Facciamo un noioso elenco? Facciamolo. S.Bortolomio, S.Tomà, S.Aponal, S.Marziale, S.Sebastiano, S.Rocco, S.Giovanni Novo, S.Lorenzo, S.Zan Degolà, S.Andrea della Zirada, Fava, S.Lio, S.Gregorio, S.Maria Misericordia, S.Maria del Pianto, S.Luca, S.Fantin. S.Samuele, S.Beneto, S.Stae, Penitenti, Maddalena, Capuccine, S.Eufemia, S.Fosca, Gesuati, S.Antonin, Tolentini, S.Girolamo, S.Clemente. E va bene, sono solo una trentina di chiese storiche veneziane. Chiese chiuse. Al culto, al pubblico, ai residenti, agli storici dell’arte.
Le altre chiese
Se volete, ne aggiungiamo altre. Un po’ particolari, private, oppure già rivolte ad altri usi. Ai Servi, ovvero Cappella dei Lucchesi, Riformati, Eremite, S.Caterina, Terese, S.Marta, Soccorso, S.Maria Visitazione, Spirito Santo, Zitelle, Catecumeni, S.Anna che, dulcis in fundo, è del Comune. In tutto fanno una quarantina di chiese chiuse veneziane. Nemmeno Napoli, che ha lo stesso problema di abbandono, ha un numero così elevato.
Le chiese di Venezia
Secondo lo storico di allora, Camillo Bassotto, con saggio scritto per l’Azienda di soggiorno di Venezia, “Le chiese di Venezia”, e siamo nel 1975, in origine erano ben 154. Un vero record europeo. Poi francesi, austriaci, Savoia, hanno pensato di trasformarle in caserme, oppure semplicemente sopprimerle. Ora ci pensa il declino di una città ridotta a 50 mila abitanti e la crisi del clero con parroci, frati e monaci ridotti al lumicino. Solo per fare un modesto esempio anche i francescani, presenza millenaria, hanno abbandonato San Francesco della Vigna.
I tesori nascosti
Facendo sempre un triste riepilogo: sono diversi Tiziano Vecellio, decine di Paolo Veronese, Tintoretto, Piazzetta, Palma il Giovane, Sebastiano Ricci che non possono essere ammirati. Nemmeno la volonterosa Chorus, l’associazione per le chiese del Patriarcato di Venezia può fare granché. Già riescono con il volontariato a tenere aperte una decina di chiese. Che fare? Il problema è serio. L’abbandono degli edifici religiosi porta al degrado e alla necessità di continui restauri e controlli.
Da anni cerco di entrare, come vicino di casa, nella chiesa di San Tomà
Don Lino, il parroco dei Frari, mi riferisce che è data in concessione ai Catecumenali, che la usano saltuariamente per i riti notturni. Bontà loro. Io come residente non riesco a poter ammirare la chiesa. È un bene pubblico. È solo uno dei tanti casi. Giorni fa ero assieme ad una critica d’arte tedesca, vediamo aperta la chiesa di S.Aponal. Sorpresa! Mai potuta ammirare in vita mia. La chiesa medievale dei “tagiapiera”, la chiesa dove è nata la Scuola di San Giovanni Evangelista. Nell‘Ottocento, smantellata, fu venduta ai privati, ora è archivio comunale. Un operaio albanese, peraltro gentilissimo, ci sbarra la strada. Non potete entrare! Stiamo facendo dei lavori, è pericoloso. Ma scusi, la possiamo ammirare almeno dalla porta? No! Problemi di sicurezza. La critica d’arte tedesca è infuriata. Ma tant’è.
Un problema nazionale
Allora decido di fare un giretto ai tempi del Covid, armato della guida uscita due anni fa: “Le chiese chiuse di Venezia”, edizioni Ancore, scritta da tre donne. Prima però sento la coautrice, professoressa Sara Marini, docente Iuav. “É un tema difficile – dice – noi abbiamo interessato decine di studenti. È un problema di riutilizzo, di usi sporadici, di conciliare attività culturali ed espositive pertinenti. L’uso doppio riguarda già S.Vidal, San Maurizio, S.Barnaba, San Lorenzo con la Biennale. Ci vuole un laboratorio complessivo di ricerca. Il problema delle chiese chiuse in realtà è nazionale”.
Altre chiese chiuse
Nel libro si parla di servitù di uso pubblico e di Codice civile. Quando un monumento è al confine tra funzione religiosa e funzione pubblica. Si cita il caso del 2015, quando la Biennale autorizzò l’artista islandese Nina Magnusdottir ad allestire una moschea dentro la chiesa di S.Maria della Misericordia. Polemica planetaria. Curia in imbarazzo. Continuo il giro. Chiesa di S.Bortolomio.
C’è un Palma il Giovane e un Sebastiano del Piombo. Nel ‘500 il frate Luca Pacioli, inventore della Partita Doppia, ne fece un’aula universitaria. A pochi minuti, la chiesa di San Fantin, di fronte alla Fenice, c’è la cappella del Sansovino. Portone chiuso da anni. Vado alle Fondamente Nuove e scorgo S.Maria del Pianto, disegno del Palladio. Appartiene all’Ulss Serenissima. Negli anni è stata anche deposito di barche. Chiusa. Nel 2001 il Comune voleva farne il luogo per i funerali laici. Polemiche e ri-chiusura.
Andiamo dal “Veronese”
Passo a S.Luca. Vorrei vedere la “Vergine in Gloria” di Paolo Veronese, oppure Palma il Giovane. Impossibile. A San Samuele c’è un crocifisso del Trecento opera di Paolo Veneziano. Niente da fare. Mi ricordo che il giovane abate Giacomo Casanova, fece la sua prima e unica predica. A S.Beneto c’è un altro Tiepolo. Chiesa chiusa da tempi immemorabili. A Santa Fosca, con canonica data in concessione ad un bar, portone chiuso, anche se appare la scritta: messa domenicale ore 11.
A S.Antonin, e siamo a Castello, mi piacerebbe ammirare un Sebastiano Ricci, un Palma il Giovane, oppure Giuseppe Heinz. Sempre a Castello ho rinunciato da tempo a vedere S.Giovanni Novo, il portone chiuso e in degrado dimostra i segni del tempo. Poi scopro che la proprietà è comunale. Rimanendo a Castello, due chiese vicine. La Fava, ovvero Santa Maria della Consolazione, chiesa del Massari. Mai entrato. A San Lio, chiusa da poco, ci sarebbero un Tiziano (l’Apostolo Giacomo), un Tiepolo, un Mansueti e un organo del Callido.
A proposito del Tiziano, a San Marziale, Cannaregio, c’è l’Angelo Raffaele e Tobia, oltre al soffitto del Ricci e a Tintoretto, che abitava lì vicino. Botta finale nella chiesa di San Sebastiano, Dorsoduro, dove c’è il fondamentale ciclo pittorico di Paolo Veronese. Un signore gentile mi avverte che “ogni tanto è aperta”. Sbatto la testa a S.Gregorio, vicino alla Salute. C’è un progetto di museo dell’arte orientale. Intanto sto fuori.
Caro Giacomo, siamo ridotti male
Concludo la maratona del sacro, alla Maddalena, chiesa esoterica in Strada Nuova. Secondo una leggenda fu trasportato di nascosto il corpo del massone Giacomo Casanova, morto a Duchcov, in Boemia.
Caro Giacomo, come siamo ridotti.