La guerra e lo sport, è un binomio ritornato prepotentemente di attualità. C’è stato il rientro in Italia, a fatica, di Roberto De Zerbi, ex allenatore del Sassuolo, con il suo staff. Erano rimasti ‘intrappolati’ a Kiev dopo l’invasione russa.
Guerra e sport
“Siamo arrivati a Bergamo – racconta – dopo un viaggio infinito, cominciato domenica a mezzogiorno e proseguito poi, in treno e in pullmino, fino a Budapest dove il gruppo si è imbarcato sul volo che ci ha riportati a casa, con la collaborazione determinante della Uefa e della Figc. In tutto 27 ore”.
“Contenti ma non felici”, twitta lo Shaktar
“Siamo contenti perché torniamo a casa, torniamo nel nostro paese e alle nostre famiglie, ma non saremo felici fino a quando i nostri amici ucraini e tutto il popolo ucraino non saranno liberi come lo siamo noi. Stop alla guerra subito”, dice il tecnico bresciano, circondato dal vice Davide Possanzini, dal preparatore atletico Agostino Tibaudi e da altri 6 collaboratori.
Quando guerra e sport dividono
“Ci siamo trovati in una situazione più grossa di noi – racconta Paolo Bianco, ex difensore centrale del Sassuolo, con Di Francesco -. Siamo tornati dal ritiro invernale in Turchia sabato 19 febbraio, per riprendere il campionato il 26, una settimana dopo. I sentori c’erano, però dal punto di vista della Federazione calcistica dell’Ucraina non c’erano i presupposti per uno scenario del genere. Invece, gli eventi sono precipitati e verso le 5 del mattino siamo stati svegliati dalle esplosioni!
Il racconto
Disastro. Siamo scappati da casa con niente addosso, e siamo venuti nell’albergo in pieno centro a Kiev di proprietà di Rinat Achmetov, il presidente dello Shakhtar. Ci hanno messi in una specie di sotterraneo, è un posto sicuro anche se a soli 2 km da Piazza Maidan, il cuore del potere”.
Là c’erano i ragazzi dell’Ocse e dell’Onu
“Nessuno pensava che l’esercito ucraino avrebbe resistito così tanto. Vladimir Putin ha praticamente preso l’Ucraina in mezza giornata, ma in due giorni non riesce a conquistare Kiev”.
Se la guerra uccide lo sport
La via di fuga degli sportivi dall’Ucraina è proprio la Romania, c’è arrivato anche l’ex arbitro Luciano Luci, designatore in Ucraina. E’ arrivato all’aeroporto di Firenze dove ad aspettarlo c’erano la moglie Gianna e Stefano, uno dei suoi figli. “Ora me lo porto a Barberino del Mugello e non lo lascio più andar via” dice la moglie commossa.
A 72 anni, è designatore, da una decina di giorni si trovava in Ucraina, a Kiev, per designare gli arbitri in vista della prima giornata. “Quando ho sentito il primo scoppio pensavo fossero fuochi d’artificio che vengono sparati per le feste di compleanno – racconta commosso -. Mi sono affacciato alla finestra per vederli. Poi, però, ho capito quello che stava accadendo. Ho avuto paura, i missili avevano colpito l’aeroporto di Boryspil. Ho provato a scappare in Polonia ma dopo dieci chilometri il traffico era paralizzato, così sono andato all’ambasciata, a Kiev, dove l’ambasciatore Francesco Zazo ha messo a disposizione la sua residenza, di tre piani, a 105 persone”.
L’ex designatore Nicola Rizzoli è consulente arbitrale in Ucraina, è stato a novembre, sarebbe ritornato, senza la guerra.
La guerra si fa anche non scendendo in campo
Csi era la comunità stati indipendenti, fu la sigla della Russia dopo l’Urss, dopo la disgregazione, e con quella dicitura partecipò agli Europei del ’92. Adesso la nazionale si chiamerà Rfu, ma la Svezia e la Polonia hanno già deciso di non disputare lo spareggio di qualificazione al mondiale di Qatar 2022.
Se la guerra uccide gli sportivi
Intanto ci sono state già 3 vittime fra gli sportivi, il biathleta Malyshev, 19 anni, e due calciatori: Vitalii Sapylo (21 anni), del Karpaty, terza divisione ucraina, e Dmytro Martynenko, attaccante 25enne dell’Fc Hostomel, seconda divisione, di cui è stato miglior giocatore e anche capocannoniere. E’ una tragedia nella tragedia.
Come si vive le guerra in Italia
Nel volley, il giocatore più popolare al mondo, l’opposto Leon, cubano naturalizzato polacco spiega come la vive l’ucraino Oleg Plotnisky, a Perugia. “La situazione è molto particolare, è concentrato su quanto deve fare, ha il supporto della squadra, per quanto vive l’Ucraina”.
E Angelo Lorenzetti, tecnico veterano della serie A, da Trento: “La guerra riaccende il dolore nei miei genitori. Certe situazioni lasciano segni per sempre”.
Guerra e judo. Poteva servire. Non è bastato
Ezio Gamba, bresciano, si è naturalizzato russo, è stato oro a Mosca nel judo e argento a Los Angeles ’84. E’ stato maestro di judo di Vladimir Putin e nel 2016 fu il leader russo a chiamare Matteo Renzi, allora premier, per evidenziare la scelta.
Ora a Putin è stata levata la carica di presidente onorario della federazione mondiale e ambasciatore della disciplina di cui è cintura nera e su cui ha scritto un libro. Sarà spostato anche l’ufficio presidenziale europeo, da Mosca.
Putin vanta infinite immagini di combattimenti, utili per la propaganda, ma senza toccare gli eccessi delle cacce nei boschi e delle cavalcate a petto nudo nella steppa.
Putin poteva usare la disciplina orientale per evitare la guerra
Nel suo manuale il presidente russo parlava di strategie, non solo di tecnica, e fino all’invasione dell’Ucraina si riteneva che l’apprendimento della disciplina orientale fosse alla base del suo self control e della sua capacità di colpire fulmineamente con risultati immediati. Agli Europei 2010 di Vienna, premiò gli azzurri che avevano battuto i russi.
Se vivi la guerra con lo sport e le lacrime nel cuore
Nella scherma, a Bologna c’è Olga Kharlan, alla Virtus, è ucraina e moglie di Luigi Samele, l’argento azzurro a Tokyo, nella sciabola. E’ in trepidazione per i parenti, in Ucraina, lei ha un super palmares ai mondiali, come individuale, un po’ meno alle olimpiadi. E’ fra i tanti sportivi ucraini di scena in Italia.