Sentendo il grido d’allarme lanciato dai massimi protagonisti del settore dell’industria dell’auto, sembra proprio che, con la proposta della Commissione Europea di mettere al bando i motori endotermici (spesso chiamati impropriamente: motori a scoppio) per il 2035, l’intero comparto delle quattro ruote rischi una catastrofe che potrebbe ridimensionare enormemente il settore.
L’auto e una teoria tutta da verificare
L’accusa, lanciata da molti degli operatori di uno dei più importanti settori industriali del Paese, è che la politica sia concentrata esclusivamente a guadagnarsi il consenso popolare, senza mettere in atto azioni che siano in difesa dell’industria automobilistica italiana. La conseguenza, secondo questa teoria, è che se si arrivasse ad avere il 100% del parco mezzi viaggiante su gomma alimentato con motori elettrici, avremmo milioni di disoccupati.
Lo scenario lavorativo dell’auto
Il che lascia presupporre il fatto che, in assenza di una vera e propria presa di coscienza, questa che viene considerata da alcuni un’esasperazione del ricorso alla mobilità elettrica, porterà a una catastrofe certa dal punto di vista dell’occupazione, sia per i produttori di auto sia per l’intera filiera che gira attorno a questo comparto industriale. Un dato su tutti: gli effetti occupazionali della messa al bando alle endotermiche lascia spazio a uno scenario che racconta di 70 mila posti di lavoro a rischio, a fronte di solo 6 mila opportunità di nuove assunzioni, dedicate a personale specializzato in ambiti oggi ancora scoperti, almeno in parte.
Il sospetto di un disegno previsto per l’auto
Per qualcuno, è legittimo il sospetto che dietro tutto questo ci sia un disegno che parte dal “dieselgate” (lo scandalo sulle emissioni assurto agli onori della cronaca nel 2015 e che ha riguardato la scoperta della falsificazione delle emissioni di automobili munite di motore diesel del gruppo Volkswagen vendute negli Stati Uniti d’America e in Europa), con il fine di distruggere la cultura dell’auto europea.
Il Green Deal
Questo perché, sempre per alcuni qualificati commentatori, il vero problema sta nel dire che il “Green deal” (il piano strategico adottato a livello di Unione Europea che prevede l’adozione di varie misure di diversa natura, con il fine di contrastare l’attuale surriscaldamento globale e il cambiamento climatico), sia, in realtà, impostato su ragionamenti ideologici più che industriali.
Il rischio di isolare l’Europa nel mondo dell’auto
Tutti siamo d’accordo sulla decarbonizzazione e sulla salvaguardia dell’ambiente, ma se si agisce, anche pesantemente e con la convinzione che il risultato della decarbonizzazione debba essere raggiunto “a prescindere” (come direbbe Totò!), senza tener conto degli effetti prodotti a livello globale e non limitatamente all’ambiente ma anche al tessuto sociale interessato da queste azioni, si finirà con isolare l’Europa.
La transizione energetica
I tempi del piano “Fit for 55” (il piano dell’Unione Europea per la transizione verde che pone l’obiettivo vincolante di conseguire la neutralità climatica entro il 2050), sono considerati troppo stretti da moltissime aziende. Che sostengono semplicemente e tragicamente come sia impossibile arrivare al 100% di riduzione di CO2 entro il 2035. È opinione comune a molti operatori del settore dell’auto che ci siano diversi rischi legati al pacchetto di proposte della Commissione Europea. E a una politica incentrata solo sull’elettrico, dal problema energetico alla dipendenza dalle forniture cinesi. La conseguenza di queste considerazioni è quella di ribadire l’invito, lanciato da buona parte dell’industria europea, a puntare sulla neutralità tecnologica.
L’auto non sia solo per ricchi
Che l’automobile si trasformi in un bene solo per ricchi, è un rischio che non possiamo correre. Ed è in questa direzione che sono stati sferrati i più duri attacchi agli incentivi per la mobilità elettrica. Per entrare nello specifico della critica, sarebbe necessario dare un contributo a chi non ha i soldi per acquistare un veicolo da oltre 50 mila euro. Ma che potrebbe magari comprare una Panda di nuova generazione. E questo sì, che sarebbe un VERO modo di difendere l’occupazione! Perché così come tutti siamo d’accordo sulla riduzione delle emissioni (e vorrei ben vedere!), siamo anche tutti consapevoli di avere la responsabilità di evitare la perdita di posti di lavoro.
Un’auto elettrica per tutti
Se vogliamo davvero che l’auto elettrica sia per tutti, dobbiamo anche prendere coscienza del fatto che oggi non lo è e dobbiamo individuare quali possono essere gli interventi da mettere in atto perché lo diventi il più presto possibile. Chi ha uno stipendio da 1.500,00 – 2.000,00 Euro al mese, non può permettersi automobili che ne costano almeno 20.000,00 anche se una parte di quella cifra si recupera con le minori spese di manutenzione. Oggi, poi, i rincari dell’energia elettrica complicano ancor più le cose e allontanano il raggiungimento dell’obiettivo ai più.
Auto elettrica e ricerca
Per fortuna, la ricerca sta facendo quasi quotidianamente enormi progressi. Tanto che le batterie che alimentano i veicoli elettrici, di anno in anno, costano sempre meno e rendono sempre di più. L’autonomia delle auto dal 2017 a oggi è praticamente raddoppiata, a parità di prezzo. Ma ancora non basta: bisogna fare di più. A questo punto, vediamo quale può essere il ruolo che può assumere l’Italia. A patto che il nostro Paese metta in atto una politica industriale adeguata.
Come aggirare l’ostacolo
In questi anni, i costruttori hanno aggirato l’ostacolo dato dal prezzo delle batterie. Concentrandosi quasi esclusivamente su modelli di fascia alta, soprattutto Suv, veicoli tutt’altro che sostenibili, ma nei quali il costo delle celle incide meno. Le automobili che compra il grande pubblico, infatti, sono pochissime: il motivo? Non si guadagna con queste auto, anche se sono quelle più utili alle nostre città, per limitare l’inquinamento e anche la congestione del traffico.
Un passo indietro
Ma come negli anni ‘50 si riteneva assurdo costruire le utilitarie, la Fiat con un geniale progettista, Dante Giacosa, dimostrò che si poteva fare. E con la 500 e la 600 gettò le basi del nostro boom economico. Grandi costruttori automobilistici, forse con una punta di eccesso di ottimismo, sostengono che nel 2025 si arriverà al punto di pareggio nel prezzo tra elettrico e benzina. E che poi, con le nuove batterie allo stato solido, le auto elettriche costeranno addirittura meno. Tutti noi ci auguriamo che non si tratti di mera propaganda. E che questo sia davvero lo scenario che ci aspetta, da qui a un paio d’anni.