Alex Schwazer è diventato anche un libro. Io avevo intervistato il padre, nel 2014, quando il figlio faceva il cameriere, e poi riprenderò quel testo. Al festival di Trento ho tallonato l’allenatore, Sandro Donati, l’uomo che voleva riportarlo in gara a Tokyo e ci sarebbe riuscito, se a tavolino non fosse stato deciso di farlo fuori.
Alex e il libro
“Questo libro è un resoconto sincero, schietto, fedele di ciò che mi è capitato. Non è la confessione di un diavolo e neppure l’apologia di un angelo. Chi vuole leggere la biografia di un uomo senza peccati ne deve scegliere un’altra, non la mia”. Alex Schwazer si racconta in “Dopo il traguardo”, edito dalla Feltrinelli. Dopo l’archiviazione del secondo procedimento penale per doping “per non aver commesso il fatto”, Schwazer vuole tornare a gareggiare.
Alex e la sua storia
Ha una storia di cadute e redenzioni, di rinunce e rinascite, in 36 anni. Il marciatore di Vipiteno diventa campione da giovane, forse troppo: “Il mio vocabolario comprendeva solo due parole, allenamento e riposo. Non avevo un colore preferito o un piatto preferito. Non avevo un passatempo, una passione o un obiettivo che non fossero la marcia”.
La medaglia
Alle Olimpiadi di Pechino del 2008 sale sul podio più alto nella 50 km di marcia. È il coronamento di un sogno, a 23 anni. Ma quel trionfo complica tutto, è come la kryptonite. Si logora, solo e in depressione, va in Turchia e acquista l’eritropoietina, un ormone proibito.
Alex e il doping
A poche settimane dalle Olimpiadi del 2012 arriva il controllo, e risulta positivo. Niente Londra. Niente più sport, forse. Una punizione esemplare, richiesta da tanti.
Ma è proprio allora che torna la febbre che sta prima e dopo ogni traguardo, il futuro che si tende nell’aria: “Quando ho toccato il fondo, mi sono chiesto come mi fossi cacciato in quella situazione – sono parole di Schwazer – Quel giorno ha segnato la rinascita dell’uomo che avevo dentro e che da tanto tempo non trovava spazio per uscire. Quel giorno ho capito di essere in un labirinto immenso e apparentemente senza via d’uscita, nel quale brancolavo da anni. Un labirinto nel quale avevo perso tutto. La persona che ero, la mia fidanzata, la credibilità, la dignità. Solo ora ne sono uscito”.
Alex ha resistito
“Sono sopravvissuto a un’imboscata, una macchinazione subdola e crudele che in altri momenti mi avrebbe annientato – sottolinea l’altoatesino – A distanza di cinque anni, non so come ho fatto a mantenere l’equilibrio. Questa è la storia che voglio raccontare”.
Alex cameriere
Quando sette anni fa ho intervistato il padre del marciatore, Alex faceva il cameriere e lo studente. Neanche l’oro ricevuto a tavolino sembrava indurlo a ritornare in attività. Dall’ordine d’arrivo degli europei di Barcellona 2010, spariva per squalifica il russo Emelyanov, che si impose con appena 20 centesimi di vantaggio. Il regolamento della federatletica mondiale è chiaro: non esistono prove che Schwazer all’epoca fosse dopato e allora si fregia del primo titolo continentale della carriera. La procura di Bolzano indaga subito anche su quello, del resto deve ancora appurare quando iniziarono le sue pratiche illecite.
Una marcia diversa
Nel 2014 Alex marciava non più per strada, ma fra i tavoli di un ristorante, come ci rivelò il padre Josef, oggi 62enne, tecnico della manutenzione stradale, per la provincia di Bolzano. Il campione era tornato a vivere anche con mamma Marie Louise, bidella di 62 anni.
Due fratelli
«E il fratello minore Oliver – ci spiegava il papà -, a 21 anni va a studiare a Londra, dopo il ciclo di tedesco e ladino terminato a Innsbruck». Sino al 2012, all’olimpiade di Londra, appunto, i due Schwazer erano popolari anche grazie alla televisione, comparivano assieme nella pubblicità televisiva della Kinder, finchè venne ritirata per la bufera doping.
Il pianto
«Alex – riprendeva il padre – studia management sportivo e fa un po’ il cameriere, pure a Innsbruck. E’ in Austria, eppure a soli 50 chilometri da casa. Lavora in un ristorante dalla primavera 2013, è veramente molto contento. Da quella drammatica conferenza stampa non ha più pianto, almeno di fronte a noi. Neanche per Carolina».
Alex e Carolina
A febbraio 2014 la pattinatrice di Ortisei è stata bronzo alle Olimpiadi invernali di Sochi. Aveva già imbastito la storia d’amore con il collega ceco Tomas Verner. «Però sente ancora Alex, sono rimasti amici. E nel suo cuore non l’ha sostituita». Schwazer a metà dello scorso decennio andava in bici e correva in montagna, partendo dai 1450 metri di Racines, il più piccolo paese che abbia partorito un campione a 5 cerchi.
In chiusura, torniamo sull’attualità
Venerdì, il tribunale federale svizzero ha respinto la richiesta di revisione della squalifica a 8 anni per doping. La corte di diritto civile ha sede a Losanna, emette la sentenza il 28 settembre, se n’è avuta notizia solo ora.
Alex non correrà più
I giudici svizzeri scrivono: “La decisione su cui si fonda la domanda non ha per oggetto il reato (la manomissione dei campioni di urina per farli risultare positivi al controllo antidoping) che avrebbe influito sul lodo, ma concerne una procedura penale diretta contro l’istante medesimo di un’altra infrazione. Ciò basta per escludere la possibilità di prevalersi con successo del motivo di revisione”.
Peccato, perchè Alex ha già pagato e ha pagato troppo, colpe anche inesistenti.