Allo SPAZIO SV, in campo San Zaccaria a Venezia, va in scena un protagonista dell’arte figurativa di tutti i tempi: il paesaggio. Dai dolci declivi di Cima da Conegliano alle barene di Gino Rossi, la tradizione veneta ha declinato in ogni forma la tematica della visione esterna e delle sue interazioni con il sentimento degli artisti. Un filo rosso tenace che, fino al secondo dopoguerra, saldava ambiente ed immaginario in un unicum rassicurante.
Paesaggio e orizzonti
Il punto di vista di Orizzonti trasversali – questo il titolo dell’esposizione al glorioso Spazio San Vidal – è in qualche modo eversivo, perché propone la persistenza del paesaggio nelle opere di artisti contemporanei del Nord Est, al di là dell’opinione comune che trattare l’argomento sia un’operazione decisamente rétro.
L’immagine del pittore all’aria aperta
Certo, i pittori en plein air sono sempre di meno, quasi fosse attività minore e il loro léger bagage (tavolozza, pennello e pigmenti preparati che facevano la gioia di François Despartes nella Francia di Luigi XIV°) un’inutile zavorra. Dove inizia il paesaggio? Verrebbe da chiedersi. Forse sta in quell’ansia passeggera che l’ubiquità virtuale dei nostri giorni non riesce a dissipare. È ancora una modalità necessaria la percezione di un esterno, per trovare il proprio posto nel mondo?
Un salto nel passato in chiave moderna
A ben rifletterci, come affermano le tendenze del contemporaneo, si è andati da un’estetica dell’apparizione alla sparizione di ogni punto di riferimento. All’incertezza dell’immagine come sistema, all’abitudine di cercare in sé (un sé depauperato di ogni relazione) ogni contatto emozionale, Orizzonti trasversali contrappone un excursus decisamente spiazzante.
Il paesaggio come riferimento
I paesaggi in mostra, di artisti molto conosciuti o meno noti, non sono stati scelti dal curatore dello Spazio Christian Palazzo per essere esclusivamente contemplati. Sono visioni da attraversare, delineando ponti interiori che trasformino la prospettiva, trasversali appunto.
Il paesaggio come compromesso con sé stessi
È un preciso percorso di deriva, in cui ogni mappa è intrinsecamente instabile, ogni luogo rappresentato un compromesso con la propria memoria, con il proprio sentimento del tempo.
Ciascuno a suo modo
Dalla visione incisa, trasparente del friulano Walter Zaramella alle travolgenti marine di Miro Romagna; dalla liquidità pittorica di Renato Croppo alla stesura epifanica di Paolo Seno. Sono solo alcuni dei dodici artisti presenti in questa collettiva, ma esemplificano con precisione lo scarto inevitabile tra il sensibile e l’immaginario, proponendo l’assoluta necessità di ripensare le motivazioni dei soggetti, le ragioni dell’esprimersi. Una provocazione? Può essere, ma ben venga.
Paesaggio: sfida vinta
Del resto Palazzo – di formazione fotografo d’arte, grafico con estrema esperienza nella postproduzione – che dal 2018 si occupa dello SPAZIO SV, possiede sufficienti spirito d’intraprendenza e potenzialità dialettiche per affrontare la sfida.
Un po’ di storia
La storia del Centro espositivo ha radici ben salde: nel 1949, il pittore Felice Carena dà vita al “Cenacolo San Vidal”, di cui sarà il primo presidente, ospitato nell’antica chiesa di San Vidal (non aperta al culto), dapprima nella sacrestia e poi nella grande aula. Negli anni Sessanta, poi, il critico d’arte e giornalista Paolo Rizzi e il Maestro Ernani Costantini creano il “Centro d’Arte San Vidal”. Solo negli anni Novanta il Centro si sposta nell’ex Scoletta di San Zaccaria. Virgilio Guidi e Bruno Saetti, Tancredi Parmeggiani, Giorgio De Chirico, Georges Rouault hanno esposto in questa struttura, e la lista sarebbe molto più lunga.
SPAZIO SV
Con la nascita nel 2019 dello SPAZIO SV, si è cercato di dar luogo ad esposizioni tematiche, tra tradizione e contemporaneità, destinate a lasciare un segno, anche controcorrente. Orizzonti trasversali, ad esempio, rappresenta la prima parte di un trittico: il paesaggio come modalità d’indagine osmotica tra la visione oggettiva e l’interiorità; a seguire, un’esposizione dedicata alla storia dell’informale al femminile; infine, una terza mostra rivolta al mezzo fotografico, come chiave di lettura della realtà.
Il paesaggio non è solo apparenza
L’apparenza delle superfici come trasparenza segreta, al di là di ogni effetto di distorsione iconologica.
«Più i telescopi saranno perfezionati – sosteneva Flaubert – più le stelle ci saranno». Una questione ottica, e didattica da non trascurare. Ben venga chi ha voglia di scrutare le stelle, e di dar loro un nome.