A Chioggia è stato riscoperto l’antico mestiere del “pipàro”, l’artigiano costruttore di pipe. La chioggiotta è una pipa in terracotta, costruita con l’argilla che si ricava dal greto del fiume Po, che veniva dragata e trasportata con le tipiche imbarcazioni venete fluviali (i “burci”) e poi depurata e messa a seccare prima di essere lavorata. Fin dalla metà del Seicento venivano costruite semplicemente in argilla, che in cottura diventava rossa, poi dalla metà del Settecento sono diventate più elaborate, con forme di teste figurate e perfino smaltate. Ce ne sono molte che raffigurano teste di turco o la testa di Garibaldi o di qualche politico fino alla storia recente. Il colore era un abbellimento, ma forse era anche uno strato funzionale per non scottarsi le dita.
Come si fa
Dalla metà dell’Ottocento non si usa più la smaltatura e invece si usa una argilla mescolata all’acqua di mare, che con i suoi sali in cottura le fa assumere quel caratteristico colore giallo avorio. La particolarità che la fa molto apprezzare è la presenza di tre fori sul fondo della caldaia (“fornello”) anziché uno solo, che fanno in modo che non si otturino facilmente e che si possa evitare quel fastidioso fenomeno della acquerugiola di condensa. Inoltre, il potere assorbente della terracotta permette di avere un fumo depurato da catrame e nicotina. Esiste anche la possibilità di rigenerare le pipe di terracotta usate ormai impregnate di tabacco. Il ritrovamento di molte pipe nascoste sotto i coppi dei tetti delle case si può spiegare, più che con la volontà di tenerle nascoste alle mogli per poter fumare in pace, con la necessità di purgarle dagli umori del tabacco con l’acqua piovana e col sole.
Un pipa per intenditori
Un’altra caratteristica per veri intenditori riguarda il lungo bocchino (“cannello”), che era realizzato in legno di marasca o marinella, il ciliegio selvatico che cresce lungo gli argini e i litorali, che dava un profumo erbaceo tutto particolare alla fumata. I più raffinati sbriciolavano le foglie di marasca e le mescolavano al tabacco per un gusto ancora più fresco. Per accenderla si usava la pietra focaia proveniente dall’altopiano dei monti Lessini. Ancora nel Novecento si potevano vedere i pescatori, sui bragozzi o a terra a rammendare le reti, fumare la pipa chioggiotta per diluire i loro scuri pensieri nelle volute di fumo. Col tempo e con l’arrivo delle sigarette si è persa questa antica tradizione.
La pipa che viene dal mare
Ma molte pipe sono state restituite dal mare e si possono trovare spiaggiate dopo le mareggiate o sono state pescate in laguna nelle valli da pesca dai pescatori, o sono emerse dagli scavi archeologici nei lazzaretti (si pensava che il fumo fosse terapeutico). In grandi quantità, probabilmente scarti di una fornace, sono state ritrovate durante gli scavi negli argini e nelle strade, durante la posa della nuova rete fognaria e anche durante lo scavo delle piscine per i Giochi Senza Frontiere del 1979.
Un artista recupera l’arte
Quest’arte dimenticata sta riconquistando la sua fama dal 1968 grazie all’artista poliedrico, disegnatore, pittore, intagliatore, incisore, scultore Giorgio Boscolo, in arte El Femek, che ha riscoperto l’arte della ceramica e ha recuperato l’arte della fabbricazione delle pipe in terracotta. Da molti anni si dedica alla conservazione di questo patrimonio culturale, scava, ricerca e cataloga i modelli di pipe antiche per poterli riprodurre. Nella sua bottega in centro a Chioggia (El Penelo) racconta volentieri la lavorazione della pipa chioggiotta, che nasce da uno stampo incernierato di piombo in tavolette di legno in cui vengono inseriti dei perni per i fori e poi viene ritoccata a mano per eliminare le sbavature.
Perché non un museo della pipa?
Sono pipe a tutti gli effetti pronte per fumare, ma anche oggetti d’arte e come ha confessato lui stesso divertito alcune signore le acquistano a mazzi per sistemarle in vaso come bouquet di fiori colorati.
Nell’attesa che si apra una sezione dedicata alla pipa chioggiotta nel museo civico della Laguna sud facciamo conoscere quest’arte perché un pezzo di storia di Chioggia non vada perduta.