Come cambia il clima italiano: temperature destinate a variazioni inimmaginabili! Nell’autunno del 2013, durante la Prima Conferenza Annuale della Società Italiana per le Scienze del Clima, sono stati resi noti i risultati di molte importanti ricerche sull’impatto del cambiamento climatico in Italia e il quadro che ne è uscito è molto sconfortante: è emerso il disegno di un Paese che, fra più o meno 30 anni da oggi, apparirà molto diverso da com’è ora. Sarà un’altra Italia.
Un’altra Italia tra 30 anni
Così come si verificherà in gran parte del Mondo, anche in Italia le temperature sono destinate a un lento ma inesorabile processo di aumento. La crescita sarà maggiore per quelle massime e, ovviamente, nella stagione estiva, mentre (e qui inizia la storia dell’argomento di questo mio articolo) la zona del nostro Paese che tenderà a registrare il maggiore aumento delle temperature sarà quella alpina. A seguito di questa previsione, la prima conseguenza che possiamo immaginare è la scomparsa dei pascoli e degli alpeggi, calcolata preventivamente nella misura assurda del 16% degli esistenti.
Cosa sarà l’altra Italia
Com’è logico aspettarsi, in caso di temperature medie progressivamente più alte di anno in anno, le ondate di caldo saranno più intense, numerose e dureranno più a lungo, con la conseguenza che anche gli incendi divamperanno con maggior facilità: uno studio del CNR di Sassari indica che in Sardegna entro il 2050 la stagione degli incendi (che in generale va da giugno a ottobre) si allungherà di 7-9 giorni!
Le piogge
Per contro, le piogge totali diminuiranno di circa il 10% in Inverno e del 30% in Estate ma, con un minimo di fortuna, questo evento si verificherà in queste proporzioni non entro l’anno 2050, bensì entro la fine del secolo (magra consolazione!). Di conseguenza, ci troveremo a dover affrontare sempre più spesso problemi legati alla siccità: uno studio condotto da ricercatori dell’Università Ca’ Foscari di Venezia stima che entro il 2100 le falde acquifere potrebbero ridursi del 7% in Veneto e del 11% in Friuli. Ma c’è di peggio: nelle occasioni in cui pioverà, diventeranno sempre più frequenti i violenti e improvvisi nubifragi, con un peggioramento dei rischi legati al dissesto idrogeologico.
Un’altra Italia con i mari
Ultimo ma non per ultimo, quanto intorno al livello dei mari; questo salirà attorno alla nostra Penisola e a crescere maggiormente sarà l’Adriatico. Il che significa che l’espansione del nostro mare aumenterà in maniera più che sensibile non solo i danni causati dalle mareggiate e i problemi di erosione delle coste ma, soprattutto, il volume delle infiltrazioni di acqua salata nelle falde acquifere costiere. Già oggi, mentre sto scrivendo, la notizia è che l’acqua salata della costa sia risalita all’interno dell’alveo del fiume Po per oltre 30 chilometri e nemmeno gli altri fiumi del nostro territorio sono esenti da questo fenomeno che, tra l’altro, contribuisce pesantemente a danneggiare ai raccolti.
Ecco come apparivano i ghiacciai alpini 1000 anni fa
Ma cosa c’entra quello che ho appena finito di scrivere, per esempio, con la situazione dei ghiacciai che, a volte, è tale da dare origine a tragedie immani come quella che ha colpito la Marmolada? Il fatto è che alcuni scienziati hanno ricostruito l’ambiente alpino del nostro “passato remoto”, facendo delle scoperte davvero sorprendenti.
Oggi e da diversi anni a questa parte, i ghiacciai alpini si stanno ritirando verso le cime e le Alpi hanno un aspetto davvero diverso rispetto a 100 anni fa. Ma se andassimo molto indietro nel tempo, diciamo circa 1000 anni, troveremmo una situazione molto simile a quella odierna.
I grandi ghiacciai svelano il passato delle Alpi
Una ricerca condotta dal Prof. Martin P. Luthi dell’Università di Zurigo ha ricostruito la situazione del panorama Alpino intorno all’anno 1000, scoprendo che non fosse molto diverso da quello attuale. Luthi ha riprodotto in laboratorio le oscillazioni di sette grandi ghiacciai alpini, a partire dal 400 d.C. fino a oggi.
Tra i ghiacciai analizzati durante la ricerca ci sono anche il Ghiacciaio Aletsch. Con i suoi 120 chilometri quadranti è il più esteso dell’intero Arco Alpino, il Ghiacciaio Mer de Glace. E’ situato sul lato francese del Monte Bianco ed è il secondo più importante delle Alpi. E il Ghiacciaio del Rodano che, nel Canton Vallese in Svizzera, dà origine all’omonimo fiume.
Ebbene, dai risultati di questo studio è emerso che circa 1000 anni fa, durante una fase climatica molto calda storicamente conosciuta come “Periodo Caldo Medioevale”, l’estensione dei ghiacciai analizzati fosse simile a quella odierna. Anzi: probabilmente era anche inferiore! I ghiacciai alpini sono tornati ad avanzare durante la “Piccola Era Glaciale”. Periodo molto freddo che ha caratterizzato il clima europeo tra il XIV secolo e la metà del XIX secolo.
Il destino dei ghiacciai si decide in Estate
Durante la sua ricerca, Luthi ha anche rilevato come alcuni parametri climatici influenzino il comportamento dei ghiacciai. Dalle sue analisi è emersa una corrispondenza tra la quota cui si spinge il ghiaccio e le temperature estive. Nei periodi caratterizzati da estati più calde i ghiacciai si sono rapidamente ritirati verso le vette. Mentre stagioni estive piuttosto fresche hanno favorito l’avanzata del ghiaccio verso valle.
Un’altra Italia e il cambiamento dei ghiacciai
Un altro fattore che sembra aver influenzato chiaramente il comportamento dei ghiacciai alpini è il vulcanismo. Ai periodi caratterizzati da un elevato numero di eruzioni vulcaniche, come accaduto proprio durante la “Piccola Era Glaciale”, corrispondono le massime estensioni dei ghiacciai alpini. E questo è un fenomeno che, molto probabilmente, dipende direttamente dalla nota capacità delle grosse di eruzioni vulcaniche di raffreddare il clima dell’intero Pianeta a causa delle nubi di cenere e gas che, “sparate” nell’atmosfera, riflettono in parte i raggi del sole. Particolarmente caldi in periodo estivo, rendendo quelle stagioni più fresche del solito.
Una curiosità
È curioso, invece, che lo studio di Luthi dimostri la scarsa influenza delle precipitazioni sul comportamento dei ghiacciai. Sembrerebbe non esserci un legame tra periodi più o meno piovosi, e quindi nevosi, e l’avanzata dei ghiacciai. Tutto ciò pare confermare come nel bilancio di un ghiacciaio le temperature estive, e quindi l’intensità con cui il ghiaccio fonde durante la bella stagione, sia più importante delle nevicate che in inverno vanno a rifornirlo.