L’emancipazione femminile è passata in Italia anche attraverso la televisione. Quella in bianco e nero del monoscopio, in cui all’improvviso proruppe un ombelico che fino a quel momento non si era ancora visto in prima serata. Un addome perfettamente scolpito, sinuoso e ammiccante che turbò i sogni degli italiani. L’ombelico ondeggiante era quello di Raffaella Carrà, al secolo Raffaella Maria Roberta Pelloni, bolognese classe 1943, nata sotto il segno dei Gemelli showgirl, autrice televisiva, cantante, conduttrice, attrice, scomparsa il 5 luglio di un anno fa a Roma.
Un ombelico nato al cinema
Ed è giusto ricordare che gli esordi della Raffa nazionale sono stati nel cinema, e non nel cinema leggero ma in quello impegnato di Mario Monicelli che la vuole nel suo splendido “I compagni” a fianco di mostri sacri del calibro Marcello Mastroianni, senza parlare dell’incursione negli Usa a fianco di Frank Sinatra.
Ma facciamo un passo indietro
La Carrà il cui nome d’arte fu suggerito dalla passione del suo primo agente per la pittura, ha studiato danza classica all’Accademia nazionale di Roma con una grande ballerina russa Jia Ruskaja. Purtroppo i criteri selettivi severissimi del balletto non hanno trovato in Raffaella quella fisicità necessaria per stare sulle punte. Malgrado la delusione cocente la giovanissima Carrà non demorde, l’arte la pervade e la anima. Decide, quindi, di studiare recitazione al Centro sperimentale di cinematografia per intraprendere una carriera che poi lascerà per la televisione.
La Raffa nazionale e quell’ombelico che sdoganò certi preconcetti
La scomparsa di Raffaella Carrà ha lasciato un vuoto incredibile perché parte della memoria storica di tutti gli italiani, generazioni e generazioni si sono cimentate col suo Tuca tuca. Quella straordinaria invenzione danzante in cui Raffa ed Enzo Paolo Turchi mettevano in scena un corteggiamento amoroso, sensuale e divertente; il momento topico in cui l’ombelico della Carrà è entrato nell’immaginario collettivo dell’Italia degli anni ’70.
Un buco non colmabile
Il vuoto lasciato dalla Carrà è un vuoto pressoché impossibile da colmare, le immagini del passaggio del suo feretro dalla sede della Rai per le strade di Roma lo scorso luglio, sono ancora impresse nella mente e nei cuori. Il saluto dei romani era il saluto di tutt’Italia e non solo. Raffaella Carrà aveva avuto modo di farsi apprezzare come artista in tutto il Sud America, i suoi principali successi sono stati cantati in spagnolo, in inglese e in moltissime altre lingue. Iconica e sempre originale, Carrà è stata un simbolo anche per la comunità Lgbt+, che la aveva eletta madrina nella battaglia per i diritti.
Raffa, l’ombelico e tanta tanta musica
Tantissime le canzoni che ne ricordano la solare energia: “Rumore”, “Tanti auguri”, “Ma che musica maestro”, “Fiesta” e tante altre. Così come l’instancabile capacità di essere ballerina e cantante, conduttrice e attrice. Mito e beniamina di grandi e piccini, come non rivederla duettare con Topo Gigio. Inventrice e pioniera di trasmissioni che hanno fatto la storia della televisione italiana. Da “Canzonissima” con Alighiero Noschese a “Mille Luci” con Mina, fino a “Pronto Raffaella” e “Carramba che sorpresa”. L’umanità e la capacità far sorridere sempre è stata una delle caratteristiche dominanti di Carrà.
Zed ricorda Raffa
Per ricordarla e celebrarla la Zed Live con Valeria Arzenton ha prodotto un musical dal titolo “Ballo Ballo – Explota Explota Musical”. Prodotto nel 2020 dalla casa di produzione cinematografica spagnola/uruguaiana Tornasol SL. Ora disponibile sulla piattaforma in streaming Prime Video, che ripercorre le tappe di una carriera incredibile, in cui ogni istante è stato segnato dal successo. Raffaella Carrà resta unica, irripetibile, magica, come quel Tuca Tuca ballato con Alberto Sordi. O quell’incursione goliardica e boccaccesca di Roberto Benigni che finisce irrimediabilmente sopra la showgirl. La ragazza che voleva diventare una ballerina, in realtà avrebbe sempre voluto fare la coreografa. Ma per noi è stato meglio che “Raffa” diventasse la nostra “Raffa” e “Carramba, che sorpresa” è stata per l’Italia quando ci ha lasciato.