Chi ha amato La mia famiglia e altri animali di Gerald Durrel, credo si divertirà molto a leggere questa raccolta costituita per lo più da brevi, fulminanti dialoghi tra madre e figlia raccolti da Valentina Sturli nell’agile volume Una mamma e altre calamità e pubblicati di recente da Prospero editore con un titolo che richiama, appunto, quello del celebre etologo.
L’autrice è una serissima e competente studiosa di letterature comparate che però non disdegna affatto di esprimere la sua naturale vena toscana che la porta a vedere e raccontare la realtà attraverso il filtro della comicità.
Il ritratto della mamma
Il ritratto che emerge di questa madre, una donna dal forte temperamento e dalla spiccata personalità, si dipana attraverso dei travolgenti duetti dove la tenerezza dell’amore materno si estrinseca e si materializza in pranzi e cene che chiamare luculliane diventerebbe eufemistico, in menù che prevedono portate che metterebbero a dura prova gli stomaci più avvezzi alla cucina ricca di grassi e fritti:
– Mamma, che mangiamo a Natale?
– Allora, ho pensato: il 24 sera tartine di salmone, pasta al forno, conigliolo in umido con la polenta, paste assortite, pastiera; il 25 antipasto toscano, tortellini in brodo, cappone, mostarda, giardiniera di verdure, pollo fritto con le patate, insalata di rinforzo, pandoro; il 26 tortelli al ragù, stoccafisso con le patate14, fegatini, insalata russa, panettone al pistacchio.
– …
– …
– Via, menomale poi basta.
– «Basta» come sarebbe? Il 27 è domenica! Lasagne al forno, pollo arrosto, faraona e quel bel pezzo di capriolo…
Una mamma che è una riserva inesauribile di battute caustiche e salaci, basti solo questo esempio:
– Mamma, questo che vedi in foto è XY. Il mio nuovo compagno.
– Uhm. Tanto nuovo non mi sembra. Quant’anni ha?
– Un bel po’ più dei miei.
– …
– …
– Via, bon per lui. Almeno ti ci ha da sopportare solo la seconda metà della vita!
I siparietti con la mamma
In questi brevi siparietti autobiografici ognuno di noi figli/e o madri può ritrovare, con le dovute differenze, geografiche o anagrafiche, un po’ della sua esperienza di vita, nel rapporto affettuosamente conflittuale di certi innocenti bisticci, piccole incomprensioni, prese in giro amorevoli. Ci si ritrova, ad esempio, da una parte e dall’altra, nel gap tecnologico che divide le generazioni e dà vita a momenti esilaranti, che ricordano certe pagine di Zerocalcare:
– Alexa, ma te le capisci veramente le cose?
– Non ho capito la tua domanda.
– Alexa: te le capisci le cose? Se io ti parlo te capisci davvero o fai per finta, sei un compiùte?
– Sto effettuando una ricerca per te.
– …
– …
– Sei troppo scema per ésse un compiùte!
Nel libro trovano spazio anche altri personaggi, dai nomi romanzeschi, come la nonna Libia, la bisnonna Aldegonda, “donna imponente, con capelli bianchissimi, pelle liscia, spalla robusta, vestita di nero, con un viso regolare e squadrato. Aldegonda era spiccia nei modi, nella sua vita aveva gestito un padre cavatore alcolizzato, un fratello cavatore alcolizzato, forse (non so, non c ’è alcuna traccia nella memoria familiare di un padre di mia nonna, benché mia nonna fosse regolarmente nata all’interno di un matrimonio – e dubito che si riproducessero per partenogenesi) un marito cavatore alcolizzato.” (pp. 24-25).
E poi c’è Pippo, il cinghiale da cucinare per il cenone di Capodanno, al quale, alla fine, dopo tante cure, ci si affeziona
E che dire degli omìni, che non ci sono quasi più? “Dicesi omìno un particolare tipo di signore di età indefinibile, comunque più o meno oltre la pensione (o baby-pensione), altezza standard intorno al metro e cinquanta, ventre rotondo, generalmente lesto di parlantina, baffuto, rosso in faccia e d’estate abbronzato oltre ogni limite del melanoma, recante in capo il cappellino bisunto d’ordinanza, per divisa una canottiera rigorosamente bianca a costine […] Quando ero piccola io, e almeno fino a tutti gli anni Novanta, si vedevano in giro molti omìni, indaffarati nelle loro imprescindibili occupazioni: riparare la roba ammaccata, imbiancare per pochi soldi le case, curare gli orti con furia meticolosa, arrotare i coltelli malandati, incartare con perizia le uova in vecchi numeri dell’Espresso o Panorama” (pp.43-44).
Appare anche un nipotino che quanto ad arguzia e battute promette bene:
– Amore di Zia, li vuoi i biscottini di grano saraceno che Zia ha imparato a fare durante il lockdown? Te li manda la Zia, eh? Te li manda i biscottini buoni?
– …
– …
– Se sono come quelli dell’ultima volta mi sa che è meglio se resti a studiare.
Da una mamma “sui generis” all’attualità
Tra le pagine si fa spazio dunque anche l’attualità: con le paure per la pandemia di Coronavirus, un lockdown da affrontare, le distanze da colmare attraverso il telefono e/o le videochiamate.
Valentina Sturli in questo libro ci racconta molto di sé e della sua famiglia, con uno sguardo divertito e affettuoso insieme, regalandoci momenti di piacevole lettura e viene proprio da ringraziarla per questo spazio di leggerezza intelligente.
Ai capitoli si alternano delle simpatiche vignette, opera di Angelica Regni, che illustrano personaggi e situazioni narrate nel libro.
Chi è Valentina Sturli
Valentina Sturli è nata a Pisa nel 1984 e insegna letteratura all’Università degli Studi di Padova. Formatasi alla Scuola Normale Superiore di Pisa e all’Università di Padova, è stata docente a contratto di lingua e letteratura italiane presso l’UFR d’Études Italiennes di Sorbonne Université. Si occupa di letteratura italiana contemporanea e letterature comparate. È tra i curatori del volume postumo di F. Orlando, Il soprannaturale letterario (Einaudi 2017) e di Vecchi maestri e nuovi mostri. Tendenze e prospettive della narrativa horror all’inizio del nuovo millennio (Mimesis 2019). È appassionata di letteratura italiana e francese contemporanea, di soprannaturale, di cinema horror e di serie TV. Questo è il suo primo libro di narrativa.
Valentina Sturli, Una mamma e altre calamità, Novate Milanese (MI), Prospero editore, 2022.
Ringrazio di cuore l’autrice, Annalisa Bruni, per questa bellissima recensione; e faccio tanti complimenti al giornale!
Grazie!