Una Biennale Arte 2022 in cui Venezia esprime una creatività femminile debordante e onirica come il titolo che l’accompagna “Milk of dreams – Latte dei sogni”, omaggio a Leonora Carrington. Una Biennale in cui le giovani artiste, già delle star, fanno ben sperare per le nuove leve dell’arte contemporanea mondiale. Visitare l’Arsenale o il padiglione centrale dei Giardini ha, per gli addetti ai lavori, l’effetto di un’ immersione totale nel colore e nel segno che tratteggia il futuro. Sarebbero tantissimi gli artisti da citare, ma l’attenzione si focalizza, almeno per chi scrive, su alcune straordinarie personalità che la curatrice Cecilia Alemani ha avuto il pregio di selezionare.
Una Biennale di scoperte
Sono talenti incredibili che regalano esperienze estetiche e visive di altissimo tenore. Una di questa è sicuramente la britannica Jadé Fadojutimi, classe 1993 che vive e lavora a Londra. A Venezia Jadé che incanta per il suo sorriso e il suo look country, ha portato tre opere monumentali: “The Prolific Beauty of our Panicked Landscape”, “And that day , she remembered hot to purr” e “Rebirth”, tutte del 2022. Le dimensioni sono importanti e le opere su tela trovano spazio e respiro nel padiglione centrale dei Giardini. Superano i due metri di lunghezza, una di queste è di tre metri, e consentono una visione immersiva nel mondo colorato e naturale di Fadojutimi.
Il risultato è uno stato di narcosi cromatica che avviluppa i sensi e il cervello trasportando chi guarda nell’immaginario stesso dell’artista. Jadé è da sempre affascinata dalla cultura nipponica e nel gesto spontaneo e rapido racchiude la sua estetica e tutta la sua poetica interiore. Queste opere immense vengono spesso realizzate in un’unica sessione e questo la dice lunga sulla capacità e il talento di Jadé. Nella sua mente l’opera è già composta, il cromatismo è chiaro e mai affastellato, l’effetto è l’ingresso in un portale naturale che introduce in una dimensione completamente riconoscibile e al contempo complessa. Fadojutimi lavora con olio, acrilico e pastelli ad olio, tutto molto naturale.
Le forme si susseguono come aggrovigliate, ovali, linee segni, cerchi, una semantica che sembra essere l’alfabeto dell’artista, un racconto compiuto su tela in cui emozioni, ricordi d’infanzia, e quell’atteggiamento unico e meraviglioso attinto dalla cultura giapponese che è lo shoshin (la mente del novizio), ne decrittano l’intenzione. Una capacità innata che consente a Jadé di rendere gli oggetti della quotidianità pressoché irriconoscibili. Nel suo mondo di colori e forme tutto assume un aspetto equilibrato, seppur apparentemente caotico.
Miriam Cahn
Un’altra artista che non consente distrazioni e colpisce direttamente al cuore è la svizzera Miriam Cahn, classe 1949. Il femminismo di Cahn trasuda dalla sua opera che restituisce paesaggi da incubo in cui si consumano atti di violenza. Il tema del corpo inserito in dinamiche abusive o di guerra è al centro della riflessione dell’artista elvetica. Alla Biennale Arte 2022, nel padiglione centrale ha portato una serie di opere senza retorica: “Unser Suden” un olio su tela del 2021 in cui due figure umane trascendono il paesaggio svanendo in esso. Sembrano galleggiare in uno spazio sfuocato che, a mano a mano, sembra perdere i contorni.
I temi al centro dei lavori di Miriam Cahn sono tragicamente attuali: dal movimento #metoo, alla guerra nell’ex Jugoslavia all’attacco al World Trade Center. La poetica dell’artista è intrecciata con l’attualità e vi si inserisce con una crudezza a tratti difficile da sopportare ma sempre necessaria. La tecnica pittorica, malgrado l’attività che supera i 40 anni, è sempre e comunque contemporanea proprio in virtù del suo effetto rarefatto.
La Biennale dei sogni
Usciamo dalla pittura ed entriamo nel mondo del tridimensionale e dei nuovi materiali con Kaari Upson, californiana classe 1970. Di padre americano e madre tedesca, Upson è ossessionata da volti, occhi che guardano, effigi che vengono a loro volta risucchiate in un caleidoscopio di colori. La forma tridimensionale incontra la raffigurazione del ritratto e lo rende inquietante. A Venezia sono visibili i suoi misteriosi “Portrait”. L’operazione è quanto mai originale nel caso della tecnica dell’artista statunitense.
Lavorando con modellazione in 3D, Upson prepara prima stampi e calchi sui quali successivamente va ad applicare strati di uretano, resine e pigmenti realizzando numerosi dipinti dallo stesso stampo. I colori sono altrettanto originali e spaziano dal rosa carne al blu intenso al giallo fluorescente, con riflessi cangianti offerti dal particolare materiale e resine. Non è un caso che i volti che emergono dalle opere di Upson descrivano il declino fisico, lo sguardo sfinito dalla malattia e dal dolore, purtroppo Kaari Upson, malata di cancro è scomparsa proprio nel 2021. La Biennale di Venezia la ha tributato il giusto omaggio e riconoscimento.
Venezia da visitare, Venezia da vivere nell’arte della sua incredibile Biennale 2022 che rifulge dell’intelligenza e dell’accurata selezione delle opere. In poche parole: imperdibile per gli artisti emergenti in cerca di ispirazione e di spunti su cui lavorare.
Con questo articolo hai fatto suscitare curiosità’, emozione e voglia di visitare…. Ci vorrebbero c que guide esperte e sensibili che dovrebbero dare 1 chiave di lettura a questi artisti provenienti da tutte le parti del mondo che dovrebbero sensibilizzare il grande pubblico e non solo l’elite di chi sceglie.