Per Raffaella Barbato era il suo sogno nel cassetto, quello che ognuno di noi custodisce con gelosia. Lei, imprenditrice delle reti di Pellestrina, voleva realizzare a Chioggia qualcosa di nuovo, che non era stato ancora realizzato. Un ristorante diverso dagli altri, elegante, che rappresentasse Chioggia in tutte le sue sfaccettature, dove si mangia la cucina tipica e tradizionale ma al tempo stesso ricercata. Quel sogno Raffaella lo ha realizzato in una delle rive dove si vive la vera Chioggia, Riva Vena. Il ristorante ha un nome indimenticabile: la Ciosà.
Raffaella e la Ciosà
La “Ciosà” era una vecchia terminologia usata dai pescatori chioggiotti per identificare il loro ritorno a casa dai lunghi viaggi in mare con i bragozzi, le tipiche imbarcazioni chioggiotte. La “ciosà” rievoca la soddisfazione e l’entusiasmo, il ritorno a casa dopo viaggi in mare pericolosi. Loro rimanevano lontani dalle famiglie per lunghi periodi, si spingevano sino alle coste dell’Istria e della Dalmazia per il pesce. Quando ritornarono a Chioggia era una festa. Ritornavano alla famiglia, e quel periodo – che loro consideravano come le nostre ferie – era la “ciosà”, un momento di allegria e di festa, caratterizzato anche da due date quando ritornavano dal mare, di solito l’11 giugno (festa dei santi patroni Felice e Fortunato a Chioggia) e Natale.
Un nome “storico”
Qui i pescatori approfittavano per stare con i loro figli, nati spesso in loro assenza, per riparare le reti e le imbarcazioni e prepararsi alla successiva partenza. Il nome è stato ricercato presso gli archivi e studiato grazie anche al lavoro di Lucio Gianni, celebre appassionato chioggiotto, poeta ma anche “condottiero culinario”, definito così dai suoi molti amici della città lagunare.
Raffaella e Lorenzo
Lorenzo Carretta è il direttore del ristorante Ciosà. Aperto il 12 agosto2016, è lui – insieme alla titolare Raffaella – a dare quell’impronta di eleganza e buona cucina che fa della Ciosà uno dei migliori ristoranti di Chioggia, la capitale italiana del pesce, con il maggior numero di pescherecci e di pescato nazionale. Per Lorenzo e Raffaella la Ciosà è il “ristorante che rappresenta la tradizione di Chioggia che si veste di eleganza”.
Nativo di Rovigo, un diploma di geometra (ovviamente non ha seguito quella strada lavorativa), Lorenzo aveva aperto il primo bar a Villamarzana, poi ha seguito da militare la caserma aeronautica di Viterbo dove si è autocandidato a gestire il bar della stessa caserma. Poi un curriculum di tutto rispetto in Italia e all’estero nei ristoranti alcuni dei quali stellati. Poi, lo definisce lui stesso, dal 2016 si è stabilizzato definitivamente alla Ciosà dove può dare il meglio. Appassionato oltre modo di vino, è sommelier terzo livello AIS, insieme a Raffaella. “Quando abbiamo un po’ di tempo giriamo per cantine in Italia e Francia, alla ricerca delle migliori cantine”
Raffaella e un ristorante a “quote rosa”
Raffaella Barbato ha ormai acquisito la passione della ristorazione, quel sogno nel cassetto realizzato 6 anni fa. “La Ciosà è un gioiello a cui dedico tutto il tempo che ho a disposizione dopo il lavoro come imprenditrice nella fabbrica di reti di plastica che gestisco con la mia famiglia” sottolinea Raffaella. In cucina il cuoco capo brigata è una donna, sempre rimasta alla Ciosà, una delle migliori della città. Si chiama Lesya Markovych, lei è ucraina, ha visto passare numerosi cuochi nel suo ristorante, lei con modestia ma con grande capacità, ha osservato il lavoro dei suoi colleghi maschi, sino a diventare la responsabile di cucina.
Per Raffaella ancora una donna
In aggiunta il “secondo” di brigata di cucina è ancora una donna: si chiama Herminica Adad, filippina, venti anni di esperienza in cucina, esperta nel preparare il miglior fritto di pesce di Chioggia. Insomma, un ristorante tinto di rosa grazie a Raffaella, Lesya, Herminia….
I piatti?
Quelli famosi della Ciosà sono il risotto ai fasolari, la zuppa di pesce, i ravioli ripieni di branzino nostrano, rombo e cozze, le “catalane”, i “crudi” con le ostriche rosa di Scardovari. E la qualità di vino non è da meno, considerata la professionalità di Raffaella e Lorenzo. I vini vanno da quelli del Triveneto, oltre che dei “classici” regionali, anche quelli di piccole ma prestigiose cantine del Collio friulano, dell’Alto Adige e del Trentino, ma anche della Lombardia (da Franciacorta a Oltrepò Pavese) e alcuni vini prestigiosi francesi.
Per i lettori di www.enordest.it Raffaella, Lorenzo e la cuoca Lesya propongono un gustosissimo piatto marinaro: Risotto con i Fasolari, quei molluschi che sono tipici dell’Alto Adriatico e che costituiscono una ghiottoneria per gli amanti della cucina marinara. Da provarlo!
Risotto con i fasolari
Ingredienti (per 4 persone)
2 kg di fasolari, 320g riso Carnaroli (consigliato:Uccelatori Società Agricola S.S. Taglio di Po – Ro IGP del delta del Po), 2 spicchi aglio, 1 cipolla bianca, 5 cucchiai olio extravergine d’oliva, 100ml vino bianco, prezzemolo da tritare q.b., Parmigiano Reggiano DOP da grattugiare q.b., 45g burro, mezzo lime.
Preparazione
Iniziamo con la pulizia dei molluschi, aprendoli da crudi e raccogliendone l’acqua. Durante l’apertura stacchiamo i fasolari dai gusci. Procediamo sminuzzando ogni mollusco con un batticarne e poi lo tritiamo grossolanamente. Durante la procedura mettiamo da parte l’acqua raccolta e la filtriamo. In un tegame facciamo rosolare due spicchi di aglio e mezza cipolla tritata con olio extravergine d’oliva. Togliamo gli spicchi d’aglio una volta che si sono dorati e aggiungiamo il riso e lo facciamo tostare per qualche minuto a fuoco lento. Sfumiamo poi con il vino, in modo da garantire buona sapidità, per circa 18/20 minuti. Aggiungiamo un poco alla volta il liquido dei fasolari. Quando il riso ha ultimato la sua cottura, aggiungiamo i fasolari con il prezzemolo tritato. In seguito si procede con la mantecatura a base di burro e Parmigiano Reggiano e scorza di mezzo lime. Sarà un piatto particolarmente gradevole.
Il vino in abbinamento
Lorenzo propone un vino spumante Durello metodo classico della Cantina Sandro de Bruno Pinot Grigio fresco, giusta sapidità e mineralità, acidità molto spiccata per un piatto come il risotto con i fasolari.
Foto: Credit for Lorenzo Marcato