Finalmente si è alzato il sipario della nuova stagione lirica e concertistica al Teatro Del Monaco di Treviso dopo la battuta d’arresto a causa della pandemia. E’ l’opera buffa di Donizetti dal titolo “Don Pasquale” che si presenta ancor di più come festa con il ritorno alla capienza di pubblico al 100%.
L’opera si riprende il suo posto
A dare il via agli appuntamenti del cartellone lirico e concertistico del Teatro Mario Del Monaco è, dunque, la nuova originale versione dell’opera buffa di Donizetti, una co-produzione dei Comuni di Treviso, Padova, Bassano Del Grappa e Rovigo, diretta dal regista Giuseppe Emiliani che per la sua messa in scena, con l’aiuto delle caleidoscopiche scenografie virtuali di Federico Cautero per 4Dodo e dei costumi di un sempre ispirato Stefano Nicolao, sceglie di far rivivere la vicenda di Don Pasquale negli “anni ruggenti” del Novecento, mettendo in evidenza quei caratteri di spensieratezza, bellezza ed edonismo che il cinismo dei personaggi e la vivacità della musica sembrano evocare. Sul palco, la prima si è svolta venerdì sera e la seconda oggi, nelle tre date si alternano i due cast dei vincitori e dei finalisti della 49° edizione del concorso internazionale per cantanti “Toti Dal Monti”, diretti assieme all’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta dal Maestro Giancarlo Andretta.
La storia dell’opera
Un vecchio avaro che vorrebbe sposare una donna molto più giovane, una ragazza scaltra che lo beffa, un giovane sentimentale innamorato, un intrigante che bada solo al suo tornaconto: nell’intreccio del Don Pasquale sembrano esserci tutti gli ingredienti della tradizionale opera buffa. L’opera di Donizetti si presenta come una commedia degli equivoci dominata da Norina, per la quale gabbare Don Pasquale non è altro che un gioco teatrale divertente. Se l’imbelle Ernesto incarna l’autenticità di un ingenuo sentimento amoroso, Norina incarna la finzione. Suo alleato è il Dottor Malatesta, classico maneggione, istrione faccendiere che come Norina ama “giocare” con la vita. Tuttavia lo sguardo di Donizetti verso questi personaggi è amaro e disincantato e ciò fa di Don Pasquale non una semplice opera buffa ma una riflessione teneramente malinconica sulla vecchiaia e sulla giovinezza.
La musica
A leggere la trama del Don Pasquale l’impressione è quella di un’opera scontatamente convenzionale, poi inizia la musica e tutto cambia; lì c’è tutto: il dramma semi-serio, la commedia sentimentale, la moderna sensibilità romantica. Le convenzioni comiche, certo, rimangono: la straniante meccanizzazione di rossiniana memoria si fa a tratti evidente eppure i personaggi sono animati da una sensibilità, una naturalezza, un realismo di diverso genere.
Le figure dell’opera
L’innamorato, il sensale, la bella intraprendente, il vecchio burlato, da ‘ruoli’ comici tipizzati, diventano personaggi credibili e coerenti. Lo sguardo di Donizetti verso questi personaggi è amaro e disincantato. E ciò fa di Don Pasquale non una semplice opera buffa, ma una riflessione teneramente malinconica sulla vecchiaia e sulla giovinezza. Non si può non provare una patetica simpatia verso Don Pasquale, il vecchio gabbato, colpevole di essersi incautamente cacciato in una situazione obiettivamente ridicola.
Don Pasquale e Donizetti
Non è difficile trovare analogie tra Don Pasquale e la stessa vicenda biografica dell’autore. Quando compone quest’opera Donizetti non è più giovanissimo: la sua casa è deserta per un’interminabile serie di lutti familiari e sta per imboccare la strada della malattia e della fine. In Don Pasquale Donizetti deve aver rivisto sé stesso, quando, nell’estate napoletana del ‘42, sorride nel pensarsi a fianco di una delle giovani figlie del marchese Sterlich, lusingate dalle sue musiche e dai suoi omaggi floreali.
La confessione dell’autore
Sarà lo stesso compositore bergamasco in una lettera indirizzata al cognato qualche mese prima della stesura del Don Pasquale, a confessare: «Io rido, ma poi tu sai bene se in fondo al core non ho la melanconia che mi opprime, e formo di mia gaiezza orpello per coprirla». In tutta l’opera serpeggia, non troppo velato, un senso di crudeltà e di cinismo umano che si fa tanto più evidente quanto più si sviluppa l’azione comica. La risata, che scaturisce dal vedere il vecchietto scornato a causa del cinismo di coloro che sono pronti a tutto per recuperare l’eredità, si alterna inconsapevolmente all’amarezza della disillusione. Non c’è un personaggio che si salvi: l’egoismo e l’avidità di Don Pasquale sono ripagati con le sue stesse armi da coloro che lo circondano.
Un’opera “futuristica”
Gli elementi musicali e drammatici di quest’opera rimandano curiosamente ad un humus culturale posteriore a quello donizettiano. Il cinismo dei personaggi, unito alla vivacità della musica suggeriscono l’atmosfera sensuale, edonistica del periodo tra il primo dopoguerra e i primissimi anni Trenta. Uno stile di vita eclettico, mondano, alla ricerca del lusso e di una piacevolezza del vivere, tanto più intensi quanto effimeri. Sono gli anni delle dive come Greta Garbo e Marlene Dietrich, delle “donne fatali” che conducono gli uomini al piacere e alla perdizione. Sono gli anni del grande Gatsby, di Francis Scott Fitzgerald, ma anche di Gabriele D’annunzio ed Eleonora Duse. Gli anni di Tamara de Lempicka che con le sue donne bellissime, fredde e mondane riuscì a incarnare l’anima dello stile Déco.