Quasi quasi seguo le squadre patavine campioni d’Italia di rugby da Parma alla città del santo. Cercherei di riprendere la casa delle giocatrici del Valsugana e anche del Petrarca, di andare a raccontare i re dell’imprenditoria di nordest, compreso il finanziatore della palla ovale, 2 milioni di euro di fatturato l’anno, se ho capito bene, con le acciaierie.
La palla ovale trionfa in quel di Parma
Nella città ducale, dunque, scrivo al freddo, quasi, in macchina, è piovuto, mentre mangio un panino al prosciutto cotto e fontina, freddo, dal terzo tempo Peroni, lo sponsor dell’ovale da anni, in Italia.
Qua ho assaporato ancora il popolo del rugby, gente seria, operosa, anche bellissime e bellissimi che cercano la storia d’amore e di notorietà della vita.
La palla ovale maschile
Qui Padova ha superato Rovigo, che l’anno scorso allo stadio Plebiscito lo beffò. Qui non racconto i punteggi, i singoli, neanche le video storie, io, unico videomaker fra i campioni, per raccontare le isole Samoa e un imprenditore sponsor dei campioni, la sua conturbante moglie, anche a 62 anni, il loro lavoro e la vita, la vita a Padova.
La mia storia
Avevo finito le batterie dei due telefoni principali, il terzo è pieno e devo cercarlo, sarà qua in macchina. Rovigo si è aggiudicata il derby del tifo, sul campo ha perso 19-6, l’ho visto poco fa, è ancora sul tabellone.
La palla ovale è più forte di tutto
Non guardo la partita di proposito, arrivo in via Lanfranchi già nervoso, perchè i calabresi, di origine, di Pizza club, da metà ottobre hanno pagato solo la caparra, per il loro capo cucina, egiziano, continuo sempre più nervoso perchè le maschere non mi fanno passare, apposta, per faccio video. “Chi ti ha dato il pass”, mi chiedono in due. “L’ho rubato”, rispondo soprattutto a una straniera educata dal Parma calcio al boicottaggio di vannizagnoli.it.
Contrasti a parte, persino sul parcheggio, parcheggio molto lontano, è stata una gran soirèe.
La palla ovale rosa
Il pomeriggio è stato delle donne, le padovane hanno steso Villorba, Treviso, nel secondo tempo. Lucia Gai è stata l’mvp, di professione contadina, com’era mia mamma, per anni, Emilde, da papà Vasco detta Imelde, come la trattoria che poi mi fermo a raccontare.
Ci pensate?
Una campionessa d’Italia di rugby che lavora in campagna, in campagna, che non lavora con il proprio corpo, su instagram, che non cerca contratti pubblicitari e bei fidanzati, non cerca copertine, non vuole diventare ricca e famosa, non si ispira a Diletta Leotta né a Belen Rodriguez, ma lavora in campagna, dove sono cresciuto io, sino al ’94, sei mesi prima di sposare mia moglie Silvia Gilioli, pubblicista, giornalista, e direttrice di centro medico, a Reggio, ma di basso profilo, a differenza mia.
La palla ovale è vita
Sono qui, a raccontare il rugby e la vita, le professioni, una vicecampionessa d’Italia è ingegnera, aerospaziale, ma ci pensate?
Il professionismo è lontano, ma qua c’è un piccolo genio. Di nuovo, non vive su instagram, né per i mi piace, non ammicca alla videocamera o alla fotocamera, qui si studia o si lavora e poi si gioca, a rugby.
“E si mangia. Quello che mi pare”, dice Rebecca.
Gente vera, gente del Nordest
Io sono come loro, di notte, di giorno, mangio quando e quanto e come mi pare. E’ gente vera, come me, gente di sani principi, che gioca e si allena, che studia o lavora, anche duramente. Che non ammicca, non sorride per cercare visibilità o opportunità.
Questo è il rugby, di gente a posto, per bene
Sono entrato ai maschi per l’ultimo quarto, neanche fosse basket, che preferisco ma non mi accredita, in tanti posti, Milano e Virtus Bologna, in particolare. Giro una volta e filmo i tifosi polesani, più tardi passerò sotto la loro bandierona. Emozioni, commozione.
Padova capitale della palla ovale
Padova, dunque, è la capitale dell’ovale italiano, il simbolo del nordest, gente, ripeto, che lavora, che risparmia, che magari investe risparmi per alimentare la passione di questa regione. Aspetto uno scudetto a Belluno e a Vicenza e anche nei paesi.
Casale sul Sile, ero bambino, Paese, Treviso. Logrò Paese. Mirko Petternella, un giorno racconterò la figlia.
Ho voglia di rugby
Ho conosciuto Franco Properzi, ex azzurro, ricorderemo Milano che con Berlusconi vinse anche nel rugby, con Fabio Capello manager, ricorderemo Cuttitta, gigante ucciso dal covid.
Un giorno farò il giro d’Italia, verrò a Monigo, Treviso, per il Benetton, e a Villorba, andrò a L’Aquila, a Noceto, a Colorno, a Firenze per i Medicei ero già stato ma non ci sono più, almeno in serie A. Tornerò a Calvisano, allo stadio, per la famiglia Gavazzi.
La palla ovale è emozione
Ho voglia non di rugby, di sport, di emozioni, di gente seria, perbene, normale. Di gente che vince o perde con stile, senza follie.
Preferisco il rugby, di gran lunga, pur non capendone nulla e pur non guardando la partita di Mbappè, al Real Madrid e al Liverpool, le squadre più titolate d’Europa, in mezzo c’è il Milan.
Aspettando il salto del rugby italiano; maschile e femminile
Aspetto che il rugby italiano sia più italiano e che vinca coppe, europee, siamo lontani. “Nel femminile neanche ci sono”, mi dicono Rebecca e Rebecca, vicecampionesse d’Italia, con Villorba. A Villorba è stata grande la Benetton basket e volley, un giorno salirò e andrò a casa dei campioni e delle pantere, di Conegliano. Nove su 12 vanno via, non capisco perchè.
Nel rugby girano meno soldi.
Ah, Villorba aveva un premio di 10mila euro, da spartire.
Ah, viste da vicino hanno gambe e polpacci super tonici. Magari sono soltanto fidanzate, non giocatrici, ma è uguale. Sempre bellissime sono.