Eccola; la mitica Simca azzurra dei nonni, quando ci entravo era l’ora d’una scampagnata e qualunque fosse la meta era sicuramente una bella giornata. C’è poco da fare, i nonni erano una certezza di coccole, d’attenzioni, e di permissività, la mia consueta espressione in una giornata con i nonni era il sorriso, un sorriso che era accompagnato da altrettanti loro sorrisi. Quand’era ora della gita fuori porta potevo aspettarmi di tutto ed effettivamente di tutto rammento.
Insieme ai nonni
Sagre, fiere, il ritrovo con amici vicini e “lontani”, sicuramente il metro delle distanze rispetto all’oggi è completamente cambiato. La velocità dei veicoli, l’incremento allucinante delle strade di collegamento. Ricordo degli amici dei nonni che abitavano a Polcenigo in provincia di Pordenone un’ottantina di chilometri da Mestre, ci si arrivava con una strada che si dipanava per paesi che ancora oggi hanno il sapore di Vero Veneto, arrivare da loro ogni volta mi sembrava un gran viaggio e non era solo un viaggio in termini di distanza, quando arrivavo era anche sempre un viaggio con la fantasia.
Quei viaggi a ricordarli ora mi sembrano fuori dal tempo vicini nella memoria ma distanti dall’oggi!
Con i nonni sulla Simca a cantare
Non rammento se la mitica Simca avesse l’autoradio, ma dubito, in compenso era un susseguirsi di canzoni che oggi purtroppo ben pochi conoscono, canzoni che alle mie orecchie di bambino erano “solo” belle da cantare in compagnia, poi con gli anni ne ho capito anche il significato.
Il territorio che attraversavamo per arrivare a Polcenigo era quello giusto e la canzone per antonomasia che arrivava ogni volta, era “La leggenda del Piave”, che in realtà io l’ho sempre chiamata banalmente “Il Piave mormorava”.
La sapevo tutta! A di sentirla cantare dal nonno l’avevo imparata fin l’ultima strofa
Sicure l’Alpi, libere le sponde
“E tacque il Piave: “Si placaron le onde”
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi
La Pace non trovò né oppressi, né stranieri “
(per chi volesse , qui c’è tutta)
Poteva mancare un altro classico?
Un’altra canzone immancabile in quei viaggi era ”Quel mazzolin di fiori”
una melodia allegrissima da cantare anche se il significato poteva avere altri risvolti ed una canzone che fin tanto che non ho approfondito, non sapevo che durante l’ultima guerra fosse la canzone più cantata dalle brigate alpine.
Sono certo che se voi che leggete rientrate in un “range” d’età tra i 45 ed i 65 queste canzoni le conoscete cosi come sono certo che le avete cantate pure voi e probabilmente se siete stati fortunati, le avete intonate con i vostri nonni!
I nonni e la scoperta del Gorgas
Torniamo però ai viaggi … vi dicevo che queste gite erano ricche anche di fantasia, infatti quando arrivavamo dagli amici dei nonni che abitavano vicino al “Gorgas” anche conosciuto come “al bus” erano immancabili le storie sul posto! Che dire, per spiegarvi il “Gorgas” uso una poesia di Giovanni Martinelli (1846-1900) che in pochi versi ne descrive lo splendore:
«Prendete il colore dello smeraldo,
quello delle turchesi, quelli dei berilli,
gettateli in un bagno di lapislazzoli,
in modo che tutto si fonda
e ad un tempo conservi l’originalità sua propria,
ed avrete quella porzione di cielo liquido
che si chiama il Gorgazzo»
Il Gorgazzo
La sorgente del Gorgazzo è una grotta subacquea dove ha origine l’omonimo torrente, affluente del fiume Livenza. Il nome deriva dal friulano “gorc” che significa appunto abisso, la grotta è costituita da una risorgiva, una delle più profonde mai esplorate al mondo e la seconda sorgente carsica a sifone più profonda in Europa. Nel 2008 lo speleonauta Luigi Casati raggiunse la profondità di -212 metri, limite finora imbattuto a causa della pericolosità e delle forti correnti interne.
Nei pressi dell’imboccatura della cavità, a 9 metri di profondità, è stata posta la statua di un Cristo, che grazie alla eccezionale limpidezza delle acque e del fondo è perfettamente visibile all’esterno dalla riva nelle giornate soleggiate; i suoi colori straordinari ed unici hanno ispirato numerosi artisti, tra cui Luigi Nono, che nel 1872 dipinse “Le sorgenti del Gorgazzo“, uno dei suoi quadri più famosi, con cui l’anno successivo partecipò all’esposizione triennale dell’Accademia di Brera. L’opera venne poi acquistata dal veneziano Michelangelo Guggenheim.
Sapere tutto? Quando mai! Ai racconti pensavano i nonni
In realtà tutte queste informazioni non le avevo da bimbo, mi ricordo però dei racconti che mi rifilavano il nonno ed i suoi amici, racconti di cui non ho mai appurato la veridicità, ed onestamente mi sta bene ricordarli per quel che erano ed a ciò che servivano!
Di una di queste storie ho un vivido ricordo ed è certo che questa serviva a tenermi distante dall’acqua, dato che al sol ascoltarla stringevo sempre più forte la mano di nonna!
Sai Roby che qui una volta, era d’estate e c’erano delle mucche e due di queste che avevano tanto caldo volevano fare il bagno anche se il contadino gli aveva detto di non tuffarsi, si sono buttate, appena tuffate una forte corrente le a prese e le ha fatte scomparire nel profondo dell’occhio blu! Dopo alcuni giorni sono state viste le mucche galleggiare morte sul fiume molto distanti da qui. In fin dei conti era anche una storia verosimile che certamente mi teneva lontano dalle sponde!
Il Borgo del Gorgazzo
Adiacente “Al Bus” c’era e c’è tuttora il Borgo del Gorgazzo, un ameno borgo che oggi come allora merita la passeggiata, oggi come allora si respira un aria carica di storia, solo che per me le passeggiate con i nonni ed i suoi amici ridondavano di storia.
La storia
Somalia, Etiopia, Eritrea all’epoca per me volevano “solo” dire Africa nera e gente dalla pelle scurissima!
Nell’immaginario di bambino avevo le idee sicuramente confuse ed all’epoca le informazioni non erano a portata di mano immediata come per i bimbi d’oggi che se non sanno una cosa vanno subito a cercare su google.
Per me quei tre posti evocavano avventure, le avventure che sentivo raccontare, come quella volta che si erano persi nel deserto ed il “Torpedo da ricognizione” aveva fuso il motore e per sopravvivere avevano dovuto bere la “pipì” filtrandola nella stoffa.
Quando i nonni sono la nostra storia
Oppure come quella volta che mio nonno telegrafista tornò in Italia nell’aereo dove c’era anche il Generale Badoglio.
Sicuramente da bimbo non pensavo alla guerra, anche se sempre mio nonno più avanti negli anni mi disse che aveva anche visto cose brutte, ma per sua fortuna essendo lui un elettricista e telegrafista non aveva mai partecipato direttamente a nessuna di quelle!
Vero o non vero anche in questo caso ho sempre tenuta per buono quella spiegazione.
Non voglio tediarvi ancora, ma vi prometto che la prossima volta vi porterò in un altro posto particolare sempre in compagnia dei nonni ripercorrendo strade e ricordi che magari possano risvegliare anche in voi dei bei ricordi.
Aea prosima fioi.