in questo senso è giusto ora polarizzare la campagna elettorale, chiamare gli italiani a scegliere tra chi sostiene la libertà democratica europea e chi insegue il sovranismo autoritario dei paesi che accettano la forza e la discriminazione come atti legittimi. Purtroppo il tempo per comprendere la posta in gioco è poco e poco adatto agli approfondimenti con le vacanze alle porte, ma l’importanza è massima.
Una partita che deve giocare soprattutto la Sinistra
E spiace pure vedere come il mondo democratico e progressista stia a discutere di veti, distinguo, condizioni. Non è questo il tempo di tali rivendicazioni, né la legge elettorale per cercare di distinguersi: si deve creare un’alleanza larga dalla sinistra fino alla parte pensante di Forza Italia, con una rapida e lucida divisione delle candidature nei collegi. La partita non è chiusa, come qualcuno si illude dopo aver screditato il leader europeista più autorevole che avevamo. Tutt’altro.
E dopo un solo giorno, Calenda si sfila… non ho parole.