Si fa presto a dire borsa. Iconico, griffato contenitore di segreti, o pratico, sportivo, rampante sacco urban style. Sarebbe come pensare che la pipa di Magritte è solo una pipa. Sogno alternativo, tocco di stile: accessorio per tutti o idea di assoluto? Suvvia, concetti di altri tempi; l’era della riproducibilità tecnica a tutti i costi, stereotipata, banale, omologante, sta tramontando. La pipa di Magritte è speciale, perché è la sua. Unica.
Un borsa e un progetto
C’è gente altrettanto speciale, in giro. Gente con le idee chiare, che ha in testa rispetto per la sostenibilità, per le cose del mondo, soprattutto per il futuro. E non si limita a pensare, ma decide di progettare, di costruire. Ad esempio, Irene Bassi e Giacomo Mion: compagni nella vita, hanno fondato assieme a Venezia Miyon. Un contenitore di progetti nati liberi, come dichiarano con orgoglio, eclettici, razionali e fantastici ad un tempo. Forme destinate a durare, realizzate lentamente (come si addice agli umani, quando hanno il bene di capirlo), con attenzione ai particolari, accettando le sfumature del mondo.
Non una borsa ma un universo di sensi
Un atelier evoluto, lo potremmo definire, dove la calma dei gesti, il gusto per la realizzazione creano oggetti pensati per vivere anche velocemente. Si fa presto a dire borse; converrebbe dire, piuttosto, universi di senso.
Perché idee come quelli di Irene e Giacomo passano la prova di un approccio completamente diverso, che vale per ogni emozione, per ogni bisogno materiale (che poi, del tutto, solo materiale non è mai). È questo, oggi, il vero lusso. Altro che accessori in serie, velocemente sostituiti secondo le mode; altro che montagne di rifiuti.
La coerenza
È una questione di coerenza: «La scelta della maggior parte dei materiali – dichiarano i fondatori di Miyon – rispetta il nostro valore etico. Sostenibilità è bellezza, unicità, produzione limitata, rispetto per il lavoro di tutti e per l’ambiente».
Parola d’ordine: trasformare
Che significa, nella loro filosofia, dare nuova forma, nuova struttura e nuova essenza. Così, parlare di accessori di nuova progettazione – in questa visione fra moda, design e architettura – corrisponde a parlare di vita. Un artigianato intelligente, come misura di stile, di comportamenti virtuosi. Un approccio all’esistenza, prima ancora che al prodotto – che deve essere speciale, affascinante soprattutto per la sua storia, la sua capacità di farsi veicolo di contenuti – che Irene e Giacomo hanno scelto con convinzione.
Irene e la Borsa
Irene ha nel suo DNA una creatività fattiva, arricchita da un’inesauribile curiosità per le immagini: «Sin da piccola – racconta – collezionavo tessuti e figure … tantissime. Prima di eliminare una rivista, ne ritagliavo una buona metà: articoli e pagine di moda, arte e design; poi, archiviavo tutto.».
Nel ricordo della nonna, che cuciva anima e identità, uno scampolo dopo l’altro, con la sua Necchi anni Trenta, la giovane s’iscrive allo I.E.D. e ottiene a Milano, nel 2006, il diploma in Fashion Design.
Poi, si occupa di consulenza, ricerca e personalizzazione tessile; ancor più importante, collabora con una delle prime realtà impegnate contro lo spreco derivante dai processi produttivi. La stessa passione, la medesima consapevolezza che oggi Irene riversa nel progetto Miyon.
Giacomo, la borsa e il lavoro artigianale
Giacomo, dal canto suo, porta con sé una grande attenzione al lavoro artigianale e al processo architettonico: «Ricordo lo studio di design industriale di mio padre e dei suoi soci, dove la fantasia faceva da padrona fra matite, fogli, schizzi e disegni tecnici …».
Per questo, forse, sceglie di frequentare l’Accademia di Architettura di Mendrisio, in Svizzera, dove consegue il diploma nel 2010. La prima esperienza è all’estero, in India; da molti anni, invece, lavora in un importante studio operante nel campo dell’industrial design e dell’arredo.
Il mix è esplosivo
«Crediamo fortemente nell’utilità di tutte le risorse derivanti dai processi produttivi. Secondo la nostra prospettiva, un rifiuto diventa tale solo nel momento in cui non riesce più a sostenere alcuna funzione». Così Miyon si ispira alla geometria delle linee pure, alla razionalità del progetto architettonico, ma anche alla perfezione intrinseca degli elementi della natura; alla storia del design, ma anche al riciclo. La funzionalità incontra l’unicità estetica, la memoria affettiva, la forza identitaria.
Allora, è davvero troppo facile definirla solo borsa
Le proposte di questo marchio sono emozioni tangibili, racconti, suggestioni, vita vissuta. Tutto in oggetti di grande bellezza e funzionalità. Idee realizzate interamente in Italia, con l’integrità – sostengono Irene e Giacomo «che permette di mantenere le promesse, attraverso i passaggi manuali che la regola antica impone».
Però, non è ancora abbastanza, perché il concetto di funzione non smette mai d’influenzare il processo. Dunque, le creazioni di Miyon funzionano perfettamente, e durano nel tempo. Di questi tempi, è già una rarità.
Allora guardiamoli meglio, questi piccoli grandi miracoli
Moretta e Maracanà sono le prime idee di lancio. Due idee diverse, ma di estrema eleganza e praticità. La prima è una borsa a mano contemporanea, raffinata e utile; un oggetto cubico, concepito tra moda e design, capiente, confortevole al tatto e resistente, fatto per durare.
La borsa e l’attenzione
La ricerca di Miyon si concentra su tessuti che non hanno ancora avuto un ciclo di vita, tessuti preziosi di collezioni passate o vintage d’archivio. Alcune di queste borse sono invece realizzate con tessuti ancora in produzione e quindi disponibili su ordinazione. Maracanà, dal canto suo, è una creazione trasversale, ideale in moltissime occasioni del quotidiano.
È armonia pura: la forma del cerchio che diviene conchiglia; colore, forma e cura del dettaglio. Non ne esiste un esemplare uguale ad un altro, perché Miyon ha deciso di produrre su ordinazione con pellami di alta qualità e utilizza solo fine o eccessi di produzione.
Dal materiale alla borsa
Perciò, anche il colore, la tipologia del pellame e la fodera interna varieranno nel tempo: questo è parte fondamentale del progetto, che consente di recuperare materiale esistente e limitato fino ad esaurimento. «Ogni anno tonnellate di pelle finiscono in discarica; – afferma Irene Bassi – la nostra scelta, ma anche il nostro dovere è quello di utilizzare il materiale che esiste».
Borsa sostenibile
Una produzione sostenibile, dunque, anche perché realizzata artigianalmente in Italia, soprattutto localmente. Il sogno, il nuovo traguardo che i fondatori si propongono di raggiungere, sarebbe d’introdurre, nel tempo, anche piccoli complementi di arredo e oggetti di uso quotidiano. Viste le premesse, che riguardano il futuro di tutti, un nuovo modo di concepire il consumo, non si può che fare il tifo per loro. Questione d’ottimismo, e d’amore.