Si è parlato molto dell’istituto del potere e del diritto di veto nelle Nazioni Unite. Cioè della facoltà di impedire con il proprio voto negativo l’adozione di qualsiasi delibera. Che costituisce la distinzione tra gli Stati membri permanenti e quelli non permanenti dell’organo politico dell’ONU. Le Nazioni Unite sono nate con i cinque Stati membri (Cina, Federazione russa, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti) dotati dello strumento del veto. Anzi, l’organismo onusiano è stata fondata in modo tale che tutte le decisioni importanti avessero il supporto e l’assenso delle Grandi potenze. Le stesse che avevano sconfitto il nazifascismo nel secondo conflitto mondiale.
L’Istituto del veto
Sin dai primi passi dell’ONU tale strumento è stato una costante fonte di tensione tra i cinque membri permanenti. Dalla fine della guerra fredda, la riforma dell’istituto del veto è stato un elemento di molte iniziative. Volte a riformare dopo più di settant’anni l’architettura del Consiglio di Sicurezza. Molti Stati membri hanno a varie riprese sostenuto che l’organo politico onusiano non riflette più i cambiamenti. Inevitabili dopo i cambiamenti registrati dall’ordinamento mondiale dalla fine degli Anni Quaranta del Novecento. Non solo: gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno avvertito ed assistito all’abuso del potere di veto durante le discussioni all’interno del Consiglio di Sicurezza.
Prendiamo la situazione attuale
L’assemblea Generale delle Nazioni Unite si è resa perfettamente conto che la delegazione russa non vuole affrontare il problema della controversia con l’Ucraina. Da oltre due mesi oggetto di aggressione da parte delle truppe russe. Il veto di Mosca ha bloccato il Consiglio di Sicurezza ogni volta che si è cercata una risoluzione di condanna.
La strategia per aggirare il problema del veto
Per aggirare l’ostacolo il Consiglio ha dovuto prendere in mano la situazione attraverso l’adozione della risoluzione A/RES/76/262. In cui si chiede che tale organismo assembleare possa riunirsi ogni volta che viene espresso un veto. L’ufficio di presidenza dell’assemblea onusiana può convocare entro dieci giorni una seduta formale per avviare una discussione sullo strumento del veto. E, in caso eccezionale, lo Stato membro o gli Stati membri che hanno espresso il veto avranno la precedenza nella lista delle delegazioni che dovranno intervenire.
Come il veto può creare una situazione di stallo
La questione del veto ci porta alla mente la situazione di stallo sulla Siria, nei primi anni del Duemila. Che portò gli Stati membri a cercare degli escamotage per far in modo che l’impiego del diritto di veto non fosse usato in maniera leggera. Qualche anno fa la Francia presentò un documento relativo alla dichiarazione politica sulla sospensione del potere di veto. Quando ci si trovi dinanzi ad atrocità di massa.
Sancito che i cinque membri permanenti dell’organo politico onusiano manifestassero la loro volontà a non ricorrere all’istituto del diritto di veto. Questo davanti all’accertamento di crimini internazionali come il genocidio, l’aggressione, la guerra e la violazione dei diritti umani.
Codice di condotta
Il gruppo garante composto da quasi una trentina di Stati fece circolare un “codice di condotta”. Che chiedeva agli Stati membri di “impegnarsi a supportare l’azione decisa e tempestiva del Consiglio di sicurezza. Mirata a prevenire o a porre fine alla commissione di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra”. E, nello specifico, di impegnarsi a non votare contro bozze di risoluzione aventi questo preciso scopo. Nel settembre 2015, la Francia e il Messico predisposero una dichiarazione con la quale veniva proposto un “accordo collettivo e volontario dei membri permanenti che si asterrebbero dall’impiegare il veto in casi di atrocità di massa”. Il documento poneva il diritto di veto più come una responsabilità che come un privilegio.
Con il veto della Russia è tutto nelle mani dell’Assemblea Generale
Ora per la prima volta, a causa dello stallo del Consiglio di Sicurezza sulla crisi ucraina con il veto della Russia la patata bollente è passata nelle mani dell’Assemblea Generale. Che ha adottato tre risoluzioni direttamente legate al conflitto in corso fra le truppe russe e quelle ucraine: la prima di condanna sull’aggressione russa. La seconda sulle conseguenze umanitarie cagionate dall’atto aggressivo russo: infine, sulla sospensione della Russia dal Consiglio dei diritti umani.
L’importanza del veto
Pare evidente come lo strumento del potere di veto influisca molto sulla capacità dell’organo politico onusiano di affrontare le violazioni commesse. Sia contro il diritto internazionale generale, sia contro la stessa Carta dell’ONU. Siria docet. Quando l’utilizzo del diritto di veto ha bloccato il progetto di risoluzione del Consiglio di Sicurezza relativa alla condanna degli attacchi con armi chimiche. E l’impedimento di adire la Corte Penale Internazionale.
Altrettanto sta succedendo con la vicenda dell’Ucraina
Il veto ha reso inoperabili le indagini e l’istituzione di tribunali penali ad hoc, nonché la condanna dell’aggressione russa contro il territorio ucraino. La prassi dell’abuso di tale potere è colma. Si pensi al veto usato dagli Stati Uniti su una gamma di bozze risolutive sul perseguimento, la riabilitazione e il reinserimento dei combattenti terroristi stranieri. O a quello della Federazione russa di qualche anno fa, su una bozza di risoluzione relativo al clima e alla sicurezza. Che potrebbero far presagire il loro ormai consuetudinario di ricorrere al veto su tematiche scottanti.
Difficile venga abolito
La probabilità di un’abolizione dell’istituto del diritto di veto appare non realizzabile. Semplicemente perché l’emendamento alla Carta onusiana necessita del supporto di tutti e cinque Stati membri permanenti. Ma il richiamo dell’Assemblea Generale è servito per imporre moralmente una maggiore responsabilità ai membri permanenti.