Proprio oggi, quando si parla di crisi ambientale come concausa dell’origine del virus aggressivo, arriva una notizia confortante: nella campagna attorno al Museo archeologico di Altino (terraferma veneziana) due giovani imprenditori agricoli hanno ricevuto in concessione 10 mila metri quadrati di terreno agrario dove vogliono ri-creare un ambiente rurale omogeneo, seminando fra l’altro un tipo di grano che già si coltivava al tempo in cui Virgilio scriveva le sue Georgiche. Ma è la cura del paesaggio storico che i due “ragazzi” Damiano e Mirko Visentin intendono far rivivere, incluse le piante autoctone e le siepi. Ah le siepi ronzanti come alveari che affascinavano chi scrive queste note, laggiù nella provincia estremo-veneta fatta di terreno agrofluviale tra Adige e Po, con i campi rigati dai solchi scuri della terra rivoltata dal vomere, con la rete di canali e di canalette d’acqua fresca e chiara, con i filari di gelsi o di morari… Nostalgie.
Oggi i progetti dei due entusiasti titolari di un’azienda agricola che si chiama “Anticamente”, si fondono con la memoria storico-archeologica del Museo altinate e daranno ossigeno alla rinascita del campo “Rivalto” e dell’intera campagna, un habitat nel quale i frammenti sepolti della città ché fu Altinum fraternizzano con le zolle brune del presente e fanno parte della lotta “naturale” alla pandemia.
Due modi, due mondi
Dice il saggio Yoda: “Nel mio piccolo mondo la parola comunicativa gode di un’attenzione speciale, un rispetto che rasenta la religiosità. E per una buona ragione: qui le parole sono sacre perché contengono l’anima delle cose e il pensiero delle creature. I silenzi fra le frasi, poi, consentono ai parlanti di misure o pesare le parole: la nostra lentezza nell’esprimerci ha buone ragioni. Nel vostro grande mondo, invece, le parole sono spesso effimere e dunque volatili, veloci e sfuggenti. Un grave consumo del patrimonio di senso, uno spreco della vostra civiltà. Ma per fortuna si nota anche la presenza di cultori della parola precisa, pesante di significato, densa e profumata di storia e di sentimento. Con le parole si costruisce un mondo, anche da voi: sono i mattoni, diciamo così, di una costruzione che chiamate poesia”.
Postilla mia: ho letto questo titolo in un grande quotidiano: “Anche le parole sanguinano”. Terribile nella stringatezza, da scrivere con vernice rossa sui muri.
Fuochi di S. Antonio
(poesia)
Fiamme nella sera del mio nome
sento ardere in riva
a un mare oscuro –
e lungo i porti divampare roghi
di vecchie cose,
d’alghe e di barche
naufragate.
E in me nulla che possa
esser arso
ma ogni ora di mia vita
ancora – con il suo peso indistruttibile
presente –
nel cuore spento della notte
mi segue.
17 gennaio 1933
Antonia Pozzi
Complimenti! Concetti molto profondi