L’idea è potente, l’obiettivo irrinunciabile: la mostra SHAME. European Stories, da poco inaugurata presso la sede di Emergency alla Giudecca, è un progetto fotografico e video di Simone Padovani che denuncia il crimine degli abusi sui minori, attraverso il racconto in prima persona di sessanta vittime. Le loro storie sono state raccolte in venti Paesi europei, con il coinvolgimento di oltre trenta associazioni impegnate sul tema.
Un progetto più vasto
L’iniziativa, di rara forza, con il taglio sferzante di un approccio diretto, fa parte del più ampio JUSTICE INITIATIVE che – coordinato da Guido Fluri Foundation – ha lanciato una mozione indirizzata al Consiglio d’Europa, volta ad una revisione legislativa che tuteli maggiormente le vittime di abusi.
L’esposizione, che ha preso il via nell’ambito della Biennale veneziana e sarà aperta ad Emergency fino al 28 luglio, diverrà poi itinerante per accompagnare la campagna di sensibilizzazione e la raccolta di firme nelle principali città europee.
Shame e la denuncia verso gli abusi sui minori
Convinta l’adesione delle principali istituzioni, a partire dalla direttrice dell’Ufficio italiano del Consiglio d’Europa, Luisella Pavan-Woolfe che ha sottolineato come, ad esempio «i bambini debbano poter beneficiare di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali tutelati dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e di altri strumenti internazionali».
Shame richiama anche l’attenzione internazionale
Lo stesso Guido Fluri, patrocinatore dell’iniziativa, imprenditore svizzero da sempre impegnato sul fronte delle tutele dei diritti, ha sostenuto da subito l’idea: «Quando gruppi di vittime di tutta Europa si sono rivolti alla nostra Fondazione, con l’obiettivo di creare una rete ed avviare un’iniziativa comunitaria, analogamente a quanto fatto in passato in Svizzera, abbiamo capito che si trattava di sostenere questo progetto. Certo – ha commentato – la maggior parte delle vittime che hanno denunciato questi abusi sono ormai vecchie e fragili. Hanno tutto il diritto di assistere, ancora in vita, al riconoscimento e a una legittima riparazione delle ingiustizie».
L’esposizione di Shame
Dalle pareti della splendida sede della Giudecca, i volti di Anita, Javier, Emiliano, Oona, Minna e degli altri, fissano i visitatori con l’evidenza di uno schiaffo. Mara Rumiz, coordinatrice dei progetti dell’Ufficio di Emergency di Venezia, ha ribadito che la collaborazione con la Fluri Foundation è avvenuta per la condivisione di valori fondamentali: pace, solidarietà, rispetto dei diritti umani, specie «per ciò che concerne i bambini e i ragazzi che devono poter vivere la loro infanzia e adolescenza serenamente, senza traumi, senza abusi, senza violenze».
In attesa del Consiglio d’Europa
Un auspicio che potrebbe trasformarsi, con la modifica legislativa, in qualcosa di più concreto: la mozione è stata consegnata nell’autunno dell’anno scorso al Consiglio d’Europa dal consigliere nazionale Pierre-Alain Fridez (PS/JU), allora presidente della delegazione svizzera a Strasburgo.
Shame è una richiesta
Le richieste avanzate sono chiare: innanzitutto, si chiede che il Consiglio d’Europa e gli Stati membri garantiscano un’indagine scientifica indipendente sulle violazioni dei diritti dei bambini nei singoli Paesi. Poi è necessario procedere al riconoscimento ufficiale dei bambini che hanno subito qualsiasi tipo di violenza sessuale, fisica o psicologica. Inoltre, viene anche richiesto di garantire che le vittime ricevano una forma di riparazione e di assicurare che le attuali legislazioni degli Stati membri si concentrino sulla protezione dell’infanzia.
Abusi. Tanti volti. Troppi. Troppo tardi per salvarli
Claudine e Karl, Tjaša, Cosmin ed Effie, per citare solo qualche nome, non sono stati protetti in passato: qualcuno di loro è stato abusato da parenti o genitori affidatari; qualcun altro ha subito violenza da parte di sacerdoti o lavorando in situazioni di sfruttamento minorile.
Alcuni sono rimasti vittime nel corso di conflitti. Storie di bambini sottratti alle loro madri, come Dušanka e Milena, nella tratta di esseri umani; Besarta, in Kosovo, unica sopravvissuta al massacro della sua comunità. Marina e Mario, abusati in strutture per disabili.
Un’analisi tra foto e video
Sessanta volti, sessanta storie di crudeltà e ferocia nei ritratti di Simone Padovani. Nonostante tutto, però, SHAME colpisce anche per la sua disarmante bellezza, al di là di ogni progetto. Colpisce perché l’autore degli scatti e delle video-interviste ci ha messo lucidità ed emozione, in un bianco e nero ipercontrastato che non tralascia nulla, né la cicatrice dell’anima né quel fondo di angoscia che traspare dal sorriso. Ecco qui la vita: un’onda di poesia sottende ogni verità tragica, come un’attribuzione di senso.
Chi è Simone Padovani
Simone Padovani è nato a Schio nel 1981. Merita di essere conosciuto più a fondo, perché è un personaggio straordinario e coerente. Fotografo professionista dal 2007, dopo la laurea in Psicologia all’Università di Padova (con cui collabora ancora), porta avanti negli anni una ricerca su una tecnica che unisce fotografia e psicologia di comunità, chiamata Photovoice. Con Photovoice, conduce progetti scientifici per il Comune di Bologna, l’Ulss7, la Regione Veneto; soprattutto, lavora sulle conseguenze a lungo termine di abusi e maltrattamenti su minori, a livello internazionale.
Shame e i prossimi lavori
Come fotoreporter collabora con le più grandi agenzie fotografiche internazionali, da Getty Images ad Alamy ed i suoi lavori sono pubblicati dal New York Times, Guardian, El Pais, Vanity Fair, Huffington Post e molti altri.
Oltre al lavoro per JUSTICE INITIATIVE e con ECA Global (di cui è rappresentante per l’Europa) sulle tematiche del maltrattamento sui minori, Simone sta realizzando – a livello nazionale ed europeo – un progetto con la UE (nello specifico con gli Ambasciatori per il Patto per il clima), usando Photovoice, per analizzare e trovare soluzioni di adattamento ambientale nelle città coinvolte: tra le tante Venezia, Trieste, Amstelveen, Milano. Per questa ragione, Padovani è divenuto a sua volta Ambasciatore per il Patto per il clima europeo.
Shame è un’analisi interiore per tutti noi
Istinto e razionalità, ecco gli estremi che connotano il lavoro di questo fotografo; dare forma all’emozione, con messaggi precisi, in un approccio che potremmo definire assieme psicologico ed antropologico. In effetti SHAME possiede la forza penetrante di un’analisi psichica, di un ritorno alle radici.
I ritratti stordiscono per la dimensione, per la posizione frontale: non c’è nulla di ambiguo in quegli sguardi. Solo una dignità profonda, la consapevolezza di un torto subìto e di una vita conquistata con coraggio, nonostante il male, i ricordi atroci, l’infanzia negata. Persone che hanno trovato la forza di raccontare, e il loro racconto dapprima ci cattura, poi si fa sdegno, infine coinvolgimento.
Mai guardare altrove
Non ci si può voltare dall’altra parte, non ci si può negare a quei volti. Siamo nella stessa rete, ci ripetono, strettamente uniti, nel condividere una battaglia di civiltà (più che mai indispensabile oggi, mentre nuove atrocità e nuove emergenze si profilano all’orizzonte). SHAME allora, e bisogna far presto. Parlarne, trasmettere le informazioni; soprattutto, quando ci verrà chiesto, da luglio in poi, firmare.
Per informazioni sulla campagna: www.justice-initiative.eu