La cosa più importante per un portiere sono le mani. Quando si pensa a Dino Zoff la prima cosa che viene in mente sono proprio le sue mani. Le sue mani che bloccano sulla linea il colpo di testa del brasiliano Oscar all’ultimo secondo della partita che spalancherà la via per le semifinali del mondiale del 1982. Le sue mani che impugnano ed alzano al cielo la Coppa del Mondo dopo la vittoriosa finale con la Germania al Bernabeu. Le stesse mani rese immortali da un celebre dipinto di Renato Guttuso, poi trasformato in un francobollo celebrativo di quel trionfo. Le mani di un uomo lontano anni luce dai suoi colleghi di oggi.
Dino e i suoi 80 anni
Dino Zoff ha festeggiato il 28 febbraio 80 anni. Ma da 40 è un monumento vivente, da quella notte a Madrid quando da capitano ha coronato una carriera esemplare e irripetibile. Come vittorie ma ancor più come valori messi in campo. Record a ripetizione, alcuni eguagliati e superati (i record sono fatti per questo) ed altri insuperabili. Imbattibilità in nazionale e in campionato, record di presenze in nazionale, diventando il primo a superare le 100 partite, record di partite consecutive. Record di vittorie. Unico calciatore italiano ad aver vinto un campionato d’Europa (nel 1968) e un Mondiale (nel 1982). Giocatore più anziano a vincere un Mondiale. Più una serie sterminata di scudetti e coppe.
Dino vs Albertosi
Zoff è diventato un grande portiere quando l’Italia era la patria dei numeri 1, vincendo una rivalità contro un’altra leggenda come Enrico Albertosi, che, anche se ha avuto la carriera macchiata dal calcioscommesse, non era certo inferiore a Zoff. I due erano diversi anche nel carattere: Albertosi era estroverso e guascone, un toscano dalla battuta pronta e tagliente, Zoff, invece, tanto riservato da non ricordarci oggi una sua parola fuori posto. Hanno duellato per la maglia azzurra, dividendosi gioie e dolori. Zoff con le vittorie menzionate prima, mentre Albertosi diventando uno degli eroi di Messico 1970.
Gli aneddoti
Nonostante il suo carattere, il mito giovanile di Zoff è stato Bepi Moro, trevigiano di Carbonera che ancora oggi viene ricordato come un grandissimo portiere e al tempo stesso un pazzo totale dalla vita da romanzo, completamente sregolata. La carriera di Zoff ci ha inoltre regalato anche episodi unici ed irrepetibili nel calcio odierno, al limite del grottesco, come la storia del suo vice Alessandrelli. Enrico Ameri, una delle storiche prime voci di “Tutto il calcio minuto per minuto”, quando commentava le partite della Juventus ed arrivava alla panchina nella lettura delle formazioni, divertiva i radioascoltatori con una frase diventata poi eterna: “Salutiamo Alessandrelli, nostro fedele ascoltatore”. In cinque stagioni diverse Alessandrelli giocò solo una partita di campionato con i bianconeri, subentrando a Zoff in un match tra Juventus e Avellino che si concluse con un rocambolesco 3-3. La leggenda friulana ovviamente uscì senza subire reti.
Allenatore
Di Zoff va anche celebrata la bella carriera d’allenatore, che poteva rilevarsi addirittura gloriosa con la vittoria dell’Europeo in Olanda nel 2000, quando gli azzurri persero immeritatamente ai supplementari con la Francia per il golden goal. Dopo quella partita, però, le offese ingiuste e immotivate da parte di Silvio Berlusconi lo disgustarono a tal punto da rassegnare le dimissioni. Gesti che oggi sono anche difficilmente immaginabili, come la recente esperienza con il CT Ventura insegna. Da allenatore aveva iniziato come preparatore dei portieri alla Juventus per poi passare alla nazionale Olimpica, che portò a Seul 1988 dove poi fu sostituito in modo disastroso da Francesco Rocca.
Dino e la Juventus
Sulla panchina bianconera vinse una Coppa Italia ed una Coppa Uefa, vinta con una Juventus non irresistibile e tra molte polemiche per un arbitraggio discutibile nella finale d’andata contro la Fiorentina. Nonostante le due vittorie, fu bocciato dalla nuova gestione Montezemolo che stava sostituendo Boniperti. Il brillante Luca Cordero trovava infatti troppo grigio Zoff e chiamò Maifredi in panchina. Il cambio si rivelò un flop, con risultati disastrosi nonostante un mercato importante e reso grande dall’acquisto di Roberto Baggio.
Un uomo di poche parole
A quel punto, Zoff abbandonò definitivamente Torino per vivere stagioni positive alla Lazio, in Nazionale, come detto prima, e di nuovo alla Lazio come dirigente. Concluse alla Fiorentina, dove, con l’avvicinarsi della vecchiaia, iniziò a capire che gli arbitraggi non sono uguali per tutti. Celebre la sua frase dai toni polemici dopo un Sampdoria-Fiorentina: “Inizio a pensare male”. Essendo pronunciata dalla bocca di uomo pacato, misurato e mai polemico fece rumore. Zoff aveva capito bene era l’alba di calciopoli con tutta la spazzatura che sarebbe venuta fuori. Dopo quella panchina smise e si ritirò a Roma, ormai diventato il suo porto sicuro.
Dino e quel Mondiale tanto voluto
Una delle immagini più belle legate a Zoff è sicuramente quella del bacio a Bearzot al termine di Italia-Brasile allo stadio Sarria di Barcellona, dato dal capitano azzurro al suo Mister che veniva intervistato a bordo campo da Giampiero Galeazzi uscendo dal campo. Un gesto tenero e carico d’affetto verso quello che si può considerare il suo padre sportivo. Enzo Bearzot diede fiducia a Zoff quattro anni prima, quando la stampa distrusse il portiere della nazionale, incolpandolo della mancata vittoria dell’Italia nel Mundial del 1978 in Argentina. La critica distrusse Zoff per i due gol da fuori incassati nella partita d’accesso alla finale contro l’Olanda e per un altro da distanza simile contro il Brasile nella finalina per il terzo e quarto posto. Zoff, grazie alla fiducia incrollabile di Bearzot, seppe ripartire e salire sul tetto del mondo quando sembrava ormai irraggiungibile.