Fresco di stampa, il nuovo libro di poesie di Vittoria Fonseca, Il tempo dei rumori, La Vita Felice, è un dono per la vita, una gioia per i tempi smarriti che attraversiamo. E già mi aspetto di sentirla al telefono, per chiederle una dedica sulla prima pagina.
Una voce nel tempo dei rumori
Vittoria, con quella voce calda, marchigiana non redenta, appena addolcita dall’aria di laguna; altrettanto vivida la forza del suo abbraccio di parole. L’ho seguita, da lontano, stupendomi ad ogni raccolta di quanto i suoi versi fossero saldi, fondamenta ad altrettante solide case; puliti, di quel nitore che dà la chiarezza del tempo che passa e delle stagioni; eleganti, come di chi ha letto altri poeti e ha scelto. Emily Dickinson, Sandro Penna, Philippe Jaccottet, ci sono tutti, ma venati da un’ironia domestica che profuma di buoni costumi.
Il tempo dei rumori che danno piacere
A leggere per la prima volta Il tempo dei rumori, nella collana che La Vita Felice dedica alla poesia italiana contemporanea – opera meritoria, da cercatori d’oro, sin da quando pubblicarono Alda Merini e scoprirono tesori incommensurabili – si prova un piacere sottile, sempre diverso, tutto autunnale, colmo di mistero.
Lo indaga, nella bella prefazione, la penna raffinata di Grazia Sterlocchi, poeta a sua volta, critica, tra le fondatrici (con Laura Guadagnin) de La settima stanza: un’associazione importante per Venezia, per la realtà italiana ed europea, che da decenni studia ed interpreta poete e narratrici contemporanee, attraverso laboratori e seminari aperti al pubblico. La mia conoscenza di Vittoria Fonseca, anzi la mia coscienza – tattile, oltre che visiva ed uditiva – parte da quella radice, e dalla considerazione che aveva nei suoi confronti Carlo Della Corte.
Quando i rumori diventano prosa
Così Grazia scrive di Vittoria, in una prosa densa di contenuti: «È segno dei tempi che alcune tra le più accorate teosofe e filosofe dei nostri giorni, Antonietta Potente in primis, chiedano soprattutto alle donne, nella storia sempre affini alle segretezze e alle illuminazioni, di assumere le alchimiste come loro maestre, nella consapevolezza che la nigredo dei nostri tempi, così sperimentata e sofferta da tutte e tutti noi in questa fase di pandemia ma non solo, possa sciogliersi solo con il solvente della delicatezza, della levità nei gesti, nelle parole, nei pensieri».
La delicatezza
La delicatezza ben si addice a Vittoria Fonseca, ma solo apparentemente. La sua è un’esile tenacia, potremmo aggiungere, nella chiara consapevolezza dell’impermanenza delle cose e, ciò nonostante, preserva il desiderio di accorgersi ancora dei rumori di fondo, come epifania della vita: ho nostalgia dei pianti / delle creature mie / dei cicalecci loro/ delle risate grandi / ho nostalgia dei passi / di chi tornava a casa / dell’abbaiar del cane / del campanello il suono scrive Fonseca e, alla dimensione del rimpianto per il pieno sole, alla coscienza delle ombre che vanno allungandosi, fa da contraltare una storia personale colma di frutti, gioie e dolori.
Il tempo dei rumori non cancella la gratitudine
Sempre, tuttavia, connota questi versi la gratitudine, ed è un aspetto fondamentale, messo in luce anche da un’altra studiosa e poeta che trae gioia, come me, dai versi di Vittoria (e che tanto ha contribuito a farla conoscere, scrivendone, presentandola): Anna Toscano. Scrive Anna: «Fonseca nei suoi libri guarda all’esistenza nel suo avvicendarsi quotidiano, parla con persone, spesso poeti a lei cari, dialoga col passato, osserva la sua nascita a ogni caduta, e ringrazia».
Forse è nello sguardo meravigliato e riconoscente, Negli azzurri mattini / ai miei occhi stupiti / la calda arenaria / il giardino / il cedro e il gelsomino, la cifra più alta di questa poesia; la sensazione di essere, comunque, giunti a casa. Il sentimento che ogni atto ha una valenza quotidiana e sacra: Un buon cibo è come una poesia / frutto di una magica alchimia, / a lungo elaborato / cucinato con pazienza / con spezie alimentato.
Quando dal seme nasce la pianta
Restano le piccole nubi dei suoi preziosi Haiku, il verde sul frassino che ieri non c’era, i tramonti sulla laguna. L’equilibrio di Vittoria, tra un versificare elegante, colto e la potenza che spinge il seme a farsi pianta: ecco l’albedo salvifica di cui parla Grazia Sterlocchi. Meravigliosamente senza limiti, nella coscienza serena del limite.
splendida recensione che racconta mirabilmente l’essenza di Vittoria Fonseca, la sua poesia piena di luce e speranza, la sua aura luminosa.