In questi giorni il Veneto ospita un rituale ormai codificato da sessant’anni di esperienze: il Premio Campiello alla cui nascita, a Venezia nel 1962, ho assistito e poi seguito da cronista per dieci anni e più. Figlio degli industriali veneti, il premio di narrativa Campiello è nato adulto, nel senso che ha sfidato i premi tradizionali e ha occupato uno spazio proprio allargando la platea dei lettori chiamandone trecento a scegliere il romanzo dell’anno.
Ma Campiello è anche spettacolo: gli attori sono i critici letterari – e in filigrana si intravvede l’industria culturale – che si battono davanti al pubblico per far vincere i propri cinque autori (hanno l’elenco in mente).
A volte c’è accanimento, si polemizza a gran voce, ma spesso si fa cine, come dicono a Venezia: per esempio, senti elogiare a lungo e con acribia lo stile di un testo quasi fosse un capolavoro (è successo a molti), e poi lo vedi scartato brutalmente al momento del voto, creando speranze e delusioni.
Emozioni gratis per il pubblico, che è sempre fitto, partecipe e privilegiato: la teatralità del confronto fra le grandi firme della cultura letteraria è garantita. Il parto, alla fine, chiude le ostilità (incruente) e si mandano i cinque autori salvati a fare a loro volta spettacolo a Cortina, a Jesolo, a Vicenza o Cornuda: è l’estate dei libri, signori.
Cos’hai nel tuo cuore?
Bella domanda, che può avere centinaia, anzi migliaia di risposte. Perché non si chiede chi custodiamo nell’intimo, ma che cosa. E, infatti, nel caso specifico non si tratta di persone ma di luoghi eletti, amati, privilegiati, custoditi nella memoria profonda. Insomma, “luoghi del cuore” come dice la campagna del Fondo per l’ambiente italiano (Fai) che ogni anno lancia un referendum di passioni estetiche, sentimentali, egoistiche per un sito cui teniamo magari fin dall’infanzia.
Il referendum va oltre gli egoismi e punta alla condivisione di un bene materiale e culturale insieme che in molti – ma forse tutti, perché no? – abbiamo vissuto in una parte di quel tutto che è l’Italia. Con questa iniziativa popolare, il Fai ci sprona a confessare pubblicamente un segreto del cuore.
C’è di tutto nei nostri cuori, ma a volte sentiamo un’attrazione particolare per luoghi ristretti, non sempre vissuti, forse, ma comunque visti e capaci di turbare l’anima fino a provare nostalgia (succede con un film, con un libro o un dipinto…) La nostra preferenza può andare a un lago di montagna, a un fiume, ma anche ad un castello, magari con l’antica fossa d’acqua chiara che lo circonda), e mettiamoci pure una sorgente di pianura (come le risorgive da cui nasce il fiume Sile), e sfiliamo dalla lista anche un parco popolato da statue misteriose (che il poeta chiama i Guardiani del tempo…) Non ci sono limiti.
Una curiosità: nel nostro Bel Paese si sono già attivati gruppi di fan che vogliono garantire al loro luogo del cuore un buon numero di voti in partenza… Si può votare fino al 15 dicembre.
Un confine, nel tempo
Come un fantasma persecutore, c’è fra noi e dentro di noi, in questo periodo, una parola che mastichiamo male o schiviamo: è una sola, ma capace di moltiplicarsi in pensieri, parole, opere e omissioni: futuro. Quello più lontano, remoto. Che non esiste fisicamente, però “è là” e ci aspetta o, meglio, siamo noi che normalmente spingiamo il presente sempre più avanti. Ma oggi che cosa c’è intorno a noi di “normale”?
Su grande scala abbiamo il cosiddetto inverno demografico: meno nascite, meno futuro per la società che, privata del ricambio generazionale, invecchia inesorabilmente. Pensierino ironico: “Declino, dunque sono…”
Su scala individuale, tante situazioni dolorose di persone rimaste sole, dimezzate, la cui anima è rimasta invischiata nel passato e vivono nella piatta dimensione dell’oggi: donne e uomini stretti in solitudini che riempiono stanze di silenzio mentre “domani” è una parola senza spessore, da riempire.
Il futuro, per molti, sembra un posto già occupato, dove c’è spazio solo per la felicità degli altri. Ragioniamo: non c’è un fantomatico elisir di futuro, però esistono amicizia e fratellanza, dunque un possibile “futuro insieme”. Quando? Domani.
Prima del temporale
(poesia)
La campagna
sotto un lenzuolo d’afa
fluttua nel vento come spettro,
guarda con gli occhi di corvi
la chiesa abbandonata.
Nello spasmo rovente
la terra è riarsa
come un libro ingiallito.
I quadrifogli seccati
come segnalibri
trapassano
nella pagina antica del cielo.
Natura morta disidratata
sei la mia pelle
che invoca
il temporale dei suoi capelli.
Davide Dalla Valle
Per chi semina nel pianto mietere con giubilo
Il ponte del sale editore, Rovigo 2022