La situazione afghana è ormai entrata nella fase del collasso totale, dal momento in cui gli USA e gli Alleati, tra cui l’Italia, hanno deciso di ritirare le proprie truppe dal Paese dove, dal lontano 27 novembre 1979, quando i primi reparti del corpo di spedizioni dell’allora URSS varcarono i confini settentrionali afghani, è iniziata una guerra che non è ancora finita. Si sperava che in questi ultimi vent’anni la situazione sarebbe migliorata, invece si è trasformata nell’ennesima guerra che ha solo cagionato morte e distruzione e, anche l’esodo di moltissimi cittadini afghani. Instabilità del Paese e violenza ora sono divenuti gli ingredienti per milioni di cittadini afghani, in particolar modo per quella fetta di persone che in questi ultimi anni ha supportato la presenza statunitense e degli alleati e della NATO.
Chi paga il prezzo più alto
Il popolo afghano ha già pagato il prezzo più elevato in un conflitto che dura da oltre 40 anni. Sul piano storico, su cui credo che una spolverata vada fatta per menzionare le responsabilità statunitense in un conflitto senza fine, va ricordato che la prima presenza statunitense sul suolo afghano si ebbe come risposta al colpo di stato che portò al potere un governo di matrice marxista nel 1978. Un anno dopo l’allora Presidente degli Stati Uniti Carter diede l’autorizzazione per avviare un’operazione congiunta dei servizi di intelligence del proprio Paese con quelli pakistani per supportare finanziariamente i militanti fondamentalisti afghani (i mujaheddin) nella loro lotta contro l’esecutivo marxista, insediatosi nella capitale di Kabul.
In sostanza, l’intervento statunitense aveva come obiettivo quello di fermare l’invasione sovietica che ebbe luogo tra il 24 e 27 dicembre 1979. Il supporto militare ed economico degli Stati Uniti al movimento dei mujaheddin e alle forze militari e dei servizi segreti del Pakistan dalla fine degli anni settanta e agli inizi degli anni novanta del secolo scorso, è avvenuto con il piano denominato Operazione Cyclone (programma finanziario segreto Carter-Brzezinski). Tale piano ebbe un grande successo: gli Usa riuscirono a mandare via la presenza di truppe sovietiche dal territorio afghano nel 1989, aprendo la porta ad un nuovo conflitto interno fra le fazioni mujaheddin, che si concluse con il movimento più estremo, costituito dai talebani, che prese il controllo dell’intero Paese nel 1996.
In mezzo anche le Olimpiadi. Il boicottaggio USA – URSS
Va ricordato che la questione afghana è stata il motivo del boicottaggio prima delle Olimpiadi di Mosca del 1980 (mancarono gli USA) e poi di quelle di Los Angeles del 1984 (mancarono l’Urss e alcuni paesi allineati).
Il nuovo terrorismo
Del piano Operazione Cyclone, va ricordato che hanno beneficiato sia i talebani sia Al-Qaeda. Durante la sua brutale gestione governativa dal 1996 al 2001, il movimento talebano consentì al gruppo terroristico Al-Qaeda, guidato dal leader Osama Bin Laden, di stabilire il proprio quartiere generale operativo sul suolo afghano.
Si assisteva ad una specie di patto tra i due gruppi che acquistavano armi sia dagli Stati Uniti, sia dal Pakistan. Il gruppo terroristico di Bin Laden coltivò le rimostranze dei Paesi occidentali per reclutare da tutto il mondo persone che accettassero di far parte dell’organizzazione, essere addestrata per attacchi terroristici contro gli Stati Uniti.
L’obiettivo, come la storia ha dimostrato, sono state le Torri Gemelle e il Pentagono nell’attentato dell’11 settembre 2001. Attacchi che hanno portato il governo statunitense a rispondere con la forza con l’invasione dell’Afghanistan. L’allora Presidente G. Bush motivava che l’atto di attacco verso l’Afghanistan rientrava nell’articolo 51 della Carta delle Nazioni, che sancisce il diritto naturale ossia una prerogativa inerente alla sovranità dello Stato, quale norma che stabilisce il diritto alla legittima difesa.
USA e Al-Qaeda
Ciononostante, si è molto dibattuto attorno alla questione se l’impiego dell’azione coercitiva armata statunitense e degli alleati verso l’Afghanistan per colpire il gruppo di Al-Qaeda, responsabile di aver scatenato attacchi terroristici sul suolo statunitense, potesse essere inquadrato nella cornice della Carta delle Nazioni Unite. Difatti, in quel periodo si parlò di legittima difesa preventiva, secondo la dottrina Bush, che serviva per prevenire un’imminente minaccia o attacco terroristico, dottrina che non fu accolta dalle Nazioni Unite. Senza dimenticare che, dopo l’occupazione dell’Afghanistan (nel senso di invasione), sempre Bush avviò una massiccia detenzione e tortura a Guantanamo di migliaia di afghani sottoposti al carcere senza un processo. L’invasione ha portato ad un’occupazione formale, accompagnata da un’ampia presenza di forze militari di Stati terzi in Afghanistan. Durante il mandato di Barak Obama, il livello di truppe battenti bandiera statunitense e della NATO veniva ampliato, cagionando negli anni vittime in entrambe le parti.
L’esodo e il rischio terrorismo non solo contro gli USA
Bisogna anche ricordare lo sfollamento e l’esodo della popolazione afghana in questi ultimi anni, uno dei più imponenti movimenti di persone al mondo. Molti rifugiati afghani si trovano in Iran, Pakistan e in Turchia. Di questo esodo di massa, come sempre, gli Stati Uniti se ne sono lavate le mani e accantonato quelle che erano le sue responsabilità. Altro punto da tenere in considerazione riguarda la questione che con l’ascesa dei talebani, dopo la decisione degli Stati Uniti e di altri Paesi di ritirare le proprie truppe, ci sarebbe il rischio di aprire le porte al terrorismo. Minacce terroristiche sarebbe state sottovalutate dall’attuale amministrazione statunitense.
Gli USA e gli errori
La Casa Bianca, seguendo le orme dell’ex Presidente Trump, sta percorrendo la via piena di errori sulla figura dei talebani, questi ultimi, ormai facilitati al ritorno al potere, potrebbero favorire santuari di movimenti terroristici. Anche se i talebani hanno firmato l’accordo di Doha nel febbraio 2020, che prevede il ritiro delle truppe, impegnandosi in cambio a rompere con Al-Qaeda e a iniziare un dialogo diplomatico con i politici afghani che conducesse, eventualmente, al silenzio delle armi, gli stessi talebani restano allineati con i gruppi terroristici.
Ciò è stato evidenziato dalle Nazioni Unite in un rapporto (S/2021/486) pubblicato agli inizi di giugno 2021, in cui si evince che i talebani e altri gruppi sono associati a gruppi terroristici considerati una minaccia per la pace, la sicurezza e la stabilità in Afghanistan.
Mentre l’accordo di Doha stabilisce che i talebani non coopereranno con i movimenti terroristici, reputati una minaccia per gli Stati Uniti e gli alleati, il rappresentante onusiano dell’agenzia che monitora i vari gruppi terroristici, ha denunciato che proprio i talebani avevano promesso che sia il loro gruppo che quello di Al-Qaeda sarebbero rimasti alleati. Eppure i talebani stessi avevano garantito che avrebbero tagliato ogni legame con i terroristi, visto che il piano dell’invio di truppe statunitensi 20 anni fa era quello di sradicare Al-Qaeda e l’accordo di Doha prevede(va) di espellere tutte le cellule terroristiche presenti in Afghanistan. Un accordo del tutto debole, inaffidabile e viziato che ha solo portato al fallimento della diplomazia statunitense nello sperare di risolvere una volta per tutte la questione della presenza terroristica in territorio afghano.
L’Afghanistan e il rischio del terreno fertile per il terrorismo
L’ascesa dei talebani nel Paese degli aquiloni ispirerebbe molti gruppi che si rifanno al cosiddetto terrorismo globale. Ci sarebbe il grosso rischio che l’Afghanistan ritorni ad essere terreno fertile del terrorismo transnazionale, come è accaduto negli anni passati. Ora che i talebani sono ritornati al potere e decisi a mutare il nome dello Stato afghano in Emirato islamico, sarà arduo per la comunità internazionale poter riprendere in mano la situazione e invitare il nuovo governo, costituito da personaggi non tutti credibili e affidabili, al rispetto delle norme internazionali, delle libertà fondamentali, dei diritti delle donne afghane…Ancora una volta, si deve sottolineare la responsabilità degli Stati Uniti per i troppi errori commessi. L’ultimo esempio? Aver sottovalutato il rischio dei kamikaze. E infatti nell’attentato all’aeroporto di Kabul sono mortie 170 persone tra civili e militari. Tra cui anche un bambino.