Per comprendere quando nasce la contaminazione nei processi artistici, tra discipline e tecniche differenti, è necessario volgere lo sguardo al passato. Precisamente alla fine dell’Ottocento, nel 1897 quando a Vienna un gruppo di 19 artisti decide di uscire dal linguaggio accademico e lasciare briglia sciolta alla creatività più spontanea. Firmano un manifesto di “secessione” da cui prenderà forma il movimento artistico della Wiener Sezession. Tra questi artisti ribelli c’è anche Gustav Klimt, capofila e modello di un nuovo modo di concepire la pittura, la forma e l’introspezione psicologica nel volto umano.
Klimt e i suoi “richiami”
Klimt innamorato dei colori e delle tecniche artigianali antiche, subisce l’influenza dell’Italia in maniera preponderante. I richiami all’arte del vetro di Venezia, le trasparenze delle murrine, i giochi di riflessi dell’acqua, ma anche il mosaico bizantino di Ravenna dove visita Sant’Apollinare in Classe, lo affascinano e lo ispirano. E Venezia lo vede passeggiare tra le sue calli e frequentare con assiduità la Biennale d’Arte alla quale partecipa sia nel 1910.
Un artista dai mille volti
La formazione dell’artista viennese è poliedrica, studia alla Scuola d’Arte e mestieri di Vienna, apprende diverse tecniche artistiche, è onnivoro e curioso, approfondisce la ceramica, si avvicina all’arte orafa che fu la professione del padre. Nella concezione artistica di Klimt tutto si intreccia e tutto si mescola: la pittura, il ritratto, la decorazione, la sperimentazione di paesaggi onirici e simbolici, inclusa l’allegoria che si nutre degli studi psicanalitici di Freud, della letteratura intimista di Robert Musil e Arthur Schnitzler.
Il cambiamento di Klimt
L’Austria Felix è in fase crepuscolare, Roth ne è il cantore e anche Klimt misura la decadenza del suo paese intingendo il pennello nell’oro. Il periodo aureo dell’artista si coniuga, infatti, con un nuovo modo di ripensare il femminile. Non più opulenza e forme muliebri, bensì donne la cui magrezza anticipa le mode del Ventesimo secolo.
Klimt e la donna
La bellezza della donna per Klimt è nello sguardo, nell’ambiguità della forma eterea che sarà quella delle modelle di oggi. Lo testimoniano le sue “Bisce”, creature acquatiche ed enigmatiche o “Giuditta I” del 1901 che Klimt cinge di gioielli e veste di murrine, lasciando intravvedere un seno piccolo e moderno. “Giuditta I” ha gli occhi socchiusi e le labbra che scoprono con voluttà una fila di denti bianchi, quasi a simulare un’estasi amorosa.
Il femminile in Klimt è quasi sfrontato, diretto nella sua sensualità come la splendida “Danae” (1907), la chioma rossa e le gambe da cui scende una pioggia d’oro, immagine plastica della sensualità, così “Le tre età della donna” (1905) in cui l’artista consegna la bellezza di Venere all’ineluttabile declino della vecchiaia.
Lo sguardo oltre il suo tempo non ha sempre giocato a favore dell’artista austriaco
La capacità di anticipare i tempi, di leggere l’alta società viennese ormai destinata a infrangersi contro il muro di un Prima Guerra Mondiale ormai imminente, e un carattere non certamente facile. Hanno in più di qualche occasione reso complicati i rapporti con la committenza. In modo speciale quella pubblica. E’ il caso di quanto avvenne con l’opera commissionata dall’Università di Vienna che chiese all’artista di realizzare la decorazione del soffitto dell’aula magna con le allegorie delle facoltà di Filosofia, Medicina e Giurisprudenza. Klimt non si fece condizionare dall’austero comitato accademico dell’ateneo e realizzò un’opera monumentale ed affollata, che scandalizzò e fu immediatamente respinta.
Klimt non si piega
L’artista per dare corpo al trionfo dell’Illuminismo sulle tenebre dell’ignoranza fece apparire su tela corpi nudi che vorticavano in spazi onirici e altrettanto turbinosi e dinamici. Il rifiuto e le critiche non distolsero l’artista dai suoi propositi e, nello stesso periodo, diede vita allo splendido “Fregio di Beethoven” che disegna l’aspirazione dell’arte a divenire eterna, come le opere musicali del maestro tedesco.
L’omaggio
In occasione della Mostra dedicata a Klimt che si è tenuta al Museo di Roma, è stato possibile ricostruire il cromatismo della “Filosofia” uno dei pannelli parte dell’allegoria bocciata dall’università viennese. L’opera, infatti, era stata distrutta in un incendio alla fine della Seconda Guerra Mondiale nel 1945. Ne rimanevano solo alcune immagini in bianco e nero. Un team di studiosi e artisti di Google Arts & Culture hanno ricostruito grazie a un algoritmo e all’intelligenza artificiale l’aspetto originale dell’opera. Una tavola cromatica sorprendente di una bellezza senza eguali. Può essere vista a questo link
https://artsandculture.google.com/asset/philosophy-recolored-with-artificial-intelligence-gustav-klimt/fAE8Sorss5TLiA. I critici di tutto il mondo si sono interrogati se i colori realizzati grazie alla machine learning potessero essere verosimili rispetto all’opera realizzata da Klimt. L’interrogativo e i dubbi rimangono, tuttavia l’esperienza estetica è garantita.