Prendi questa frase, raccolta per caso davanti alla Torre della piazza dove il vento fa bòvolo: “Ma hai considerato la finestra di possibilità che ti si offre…”. Adesso aggiungine un’altra, come per esempio “Penso a quello che c’è là fuori”. Basta poco per capire che si parla di noi, e di oggi.
Nel primo caso, la finestra è chiaramente una metafora, una voce del parlar figurato che apre orizzonti illimitati alla nostra libertà e intraprendenza.
Nel secondo caso, però, quella frase la diciamo in tanti, pensando all’onda d’urto della guerra in Ucraina, all’attacco proditorio del cosiddetto zar e alla resistenza di un popolo simile a noi, parte della civiltà europea. Prima c’era il desolato silenzio della pandemia, adesso un rumore di tuono si ripercuote nella nostra mente, scenari di fuoco dentro il video e dentro lo spazio domestico. Un mondo in agonia.
Là fuori c’è la realtà sofferta da altri: la frase non è solamente l’allusione a uno spazio urlante sotto la finestra del nostro soggiorno, ma sono un dentro e un fuori che reclamano dialetticamente la nostra attenzione e partecipazione: una finestra sul confine.
Il solo guardare, ha detto lo scrittore Antonio Scurati, non è altro che “illusione di presenza”.
Il risultato è un pensiero allarmato, una tensione improvvisa che ci prende tutti perché ci richiama alla coscienza del presente, a quello che avviene fuori dalla nostra finestra vera o metaforica, fisica o mentale. Là fuori, comunque, suggerisce il saggio, c’è sempre l’aria, il cielo con le stelle, l’infinito.
Lo chiamavamo Billy
Tutti, a Mestre, lo conoscevano con quel nome: Billy. Era “il libraio Don Chisciotte” come lo hanno chiamato gli amici della libreria, giocando sul mestiere e sull’animo di Billy al quale hanno dedicato nei giorni scorsi un affollato ricordo. Ma il suo nome era Luigi, e aveva un cognome famoso, storico: Lamarmora. Faceva parte, con la moglie Rachele, di una pattuglia di marchigiani-mestrini, era dunque un immigrato come migliaia ne sono arrivati intorno agli anni Sessanta dell’altro secolo: sono, anzi siamo diventati parte viva dell’humus di questa Venezia di terra e la sua popolazione è un po’ sconnessa come i ciottoli del Piave ma ha fame e sete di identità.
Lui, Billy ha fatto la sua parte trasformando una semplice libreria in una “bottega” della cultura moderna, dove creava occasioni d’incontro e dava i libri a credito ”svezzando” così molti giovani lettori alle problematiche anche politiche del nostro tempo.
Billy, è stato detto, “apriva dei mondi” attraverso i libri che soltanto alla Don Chisciotte si trovavano. Idea forte: il libro è una porta che si apre su spazi sconfinati, che sono le praterie del sapere che le sorvola come un vento liberatore.
“Mago dei libri”: lo è stato, sicuramente, ma anche un suggeritore discreto, un suscitatore di sviluppo intellettuale che accendeva la curiosità alla quale dava risposte che forse non erano sue ma che sembravano scritte proprio per te. L’omaggio di Mestre ora continuerà con una lapide posta nella sua prima sede, in via San Girolamo, cuore antico della città: sarà il segno del suo fecondo passaggio fra noi.
Elogio del senso unico
La notizia di comportamenti volgari da parte di gruppi di alpini verso le donne durante il raduno nazionale delle penne nere svoltosi a Rimini, rischia di far dimenticare il valore di questi “soldati della montagna” di cui fu cantore, ormai più di cento anni fa, lo scrittore italiano Piero Jahier nel suo libro più famoso, più viscerale e poetico: Con me e con gli alpini.
Le molestie sono una macchia da cancellare. Come dice il saggio: “Ogni nave ha la sua zavorra”…
Non è più il tempo in cui Jahier ha potuto scrivere il suo “breviario militare” (Eraldo Affinati dixit) cioè la Prima guerra mondiale, e anche gli alpini associati non sono destinati a combattere un nemico ma votati alla pace. Basta ricordare la loro dedizione nelle missioni umanitarie ovunque vi siano sofferenze e distruzioni (io li ho visti in Friuli e oso definirli costruttori di pace…)
Gli alpini di oggi, visti dall’Anonimo, sono un dono per l’Italia, e dono significa dare senza chiedere, servire senza compensi, procedere sempre a senso unico: il singolo si fa dono con un abbraccio, il gruppo – come possono esserlo in una nostra città i service club – moltiplica il gesto per mille e diventa patrimonio di civiltà. Dice il saggio: “Ci sono gli alpini molestatori, e… ci sono gli Alpini”.
Canzone dinka
(senza musica)
Iddio creò tutte le cose.
Creò il sole,
e il sole nasce, muore e ritorna.
Creò la luna,
e la luna nasce, muore e ritorna.
Creò le stelle,
e le stelle nascono, muoiono e ritornano.
Creò l’uomo,
e l’uomo nasce, muore e non torna più.
Autore ignoto
“Africa, 1860 circa)
Come sempre… sentimento, emozioni… verità, poesia…