Chi l’avrebbe mai pensato che 75 ettari ai bordi della laguna di Venezia diventassero il futuro della città? Ai 42 ettari dei Pili (super discussi oggi) si aggiungono i 33 ettari di Tessera. Appena un secolo fa, erano semplicemente barene e melma. Poi arrivarono le bonifiche come ricorda in un celebre saggio l’architetto Paolo Rosa Salva. “Il Novecento ha creato cambiamenti che nemmeno 1600 anni di Repubblica Serenissima avevano prodotto”. Ma così fu. Con le bonifiche e l’arrivo indiscriminato dei materiali di risulta, alcuni innocui, altri meno, si arrivò ad imbonire un terzo della laguna storica.
La situazione a Tessera
A Tessera, per via di esigenze legate all’agricoltura e poi all’aeroporto, arrivarono materiali innocui, in altre zone materiali un po’ meno ecologici e più tossici. Gli stessi del parco di San Giuliano, ora il più grande polmone verde urbano d’Italia.
Così, ragionando, scopriamo che i Pili, secondo i piani della Regione Veneto, sono Vua, che non corrisponde ad una parolaccia, ma all’acronimo Verde urbano attrezzato.
Dai Pili a Tessera
La storia contemporanea dei Pili comincia infatti nel 2005, quando l’appena eletto sindaco Massimo Cacciari, in debito di ossigeno finanziario per la sua amministrazione, invita gli imprenditori veneti a partecipare al bando demaniale per l’acquisizione dei famosi 43 ettari. Il Comune di Venezia avrebbe il diritto di prelazione, ma fatto sta, dopo il rifiuto dei fratelli Benetton, il giovane imprenditore locale, Luigi Brugnaro, paron di Umana e da poco presidente della gloriosa Reyer di basket, viene sollecitato a partecipare all’asta, prevista a Roma dal Demanio, per l’acquisizione dei Pili.
I Pili a Brugnaro
Brugnaro, nella centralissima via Barberini 29, non si trova davanti nessun concorrente. Secondo le pettegole cronache giornalistiche, ma consolidate da testimonianze dirette, a Cacciari venne ricordato: ma come, il Comune di Venezia non trova 5 milioni di euro per quella che sarà la porta di Venezia? Ma nel febbraio del 2006 a Roma Luigi Brugnaro si trova, solo soletto, a pretendere i Pili dallo Stato demaniale smobilitante. Il Demanio parte da 5 milioni, base d’asta, e siccome Brugnaro è cabalista con le cifre e adora il numero 13 (infatti è nato il 13 settembre…) mette in busta 5 milioni e 13 mila euro. I Pili sono suoi.
Le bonifiche
Sono terreni inquinati che Regione e Comune poi disciplineranno come verde pubblico attrezzato. Miracolo delle barene. Come verrà chiamata la società proprietaria dei 42 ettari ai bordi della laguna? Porta di Venezia spa. Ironico, vero?
Prima di arrivare a Tessera c’è la “grana” Pili
Il destino vorrà che Luigi Brugnaro, che avrebbe optato nel 2015 per Nicola Pellicani sindaco, al posto del poco empatico magistrato Felice Casson, vincitore alle primarie, si presentasse, con coraggio, come sindaco di Venezia, “senza destra né sinistra” in un lista civica Fucsia. Brugnaro, in rimonta al secondo turno, diventa sindaco “campagnolo” (poveri, piccoli, queruli, veneziani del centro storico…) ma si trova subito davanti a sé la “grana” Pili.
Pili e palazzetto?
Nel suo primissimo intervento, da primo cittadino, in Consiglio comunale, dirà solennemente: “Fino a che sarò sindaco, sui Pili non metterò becco”. E infatti gli cresce il naso. Nel 2017, consiglio comunale, previsto in via Palazzo a Mestre, tira fuori come “coupe de theatre”, la coupe, nel senso di coppa, dello scudetto del basket, vinto dalla sua Reyer. Brugnaro vuole realizzare il nuovo palazzetto dello sport ai Pili. Ne ha mille ragioni. Il CONI impone palazzetti idonei per le squadre di serie A e il vecchio Taliercio, costruito a risparmio nel 1978, con i suoi 3.500 posti, non è più all’altezza. Apriti cielo. C’è il conflitto di interessi.
Arriva il blind trust
L’anno successivo il sindaco Brugnaro si inventa il blind trust. Non previsto dalla normativa italiana. Infatti il blind trust viene firmato presso un avvocato di New York, tale studio Ivan Sachs. Ma il blind trust secondo la cultura anglo americana, non è prevista per i soli capitali finanziari? Un bene immobile e terriero infatti, si vede benissimo….comunque. Anche da distante.
Nel 2018 arriva il magnate cinese di Singapore, Ching Chiat Kwong. Sede finanziaria Hong Kong. È interessato ad investire a Venezia. Per manifestare la sua buona volontà, compra due palazzi a Venezia con lo sconto, Palazzo Papadopoli e palazzo Donà, futuri alberghi. Punta sull’investimento ai Pili, dove, nel frattempo, si possono costruire, parcheggi, aree sosta, darsene, palestre, serre, strutture museali, aree sportive….Il mecenate, dopo aver sentito il prezzo dei Pili (100 milioni?) e le incognite bonifiche, si ritira e sparisce dall’orizzonte lagunare.
Veniamo all’oggi e al quadrante di Tessera
Il sindaco Brugnaro nel corso di un incontro al Panathlon di Mestre, pochi giorni fa, annuncia solennemente che nel quadrante di Tessera verranno costruiti: palazzetto dello sport da 15 mila posti, stadio da 18-25 mila, piscina olimpica, piste atletica. Costo 280 milioni con contributi statali ed europei Pnnr. Era un vecchio progetto del Pd di sette anni fa. Progetto da aggiungere alla nuova bretella aeroportuale, decisa dal Governo, tunnel per treni alta velocità di 8 chilometri, contributi Coni per le Olimpiadi di Cortina del 2026. In tutto per la modica cifra di 475 milioni a beneficio del nord-est d’Italia.
La decisione di Tessera
Brugnaro confessa: “Ho deciso di non fare più il palazzetto dello sport sulla mia terra e con i miei soldi”. Bontà sua. Lacrime di coccodrillo? Il nuovo piano della mobilità sostenibile parla entro il 2030 di regolamentazione dei flussi turistici a Venezia. Un progetto che prevede il dirottamento dell’utenza turistica in terraferma con darsene, servizi di navigazione. Dove? San Giuliano sud. Come sosteneva nel lontano 1991 l’architetto Antonio Di Mambro, il creatore del parco mestrino. Terminal per 240 bus turistici al giorno e minimo 10 mila escursionisti. San Giuliano sud? Nel senso dei Pili, ovvio.
Zamparini voleva Tessera
Pochi giorni fa l’amministratore della Porta di Venezia spa, Luca Gatto, legato a Brugnaro e alla blind trust ha affermato: “I Pili? Ci sono studi in corso per sviluppo commerciale, ricettivo, ludico, sportivo”. Maurizio Zamparini, il mitico presidente del ritorno del Venezia in serie A, con Ferruccio Mazzola suo primo allenatore dopo la fusione, venti anni fa propose di costruire a sue spese, il nuovo stadio in terraferma. Gli fu negato il permesso perché aveva chiesto a Tessera, oltre allo stadio, la licenza per un supermercato…Ce ne sono già troppi, rispose l’amministrazione comunale. Nel frattempo ne costruirono altri sette e Zamparini, portò società, allenatore e dodici calciatori, a Palermo.
Tessera e Pili uniti da un unico destino?
Cittadella dello sport a Tessera e Pili sono destinati a cambiare il volto delle città. Marghera, Mestre e Venezia, finalmente unite da una laguna più stretta.
Ora, ma siamo incorreggibili sognatori, non ci resta che allargare il Ponte della Libertà.