Dice, attenzione, fumare fa male in ogni caso, ma se proprio volete fare uno strappo alla regola e siete nell’ambiente giusto dedicatevi almeno al sigaro. Sono più eleganti delle sigarette, vanno fumati lentamente, con rispetto e vi aiutano a combattere lo stress. Quando poi ve ne sarete stancati e avrete deciso di spegnerli, quello che rimane non c’è bisogno nemmeno di buttarlo nella spazzatura : potete metterlo da parte per la pipa. Insomma, niente cicche, niente filtri, niente carta, niente additivi. Soltanto tabacco di qualità che garantisce grandi sensazioni. E la consapevolezza d’essere entrati a far parte di una grande, illustre, famiglia.
I sigari che hanno fatto la storia
Vi sta bene Garibaldi durante la battaglia di Calatafimi con il suo Toscano stretto tra i denti? Sia chiaro che lo fumava rigorosamente alla sudamericana, “ammezzato” come si diceva e non tutto intero come si usava in Maremma, ma non se ne separava mai.
E perché non Che Guevara?
Se poi ne fate una questione di calibro e di peso, il vostro riferimento è il più recente Che Guevara, affezionato ai suoi Montecristo numero 4. Se invece sognate molto, il riferimento a Freud ed alla sua razione quotidiana di 20 Trabucco, i piccoli sigari austriaci molto graditi anche dalle signore, dovrebbe farvi piacere. Insomma, ce n’è veramente per tutti i gusti e soprattutto per tutte le tasche: dalle 1,22 euro per un Toscano Classico, tabacco kentucky, alle 44,90 per un Cohiba Piramides extra tubos cubano. Ma attenzione, scegliere un sigaro richiede impegno : non se ne può fumare uno a caso.
Sigaro giusto al momento giusto
Il sigaro giusto, quello che fa per te, poi, lo devi scoprire da solo e sarà una ricerca affascinante: non proprio una caccia al tesoro, ma per un intenditore quasi. Intanto, è sottinteso, dovrà essere fatto a mano, le foglie di tabacco arrotolate e pressate una dietro l’altra dalle intramontabili sigaraie, grande e lungo quanto basta per la pausa o la concentrazione che ti serve. Poi, una volta trovato, andrà conservato con grande cura in un ambiente adatto, dei contenitori con un’umidità variabile tra il 68 ed il 74 per cento. Perché se il sigaro si secca troppo i giusti aromi del tabacco svaniscono, se invece è troppo umido rischia di marcire o non tira più bene. Un’altra operazione delicata è il taglio iniziale, necessario per far aderire la testa del sigaro alle nostre labbra e aspirarne bene il fumo. Se non siete esperti lasciate stare le forbici e procuratevi una piccola “ghigliottina”, costa poco ed è precisa.
Quante quantità di sigaro!
Sui nomi dei sigari, comunque, non c’è che l’imbarazzo della scelta e anche se l’esterofilia in questo campo ha buon gioco, con Cuba, Repubblica Dominicana, Nicaragua, Santo Domingo in testa, noi non siamo da meno con i nostri intramontabili Toscani, i sigari più venduti in Europa. Che esistono in svariate tipologie, anche in formato “magnum” come la “Spingarda d’Anghiari Tornabuoni “. Se lo trovate e ve lo mettete in bocca, garantito che vi durerà almeno un’ora. Ma in questo campo i nomi famosi si sprecano e sono tutti fascinosi: Montecristo, Davidoff Nicaragua, Cohiba Behike 54, Patron 1964, Bolivar, Figurados con la testa a piramide, Balmoral, Ritmeester e Liliputanos olandesi, gli intramontabili Pifferi del Brenta dei nostri montanari, morbidi e rotondi a base di trinciato, tanto per citarne alcuni.
Il sigaro di Churchill
Ma se proprio volete andare sul sicuro e fare una bella figura coi vostri ospiti, procuratevi i Romeo Y Julieta Churchill, i sigari cubani prediletti dallo statista inglese, vincitore della Seconda Guerra mondiale. Manco a dirlo, sono rigorosamente fatti a mano, hanno una circonferenza calibro 47, una lunghezza di 178 millimetri e costano 12 euro e venti centesimi l’uno. Se sapete fumare come si deve durano anche un’ora e mezza. E se li accompagnerete con una coppa di champagne come faceva Churchill ( che ne beveva almeno due bottiglie al giorno ) scoprirete che le idee mano a mano diventeranno più nitide. Lui ne fumava venti al giorno, spesso mentre, nudo nella vasca da bagno, riceveva i suoi generali. E siccome era un tipo estroso, ma previdente, ne aveva sempre una scorta in casa di 3/4mila pezzi per ogni eventualità.
Da Fidel a Peter Falk
In ogni caso un sigaro riflette sempre la personalità di chi lo fuma. Così, passi per Fidel Castro che giocava in casa, faremmo fatica ad immaginare lo strepitoso Arnold Schwarzenegger, il terminator, senza un grosso cubano tra le labbra. Peter Falk, invece, l’intramontabile tenente Colombo dall’aria sempre stropicciata ci teneva ad apparire il più normale possibile. E infatti tra le mani stringeva sempre dei sigaretti verdognoli, gli “American market selection” a forma di candela, diffusissimi negli Usa negli anni ’60.
Il sigaro del grande Clint
Un caso a parte è quello del fascinoso Clint Eastwood, insuperabile pistolero protagonista dei Western di Sergio Leone. Poteva un tipo simile, sempre a cavallo, dall’aria sempre corrucciata, fumare un sigaro qualunque? Di sicuro no. Per lui ci voleva qualcosa di grande personalità, forte e decisa come le parti che interpretava. Gli stava insomma a pennello un Toscano, da fumare “ammezzato” come faceva Garibaldi. E così fu. Pare che si sia trattato di un amore a prima vista, nato durante la lavorazione del fortunatissimo “Per un pugno di dollari” e che, da allora, lui e quel sigaretto dalle sensazioni robuste non si siano lasciati più.
Hugo Pratt
Contrariamente a quanto si crede, fumare il sigaro non è comunque mai stata un’ esclusiva solo degli uomini. Nei fumetti di Hugo Pratt, per esempio, incontriamo spesso sacerdotesse Vudù dall’età indefinibile avvolte in una nuvola di fumo oltreché di mistero. E lasciando perdere l’Egitto di Cleopatra e Nefertiti o i favolosi arem dei sultani (che ci porterebbero troppo lontano) è facile rendersi conto che sfoggiare in pubblico un sigaro per una donna è stato spesso segno di trasgressione voluta. Di parità raggiunta malgrado tutto.
Il sigaro per le donne
George Sand, l’irrequieta scrittrice francese, musa di Chopin, faceva strage di cuori ma voleva a tutti i costi stupire: si vestiva e atteggiava volutamente da uomo con tanto di pantaloni e cravatte. Sul sigaro poi aveva idee precise, secondo lei era “l’accessorio perfetto di uno stile di vita elegante”. E infatti si mostrava sempre in pubblico con dei sigari lunghi e sottili che fumava con ostentazione. Lo faceva anche durante la sua fuga d’amore a Venezia con il poeta francese Alfred De Musset. Era il 1834, lei aveva 30 anni, ma con le sue stravaganze aveva già scandalizzato mezza Europa. E quella volta non fu da meno.
Le bastò uno sguardo, infatti, per innamorarsi di un medico ventisettenne che aveva conosciuto in una stanza dell’hotel Danieli. Si chiamava Pietro Pagello e pare che non avesse poi niente di speciale. Ma la Sand ne fu folgorata, tanto da dimenticare di colpo il povero De Musset, abbandonato come una scarpa vecchia. Volete sapere, invece, che effetto aveva fatto lei a Pagello al loro primo incontro? Una volta tanto siamo fortunati e possiamo attingere direttamente al suo diario. ”Portava con grazia una cravatta sul collo niveo e, con disinvoltura militare, fumava un sigaro, discutendo con un giovane biondo seduto al suo fianco”. Che poi era l’ancora ignaro, ma predestinato De Musset.
Persino la principessa Sissi
Donne fatali a parte e sciantose del varietà, nell’Ottocento si fumava comunque anche nei salotti dell’alta borghesia e dell’aristocrazia. Maria Sofia Amalia di Wittelsbach, moglie di Francesco II e ultima regina del regno di Napoli, per esempio, non si preoccupava della malcelata riprovazione delle sue anziane dame di compagnia. Sorella di Elisabetta di Baviera, la celebre Sissi diventata imperatrice d’Austria, aveva imparato a fumare a casa sua e lo faceva regolarmente anche a Napoli. Bellissima, alta, slanciata, occhi di un azzurro cupo capaci di catturare gli uomini al primo sguardo, lunghissimi capelli castani, era andata sposa ad appena diciotto anni. A venti, sui bastioni di Gaeta assediata dall’esercito piemontese, incitava i suoi soldati a resistere e soccorreva i feriti fino a diventare una figura leggendaria.
Rispettata da tutti e celebrata da un poeta, Marcel Proust, che non si lasciava emozionare facilmente (” la giovane e fiera regina-soldato” ), l’intrepida Maria Sofia era adorata dai napoletani e temuta da Cavour. Brillava insomma di luce propria e rimarrà per sempre un punto di riferimento fondamentale degli irredentisti meridionali. Morì a Monaco di Baviera nel 1925. Aveva 84 anni e se con il tempo aveva dovuto rinunciare alle sue amate cavalcate e ai tuffi in mare a cui si era abituata a Napoli, dicono che non smise mai di fumare. Si trattava di sigari lunghi e sottili. Lei ne aspirava la fragranza con naturalezza regale.